Non solo Navalny: viaggio nel grande Gulag di "Zar Vladimir" Putin
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Non solo Navalny: viaggio nel grande Gulag di "Zar Vladimir" Putin

Cosa sia la Russia del presidente-padrone in quanto a libertà represse, lo documenta molto bene Amnesty International nel Rapporto 2019-2020 sullo stato dei diritti umani nel mondo.

La repressione in Russia degli oppositori di Putin
La repressione in Russia degli oppositori di Putin
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Aprile 2021 - 16.34


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Un team di medici, tra cui quello personale di Alexey Navalny, si è visto negare l’accesso, ieri, alla nuova colonia penale dove è in cura presso un ospedale della prigione. 
 Il servizio carcerario russo, che ha ripetutamente impedito ai medici di Navalny di visitarlo, lunedì lo ha spostato dalla sua colonia penale nella regione di Vladimir, circa 100 chilometri a est di Mosca, a una struttura medica in un’altra colonia nella stessa regione (la IK-3). Un team di medici, tra cui il suo medico personale Anastasia Vasilyeva, ha fatto diversi tentativi per vederlo, ma è stato respinto ogni volta.  Solo uno dei suoi legali è riuscito a incontrarlo per pochi minuti, prima che finisse l’orario lavorativo della colonia penale. “E’ in cattive condizioni”, ha detto il legale stando a quanto ha detto Leonid Volkov, braccio destro di Navalny in esilio in Lettonia. Lo riportano i media russi

Dallo staff di Navalny comunicano che “il trasferimento alla colonia penale IK-3 è un trasferimento alla stessa colonia di tortura, solo con un grande ospedale, dove vengono trasferiti i malati gravi. E questo va inteso come il fatto che le condizioni di Navalny sono peggiorate così tanto che persino la colonia della tortura lo ammette”, ha scritto su Twitter Ivan Zhdanov, direttore del Fondo Anticorruzione. “È abbastanza chiaro che ora ci viene data una sorta di ‘buona notizia’ sulle condizioni di Alexei prima della protesta. Non fatevi ingannare, possiamo ottenere le vere informazioni solo dagli avvocati”.

Gli oppositori di Putin, che hanno convocato nuove manifestazioni per mercoledì fortemente osteggiate dalla polizia russa, sostengono che un ex dipendente del Fondo Anticorruzione abbia ottenuto per conto dell’intelligence russa gli indirizzi email delle persone che si sono registrate sul sito Svobodu Navalnomu(“Libertà per Navalny”) per partecipare alla protesta in difesa del dissidente: “Tecnicamente, come sempre, il 99% degli attacchi degli hacker avviene attraverso un insider, attraverso una talpa. Abbiamo un ex dipendente che ha avuto accesso ed è stato in grado di scaricare i registri del server di posta”, ha dichiarato il capo della rete degli uffici di Navalny, Leonid Volkov, ricordando che il team di Navalny ha sempre capito che ci fosse una “caccia” dell’Fsb ai dipendenti del Fondo che “vengono intimiditi e corrotti”. Nel caso del sito “Libertà per Navalny”, al dipendente “sono stati negati tutti gli accessi ma non è stato tenuto conto che aveva ancora accesso ai registri dei server di posta”, ha affermato Volkov aggiungendo che “non se n’è andato via nient’altro, nessun dato personale, nessun nome, nessun indirizzo. Solo l’elenco degli indirizzi email”.

Viaggio nel Gulag chiamato Russia

Cosa sia la Russia del presidente-padrone Vlaidimir Putin quanto a libertà represse, lo documenta molto bene Amnesty International nel Rapporto 2019-2020 sullo stato dei diritti umani nel mondo.

“La situazione dei diritti umani della Russia ha continuato a deteriorarsi e i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica sono stati considerevolmente ridotti, nella legge e nella prassi. Coloro che tentavano di esercitare questi diritti hanno dovuto affrontare ritorsioni, comprendenti tra l’altro vessazioni e maltrattamenti da parte della polizia, arresti arbitrari, imposizione di pesanti ammende e in alcuni casi procedimenti penali e carcerazioni.

Difensori dei diritti umani e Ngo sono finiti nel mirino delle autorità tramite l’applicazione di leggi sugli “agenti stranieri” e sulle “organizzazioni indesiderate”.

