Tanti sono contenti. E noi con loro. Ma non si può non notare con sgomento che l’arrivo di Silvia Romano in Italia sia stato accolto dai soliti strepiti dei solidi odiatori seriali, soprattutto fascio-sovranisti e affini.
Leoni da tastiera, razzistico sessisti. Gli stessi – più o meno – che avevano insultato Silvia Romano (pur senza conoscerla) ‘colpevole’ di essersi fatta rapire, perché se fosse rimasta a casa sua non le sarebbe accaduto nulla. Perché se l’era andata a cercare. Perché, perché perché…
Dimenticando, come mi faceva osservare un persona cara e molto sensibile ai temi sociali che: “Le persone che come lei vanno in paesi stranieri a fare volontariato sono preziose, cambiano il mondo in meglio e in modo pacifico. E sopratutto fanno cadere i pregiudizi e le paure che impediscono progetti comuni”.
Ora l’odio, possibilmente, è decuplicato. Perché Silvia Romano è tornata a casa con il capo coperto e vestita con un abito tradizionale e ha detto di essersi convertita all’Islam durante la prigionia.
E perché, anche se ovviamente queste cose non si confermano mai, per la sua liberazione è stato pagato un riscatto e, comunque, lo Stato ha affrontato dei costi per salvarla.
Ai tanti che sparano sentenze senza sapere, senza riflettere, senza alcun tipo di empatia verso chi ha sofferto un’esperienza devastante, andrebbe consigliato di fare uno sforzo e di immedesimarsi in una ragazza molto giovane, rapita e tenuta per un anno e mezzo da sola in una situazione di grave deprivazione fisica, sociale e psicologica.
Colpevole solo di essere viva e di non essere stata uccisa.
Loro come avrebbero reagito? Magari qualcuno tra i più severi censori appartiene alla schiera di coloro che per un po’ di quarantena a casa, dormendo pur sempre nel proprio letto e spesso stando accanto ai suoi cari, dopo alcune settimane era già uscito di testa.
Ma è facile giudicare e puntare il dito verso gli altri. Gente che forse dopo due giorni nella foresta avrebbe perso la trebisonda e avrebbe rinnegato la madre pur di sottrarsi a quella sofferenza.
Loro che impazzirebbero senza internet, senza telefono, senza telecomando, senza sapere nulla di ciò che accade nel mondo, senza la voce di un genitore, di un parente, di un amico, di un ‘affetto’.
Cosa avrebbero fatto? Avrebbero pregato e sperato di essere liberati o avrebbero chiesto di poter vivere per sempre in quella drammatica condizione per non urtare la sensibilità e la bile degli odiatori dalla bava facile?
Come potete giudicare una ragazza?
Quanto al riscatto, poi, è dai tempi dei sequestri in Iraq che tutti i coraggiosi con le vite degli altri contestano che i nostri connazionali siano stati salvati.
Evasori fiscali seriali che si lamentano dello sperpero di denaro pubblico. Altri dicevano che così finanziavamo il terrorismo, magari dimenticando che il terrorismo doveva ringraziare moltissimo Bush e Blair e i loro epigoni che con le loro menzogne sulle inesistenti armi di distruzione di massa hanno prima rinforzato al-Qaeda e poi da una sua costola fatto nascere lo Stato Islamico.
Per me la vita viene prima di ogni altra cosa. E sono stato d’accordo allora come sono d’accordo adesso. Le vite salvate in quella stagione (mai potremo dimenticare il sacrificio di Nicola Calipari che ha donato la vita per aiutare il prossimo) sono state un momento di grande generosità e capacità della Repubblica, là dove dialogare, trattare, avere un tessuto di relazioni è molto più difficile che buttare bombe sui civili, sui matrimoni, sui funerali e sui palazzi, magari uccidendo 100 innocenti per poter colpire un terrorista.
Un riscatto è stato pagato per salvare Silvia Romano? Se sì hanno fatto bene.
Nel ringraziare, da cittadino della repubblica, chi l’ha riportata a casa dico bentornata Silvia Romano. Torna all’affetto della tua famiglia e lascia nel loro girone funereo i dannati che ti insultano e giudicano senza conosce, senza sapere. Senza capire.
Buona vita.