Mandati allo sbaraglio. Da chi ha organizzato quella missione: l’Onu. Globalist lo ha scritto ieri, ed oggi si è avuta una (semi) conferma ufficiale da parte del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.
Dolore e rabbia
“È stato straziante accogliere, a fianco del presidente Draghi e dei familiari, le salme dei nostri due connazionali, vittime del vile agguato che ha stroncato le loro giovani vite e sconvolto quelle dei loro cari”: così il titolare della Farnesina riferendo alla Camera sull’agguato costato la vita all’ambasciatore Luca Attanasio e al carabiniere Vittorio Iacovacci.
Dolore condiviso e tributo dovuto a due belle persone cadute sul campo. Ma il passaggio-chiave viene adesso: “L’ambasciatore e il carabiniere si sono affidati al protocollo delle Nazioni Unite, che li ha presi in carico fin da Kinshasa, su un aereo della missione Onu per il viaggio fino a Goma”, ha dichiarato il ministro degli Esteri. “La missione – ha aggiunto – si è svolta su invito delle Nazioni Unite, quindi, anche il percorso in auto si è svolto nel quadro organizzativo predisposto dal programma alimentare mondiale”. “Quanto è successo ha evidenziato ancora una volta il tema della sicurezza di alcuni Paesi in cui operano i nostri diplomatici e militari. La Farnesina, a livello interno, nell’ambito delle costanti attività di prevenzione e mitigazione del rischio per il personale diplomatico-consolare all’estero, classifica la Repubblica Democratica del Congo in terza fascia di rischio (su 4).
E in una zona a rischio 3 (su una scala a 4) non si organizza una missione senza blindati e una scorta adeguata.
“A differenza di quanto riportato da alcuni organi di stampa, vorrei chiarire che la sicurezza dell’Ambasciata a Kinshasa è assicurata da due Carabinieri in missione quadriennale – spiega Di Maio –, ai quali si aggiungono due carabinieri in missione di tutela che si alternano regolarmente per periodi di 180 giorni. Il Carabiniere Vittorio Iacovacci rientrava in questa seconda tipologia e per questo aveva accompagnato l’Ambasciatore nella missione Onu a Goma e aveva con sé la pistola di ordinanza”. “L’Ambasciata a Kinshasa è dotata di due vetture blindate, con le quali appunto l’Ambasciatore si spostava in città e per missioni nel Paese, sempre accompagnato da almeno un carabiniere a tutela”, ha sottolineato Di Maio. “Vorrei anche chiarire che Kinshasa e Goma sono distanti circa 2.500 km. L’Ambasciatore e il Carabiniere si sono quindi affidati al Protocollo delle Nazioni Unite, che li ha presi in carico fin da Kinshasa, su un aereo della missione Onu Monusco, per il viaggio fino a Goma” spiega, aggiungendo che “in qualità di Capo Missione, l’Ambasciatore Luca Attanasio aveva piena facoltà di decidere come e dove muoversi all’interno del Paese. “La missione si è svolta su invito delle Nazioni Unite. Quindi, anche il percorso in auto si è svolto nel quadro organizzativo predisposto dal Programma Alimentare Mondiale. Per questo ho immediatamente chiesto al Pam a Roma e alle Nazioni Unite, interessando direttamente il Segretario Generale Guterres, di fornire un rapporto dettagliato sull’attacco al convoglio del Programma Alimentare Mondiale. Il Vice Segretario Generale per le Operazioni di pace delle Nazioni Unite, Jean-Pierre Lacroix, ha annunciato lo stesso lunedì l’avvio di un’indagine da parte di Monusco, la missione Onu in Repubblica Democratica del Congo”, ha concluso Di Maio. “Sulla dinamica dell’agguato” che ha portato alla mrote dell’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, “sono in corso accertamenti anche da parte della Procura della Repubblica di Roma”. “Una squadra dei nostri carabinieri del Ros, su delega della Procura, si è già recata a Goma per una prima missione investigativa. Mi risulta che ne seguiranno altre”, annuncia Di Maio.
Il titolare della Farnesina ha quindi spiegato che “ai nostri caduti dobbiamo prima di tutto la verità. Ma il miglior modo di onorare la loro memoria è anche continuare a rafforzare la nostra attenzione politica nei confronti del continente africano, nella quale Luca credeva fortemente, con passione e dedizione. All’Africa aveva dedicato gran parte della sua carriera diplomatica, e anche il suo personale impegno a sostegno dei più deboli, con le attività di volontariato promosse attraverso l’Ong Mama Sofia fondata proprio a Kinshasa dalla moglie Zakia”.