Centinaia di testimoni di Geova sono stati perseguitati per la loro fede. Anche altre minoranze vulnerabili hanno affrontato forme di discriminazione e persecuzione.

Le autorità hanno fatto ampio ricorso a disposizioni antiterrorismo per colpire i dissidenti in varie parti del paese e in Crimea.

La tortura è rimasta pervasiva, così come l’impunità per i perpetratori.

La violenza contro le donne era ancora diffusa e non adeguatamente contrastata. Una bozza di legge sulla violenza domestica in discussione al parlamento ha suscitato una dura opposizione da parte dei gruppi conservatori e non sono mancate minacce contro i suoi promotori.

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La Russia ha respinto con la forza rifugiati verso destinazioni in cui erano a rischio di tortura.

Contesto

L’anno, culminato con il 20° anniversario di Vladimir Putin alla guida della Russia, è stato segnato dal ribollire di tensioni politiche e dal malcontento sociale, alimentato dal peggioramento generale degli standard di vita e da una crescente sfiducia popolare nel partito di governo Russia unita.

Corruzione endemica, preoccupazioni ambientali, una pianificazione urbanistica sconsiderata e che aumentava il degrado, oltre al peggioramento della situazione dei diritti umani hanno scatenato un’ondata di proteste locali in tutto il paese.

A Mosca, dove da anni non si vedevano proteste di tale portata, queste hanno preso il via dopo che le autorità si erano rifiutate di registrare i candidati dell’opposizione in vista delle elezioni della Duma (parlamento) della città di Mosca.

A cinque anni dalla sospensione dei diritti di voto in seguito all’annessione della Crimea, la Russia è stata reintegrata nell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa grazie a un compromesso diplomatico.

Se da un lato questa mossa è stata vista da parte della comunità dei diritti umani russa come un tradimento dei valori fondanti del Consiglio d’Europa, è stata invece accolta con favore da chi la riteneva un’occasione per trattenere la Russia entro l’orbita europea e salvaguardare l’accesso dei cittadini russi alla Corte europea dei diritti umani (European Court of Human Rights – Echr). La Russia ha perseguito una politica per integrare ulteriormente la Crimea occupata, mentre la sua attuale presenza militare, manifesta o segreta, in Georgia, Siria, Ucraina, e non solo, ha continuato ad alimentare violazioni dei diritti umani.

Libertà di riunione

Il crescente scollamento tra autorità e opinione pubblica in generale ha spinto un numero crescente di persone a scendere per le strade a protestare, non solo per questioni politiche ma anche sempre più spesso per questioni legate all’economia locale, a tematiche sociali o ambientali, come lo smaltimento dei rifiuti, o per altre richieste politiche in senso più ampio.

Le autorità hanno spesso risposto rifiutando il rilascio dell’autorizzazione necessaria per i raduni pubblici (essendo l’esplicito permesso delle autorità un prerequisito legale ancora essenziale), interrompendo bruscamente raduni pacifici e avviando nei confronti di organizzatori e partecipanti procedimenti amministrativi e penali.

Per contro, questo trattamento riservato ai manifestanti ha finito per suscitare sentimenti di pubblica solidarietà senza precedenti.

Tra luglio e agosto, più di 2.600 persone sono state arrestate nel contesto delle proteste tenutesi a Mosca, che si sono svolte in maniera pacifica fino a quando poliziotti e agenti della guardia nazionale non sono intervenuti con la forza.

A fronte delle numerose segnalazioni di arresti arbitrari, uso eccessivo e indiscriminato della forza e maltrattamento da parte degli agenti, non sono note indagini contro i responsabili. 

Nel reprimere la protesta, le autorità sono tornate ad applicare l’art. 212.1 del codice penale, riguardante la “ripetuta violazione delle norme che regolamentano lo svolgimento dei raduni pubblici”. 

Difensori dei diritti umani e libertà d’associazione

È prevalso un clima d’impunità per gli episodi di violenza contro difensori dei diritti umani verificatisi in passato.

Le autorità hanno regolarmente utilizzato leggi repressive sugli “agenti stranieri” e sulle “organizzazioni indesiderate” contro Ngo di difesa dei diritti umani, altre associazioni e i loro membri, oltre ad avviare azioni penali e campagne diffamatorie attraverso gli organi d’informazione controllati dal governo.

A 10 anni dal suo rapimento e omicidio, i sospetti assassini di Natalia Estemirova, una nota collaboratrice dell’’Ngo Memorial, di Grozny, non erano stati ancora assicurati alla giustizia.