L’agguato
“Il convoglio – prosegue nella ricostruzione il ministro degli Esteri – – è stato attaccato alle 10.15 all’altezza del villaggio di Kanya Mahoro, nei pressi di una località chiamata ‘Tre Antenne’. Il gruppo, formato da 6 elementi, avrebbe costretto i mezzi a fermarsi ponendo ostacoli sulla strada e sparando alcuni colpi di armi leggere in aria. Tale ipotesi potrebbe essere avvalorata anche dal contenuto di un video nel quale si intravedono le fasi iniziali dell’evento con gli spari degli aggressori e la gente che getta a terra moto e biciclette con tutto il carico per allontanarsi”. “Il Governatore del Nord-Kivu – aggiunge – ha confermato che i sei assalitori, dopo aver sparato colpi in aria e bloccato il convoglio, hanno ordinato ai passeggeri di scendere dai veicoli. Il rumore degli spari ha allertato i soldati delle Forze Armate congolesi e i ranger del parco Virunga che, trovandosi a meno di un chilometro di distanza, si sono diretti verso il luogo dell’evento. Il Governatore ha aggiunto che per costringere le loro vittime a lasciare la strada ed entrare nella boscaglia, gli assalitori hanno ucciso l’autista del Pam”. “Il governatore del Nord-Kivu ha confermato che i sei assalitori, dopo aver sparato colpi in aria e bloccato il convoglio, hanno ordinato ai passeggeri di scendere dai veicoli. Il rumore degli spari ha allertato i soldati delle Forze Armate congolesi e i ranger del parco Virunga che, trovandosi a meno di un chilometro di distanza, si sono diretti verso il luogo dell’evento. Il Governatore ha aggiunto che per costringere le loro vittime a lasciare la strada ed entrare nella boscaglia, gli assalitori hanno ucciso l’autista del Pam, verosimilmente presso Kibumba, a circa 25 km da Goma. In base alle prime ricostruzioni del Pam, gli assalitori avrebbero poi condotto il resto dei membri nella foresta. Poco distante dal luogo dell’evento – ha aggiunto il ministro – era appunto presente una pattuglia di Ranger dell’Istituto Congolese per la Conservazione della Natura, di stanza presso il vicino parco di Virunga e un’unità dell’Esercito, che avrebbero cercato di recuperare i membri del convoglio”.
Solidarietà internazionale
“Il barbaro agguato contro i nostri connazionali ha generato nei partner internazionali solidarietà e profonda commozione – sottolinea il capo della diplomazia italiana – Non appena avuta la notizia dell’attacco, ho lasciato il Consiglio Affari Esteri per rientrare in Italia. A Bruxelles, ho raccolto l’unanime solidarietà dei miei colleghi europei e dell’Alto Rappresentante Borrell. Ho poi ricevuto una telefonata dal Segretario di Stato americano Blinken, il quale mi ha espresso le condoglianze dell’Amministrazione americana per la perdita di un Ambasciatore che – mi ha detto testualmente – ‘lavorava per la democrazia, i diritti umani e la pace’”,
L’esercito congolese
Le Forces Democratiques de Liberation du Rwanda, note come Fdlr, “smentiscono ogni coinvolgimento” nell’agguato nel quale è stato ucciso l’ambasciatore italiano Luca Attanasio: così all’agenzia Dire un portavoce del gruppo ribelle, Cure Ngoma, che ipotizza invece responsabilità di militari regolari. “Non abbiamo alcuna postazione nella zona” sottolinea il rappresentante dei ribelli, una formazione composta perlopiù d combattenti hutu con basi nella provincia del Nord Kivu, a ridosso del confine con il Ruanda. “Secondo le informazioni delle quali disponiamo – riferisce Ngoma – il convoglio dell’ambasciatore è stato attaccato in una zona detta delle ‘tre antenne’, lungo la frontiera con il Ruanda, non lontano da postazioni dell’esercito congolese, le Fardc, e di militari ruandesi, le Forces de Defense Rwandaises”. Il portavoce continua, rilanciando una versione diffusa anche
in una nota: “I responsabili di questo assassinio ignobile vanno cercati nei ranghi di questi due eserciti e dei loro sostenitori, che hanno stretto un’alleanza contro natura per continuare a saccheggiare l’est della Repubblica democratica del Congo”.
Di certo desta più di un interrogativo, l’excusatio non petita dell’esercito regolare congolese che, subito dopo l’attacco al convoglio del Pam e alla notizia dell’uccisione dei due italiani, ha sentito la necessità di affermare, con un portavoce, di essere all’oscuro della missione e distante dal luogo dell’agguato.