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L’autorità giudiziaria ha aperto ben cinque fascicoli penali sulla base di accuse infondate contro la presidente di Ecodefence, Aleksandra Koroleva, costringendola a lasciare il paese in cerca di protezione internazionale. Ad agosto, il comitato investigativo ha avviato un’indagine penale nei confronti della Fondazione anticorruzione di Aleksey Navalny (Fbk) per presunto riciclaggio di denaro. L’indagine è stata usata come pretesto per effettuare una serie di perquisizioni in varie parti del paese nelle abitazioni dei suoi sostenitori e altri attivisti d’opposizione e i conti bancari personali dei dipendenti di Fbk e di vari attivisti sono stati congelati. A ottobre, le autorità hanno registrato Fbk come “agente straniero”. Fino ad allora Fbk era stata uno dei progetti di crowdfunding di maggior successo in Russia9. Altre quattro organizzazioni straniere, tra cui l’Ngo con sede a Praga People in Need, sono state dichiarate “indesiderate”, portando il numero delle Ngo così definite dalle autorità a 19; queste, così come eventuali altre associazioni a loro collegate, sono state tutte dichiarate illegali in Russia. Diverse Ngo russe sono state pesantemente penalizzate per accuse pretestuose di legami con “organizzazioni indesiderate”.

Libertà d’espressione

Il diritto alla libertà d’espressione è stato ulteriormente limitato nella legge e nella prassi, anche attraverso ulteriori restrizioni all’utilizzo di Internet e nuove ritorsioni contro il dissenso online. La legislazione che regolamenta l’espressione è stata applicata con sempre maggiore disparità nei confronti degli organi d’informazione controllati dallo stato e dalle autorità, rispetto a chi esprimeva opinioni critiche o dissenzienti.

Mentre il reato di “incitamento all’odio e all’inimicizia” (art. 282 del codice penale) è stato parzialmente depenalizzato a gennaio, altre disposizioni contenute nel codice penale, compreso l’art. 280 (propagazione dell’”estremismo”) hanno continuato a essere utilizzate in maniera selettiva per colpire i dissidenti.

Ai sensi della nuova legislazione adottata a marzo, la “diffusione di notizie false” e gli “insulti” contro lo stato, i suoi simboli e le sue istituzioni attraverso Internet sono diventati reati punibili con pesanti ammende. Le nuove norme hanno subito determinato l’avvio di azioni penali e a dicembre erano almeno 20 gli individui multati come “trasgressori”, per lo più per avere criticato il presidente.

Per contro, la diffamazione di persone critiche nei confronti del governo e la diffusione di “notizie false” su di loro attraverso gli organi d’informazione controllati dallo stato erano la norma. Il presidente della Cecenia, Ramzan Kadyrov, ha pubblicamente e del tutto impunemente minacciato di “uccidere, mandare in galera e intimidire” i blogger che seminavano “discordia e pettegolezzi”.

A dicembre, il presidente Vladimir Putin ha firmato una nuova legge in base alla quale le persone accusate di avere divulgato informazioni prodotte da “agenti” o da organi di stampa stranieri e di aver ricevuto fondi dall’estero, avrebbero avuto l’obbligo di registrarsi e di essere regolamentate come “agenti stranieri”. Le sanzioni previste per i trasgressori comportavano il pagamento di ammende fino a cinque milioni di rubli (80.000 dollari Usa).

Libertà di religione e credo

In tutta la Russia, centinaia di testimoni di Geova sono incorsi in procedimenti a causa del loro credo religioso, dopo che l’organizzazione era stata dichiarata “estremista” e ufficialmente vietata nel 2017. A febbraio, la prima persona a essere detenuta in seguito al divieto, il cittadino danese Dennis Christensen, del gruppo locale dei testimoni di Geova di Orel, nella Russia centrale, è stato condannato a sei anni di carcere per “avere organizzato attività di un’organizzazione estremista”.

Dopo che a maggio il suo appello era stato respinto, è stato mandato a scontare la pena di carcere a 200 chilometri di distanza, nella regione di Kursk. Almeno altri 17 testimoni di Geova sono stati processati durante l’anno, sette di loro sono stati condannati a pene detentive, mentre molti altri hanno subìto vessazioni, come perquisizioni intrusive nelle loro case. Alcuni hanno anche asserito di essere stati torturati e altrimenti maltrattati durante gli interrogatori.

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Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate

La discriminazione e la vessazione nei confronti delle persone Lgbti è rimasta un fenomeno pervasivo, con l’omofoba “legge sulla propaganda gay” che è stata ripetutamente utilizzata dalle autorità per reprimere la loro libera espressione. Le minacce contro gli attivisti Lgbti erano molto frequenti, mentre i perpetratori godevano dell’impunità. Le crescenti prove emerse riguardanti casi di rapimenti, tortura e uccisione di uomini gay da parte delle autorità cecene, avvenuti nell’arco degli anni precedenti, sono state costantemente ignorate dalle autorità federali.

A maggio, Maxim Lapunov, un sopravvissuto che non era riuscito in alcun modo a ottenere giustizia in Russia, ha presentato una denuncia presso l’Echr, che l’ha accolta a novembre e chiesto formalmente alla Russia di fornire una risposta entro quattro mesi. A novembre, l’attivista Lgbti Yulia Tsvetkova, di Komsomolsk sull’Amur, nell’estremo est della Russia, è stata incriminata per “produzione e distribuzione di materiale pornografico” e posta agli arresti domiciliari per avere pubblicato online disegni dei suoi genitali per promuovere la “body-positive”. Tale imputazione comporta sanzioni fino a sei anni di carcere.

Controterrorismo

La legislazione antiterrorismo è stata ampiamente utilizzata per avviare procedimenti politicamente motivati. A marzo e maggio, sono iniziate a San Pietroburgo e Penza le udienze del processo a carico di sette uomini accusati di essere coordinatori o membri di un’organizzazione “terroristica” denominata Set’ (Rete).

A dicembre, la procura di Penza ha proposto pene variabili dai sei ai 18 anni di carcere.

Durante il processo le accuse credibili di tortura avanzate da diversi imputati, tra cui Viktor Filinkov e Dmitry Pchelintsev, sono state del tutto ignorate e il caso giudiziario, che prendeva di mira prevalentemente oppositori e attivisti politici e si basava su “confessioni” estorte, ha fatto sorgere il dubbio che le accuse a loro carico fossero inventate. In Crimea, le accuse di appartenenza all’organizzazione sono state ampiamente utilizzate dalle autorità de facto come pretesto per ritorsioni politicamente motivate contro la minoranza etnica dei tartari della Crimea. In maniera del tutto simile, durante l’anno in Russia sono state emesse pesanti condanne contro almeno altri 15 presunti membri di Hizb ut-Tahrir.

Tortura e altri maltrattamenti

Tortura e altri maltrattamenti nei luoghi di detenzione sono rimasti un fenomeno pervasivo ed è prevalso un clima di impunità pressoché assoluta per i perpetratori. Sono stati segnalati innumerevoli casi di tortura in tutta la Russia. A dicembre, la fondazione no profit Nuzhna Pomosch è riuscita a ottenere i dati ufficiali diffusi dal comitato investigativo riguardanti la tortura nei luoghi di detenzione. Secondo il comitato, dal 2015 al 2018 erano state registrate dalle 1.590 alle 1.881 denunce all’anno per “abuso d’autorità” da parte di agenti penitenziari. Di queste, soltanto una percentuale dall’1,7 al 3,2 per cento era stata oggetto d’indagine.

Violenza contro donne e ragazze

Diversi casi di alto profilo hanno rappresentato in maniera emblematica il fenomeno della violenza contro le donne, in special modo la violenza domestica.

Per tutta l’estate, a Mosca e in altre località, sono stati organizzati picchetti e flash mob a sostegno delle sorelle Khachaturyan, Angelina, Krestina e Maria. Arrestate a luglio 2018, le tre sorelle che all’epoca avevano 17, 18 e 19 anni, avevano ammesso di avere ucciso il padre dopo anni di sistematici abusi fisici, sessuali e psicologici.

Per gli attivisti, il loro caso era il simbolo delle innumerevoli altre sopravvissute ad abusi e della fallimentare risposta dello stato: mancanza di protezione e dure sanzioni per azioni dettate dalla disperazione.

Rifugiati e migranti

La Russia ha continuato a respingere persone che necessitavano di protezione internazionale verso destinazioni dove avrebbero rischiato di essere sottoposte a tortura e altre violazioni dei diritti umani, anche attraverso prassi equiparabili a rendition segrete.

 

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