Gli scenari possibili
Molto interessante è la ricostruzione del contesto in cui è avvenuto l’attacco criminale, operata da Pietro Batacchi, direttore di RID (Rivista Italiana Difesa): “L’uccisione dell’Ambasciatore italiano Luca Attanasio, assieme al Carabiniere di sorta, Vittorio Iacovacci, e l’autista porta drammaticamente all’attenzione anche in Italia la situazione nella regione orientale del Congo RD. – annota Batacchi -. L’attacco, mentre l’ambasciatore viaggiava in un convoglio della missione Onu Monusco nel Paese, è avvenuto a Kanyamahoro, ad alcune decine di chilometri da Goma, capitale del Nord Kivu, al confine con il Ruanda. Si tratta di una delle aree più pericolose del pianeta dove operano milizie a base etno-tribale e criminale di ogni genere, e dove si sovrappongono interessi diversi, ma tutti riconducibili alla ricchezza di un sottosuolo che nasconde oro, coltan, pietre preziose, ecc. A ciò bisogna aggiungere i traffici ed i contrabbandi legati al parco nazionale del Virunga, famoso in tutto il mondo per la presenza dei gorilla di montagna, che si estende per quasi 8000 km² proprio in questa regione. Non a caso i Ranger del parco, un piccolo esercito di quasi 1.000 unità, sono spesso bersaglio di attacchi e agguati. Quest’area è stata teatro di uno dei più feroci, atroci e violenti conflitti dopo la Seconda Guerra Mondiale, un conflitto che ha coinvolto più stati africani – tanto da essere etichettato anche come guerra mondiale d’Africa – e che è stato originato dal genocidio in Ruanda della primavera del 1994 e dalla fuga in Congo RD dei miliziani e di tutto quel pezzo di stato ruandese hutu protagonista della mattanza ai danni dei Tutsi. Dopo di allora, il Fronte Patriottico Ruandese (tutsi), che pose fine al regime hutu e che dal 1994 detiene ininterrottamente il potere a Kigali con Paul Kagame – prima Vicepresidente e poi, dal 2000, Presidente – non ha mai rinunciato al disegno di controllare la regione nordorientale del Congo RD interferendo nelle sue vicende interne a più riprese. In pratica le grandi guerre provocate dal genocidio del 2004 non sono mai del tutto finite ed i loro effetti si fanno sentire in diverse forme ancora oggi. Ed ecco che nella regione operano oltre che milizie a base territoriale di ogni genere e risma (ma tutte accomunate dalla sistematica violazione di ogni genere di diritto umano e dall’uso come strumenti “operativi”di maceti, stupri, schiavizzazioni, sodomizzazioni di bambini e così via), gruppi di etnia tutsi, spalleggiati dal Ruanda e da Kagame, ma anche le famigerate FDLR (Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda) che raggruppano ciò che resta dei “genocidari” del ‘94. Le FDLR hanno perso molta della loro influenza negli ultimi tempi, ma mantengono una certa capacità operativa anche grazie al supporto del regime militare (hutu) di Évariste Ndayishimiye nel vicino Burundi (un altro modello in quanto a rispetto dei diritti umani…). Insomma, Hutu e Tutsi continuano ancora a combattersi. Ma un’altra realtà influente nella regione è rappresentata dalle ADF (Alleanza delle Forze Democratiche), un gruppo islamico in lotta contro l’Uganda del Presidentissimo Museveni che di recente ha intensificato i propri contatti con la galassia jihadista: una vicinanza che si è tradotta nel 2019 in un’affiliazione allo Stato Islamico di una parte dei suoi miliziani e nella nascita della Provincia dello Stato Islamico in Africa Centrale, SIAC. Quest’ultima organizzazione ha contatti pure con Ansar al-Sunna, protagonista e causa della recente stagione di instabilità nella provincia di Cabo Delgado, nel Nord Mozambico, uno dei fronti del Jihad in Africa attualmente più caldi (assieme a quello sahelita). Non è da escludere, dunque, che il Siac abbia deciso di alzare il tiro e colpire un bersaglio ad alto valore – come, appunto, un convoglio della Monusco – per accreditarsi ulteriormente sul piano internazionale. Ma nulla, a queste latitudini, può essere escluso a priori”.
Funerali di Stato
Le salme di, Luca Attanasio, e Vittorio Iacovaccisono state accolte a Ciampino dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Sull’aereo viaggiava anche la moglie del diplomatico insieme alle loro tre figliolette. Sono previsti per giovedì mattina a Roma i funerali di Stato. Le esequie si terranno nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Successivamente le salme saranno trasferite nei Comuni di residenza, Limbiate (Monza-Brianza) per Attanasio e Sonnino (Latina) per Iacovacci. Domani mattina intanto si dovrebbero svolgere al Policlinico ‘Gemelli’ le due autopsie, le prime perché nell’ex Congo belga è stato eseguito solo un esame necroscopico esterno. Il Presidente della Repubblica Mattarella – ribadisce un tweet del Quirinale – a causa di un disturbo vestibolare, è stato purtroppo costretto ad annullare la sua presenza all’Aeroporto militare di Ciampino.
Funerali di Stato. E’ dovuto. Ma lo è anche, e ancora di più, non accettare ricostruzioni che fanno acqua da tutte le parti, ma fare di tutto per accertare le responsabilità di chi avrebbe dovuto proteggere il nostro ambasciatore e non l’ha fatto.
Per Luca e Vittorio non risparmieremo alcuno sforzo, aveva twittato Di Maio prima della sua informativa in Parlamento. Lo aveva garantito anche per Giulio Regeni. Speriamo che non conceda il bis.