Dopo l'uccisione di Amri, in Italia il rischio terrorismo jihadista è moltiplicato
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Dopo l'uccisione di Amri, in Italia il rischio terrorismo jihadista è moltiplicato

La propaganda dello Stato Islamico martella da anni sul nostro paese: ora ha un pretesto in più

Una recente immagine del Colosseo in un video dell'Isis
Una recente immagine del Colosseo in un video dell'Isis
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Gianni Cipriani Modifica articolo

23 Dicembre 2016 - 16.59


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Spiace dirlo – e vorrei proprio sbagliarmi – ma con la morte di Anis Amri per mano della polizia italiana, seppure durante un controllo casuale, lo Stato Islamico avrà un pretesto in più per chiedere ai suoi simpatizzanti o “lupi solitari” in pectore di vendicarsi contro l’Italia e gli italiani.
Del resto da mesi e mesi la propaganda del Califfato insiste su Roma, papa Francesco, San Pietro, immagina il Colosseo occupato dai jihadisti, ha addirittura mutato il nome della sua rivista da Daqiq in Rumiyah, che signica “romana”. E già da qualche ora nei messaggi dei luoghi del web presidiati dall’Isis circola sinistramente il nome di Milano.
Il terrorismo di matrice jihadista è imprevedibile per definizione, anche se in molte analisi è ancora letto secondo i dettami del terrorismo “selettivo” fatto proprio a suo tempo dalle Brigate Rosse, dalla Raf, Action directe o Ira e Eta. Chi è a rischio, in questo contesto, non è tanto il “potente” che è più o meno protetto, ma il cittadino ignaro che prende la metro, il bus, il treno, sta al bar o al mercatino di Natale. Perché nella logica fatta propria dal Califfato il concetto è quello della vendetta generale. Basta essere sul suolo di un paese ostile per diventare un bersaglio.
Nell’ultimo numero di Rumiyah qualche indicazione maggiore ai “lupi solitari” veniva data: aggiratevi per le città armati di coltello e uccidete chiunque. Magari maggiore attenzione se vedete un ubriaco (che beve alcool) qualcuno con una divisa, una donna troppo discinta. Ma insomma, come insegnano tanti episodi e soprattutto Nizza e Berlino, la logica è uccidere chi ci si trova davanti. Senza fare troppi ragionamenti.
Proprio partendo da queste premesse, è difficile dare una lettura precisa del perché Amri fosse arrivato in piena notte a Sesto San Giovanni. Per cercare solo rifugio? Per unirsi ad altri complici e preparare altri attentati? Difficile dirlo. Ma certamente Sesto San Giovanni non era (come magari Milano centrale o Roma Termini) solo un luogo di transito ma una destinazione. Provvisoria o cosa si capirà forse solo in seguito.
Probabile però – proprio come dimostrato dalla diffusione del video-testamento di Amri attraverso i canali uffciali di Amaq – è che il tunisino avesse intenzione di colpire ancora e che il suo “non scegliere” volutamente la morte a Berlino era perché la via intrapresa era un’altra: continuare a compiere azioni, fino a quella mortale. Ma non necessariamente compiere azioni suicide come i cosiddetti “martiri”.
Del resto indirettamente ciò è confermato da una circostanza: lo Stato Islamico ha aspettato la morte di Amri per diffondere il video-testamento che significativamente è titolato. “il video del soldato del Califfo che ha realizzato le operazioni di Berlino e Milano”. Come se Milano – dove ha sparato a un poliziotto – fosse da considerarsi un’operazione jihadista.
Ad ogni modo la dinamica appare abbastanza chiara: lo Stato Islamico aveva il video di Amri e lo ha tenuto per sé fino a quando Amri fosse stato ancora in azione. Per questo è ragionevole pensare che avrebbe colpito ancora.
In Italia? Chissà. Il sospetto c’è. Conosceva la nostra lingua e probabilmente aveva qualche contatto. Ma l’imprevedibilità di queste situazioni legittima anche l’ipotesi che avrebbe solamente aspettato un’occasione buona in Italia o altrove.
Di certo, però, il fatto che sia stato ucciso da un nostro poliziotto è paradossalmente una “manna” per la propaganda dell’Isis, che non ha mai fatto mistero di desiderare di colpire la nazione simbolo del cristianesimo ma che – fino ad ora – non ha trovato jihadisti abbastanza motivati o scuse politicamente troppo valide.
Nei prossimi giorni, anche se la macchina della propaganda dello Stato Islamico appare abbastanza in difficoltà, si potrà capire meglio. Certo, la “glorificazione” dei poliziotti e della polizia è un altro fattore che favorisce la mobilitazione dei simpatizzanti dell’Isis che ragionano molto di più in termini di vendetta e di legge del taglione che in termini di dottrina religiosa o analisi politica.
Il 23 dicembre del 2016 è una data che può cambiare molte cose. E’ accaduto un episodio che nessuno ha voluto. Ma è accaduto. Temo che ce lo ricorderanno, perché l’Isis è ancora qualcosa di molto coinvolgente e affascinante per molte persone confuse, sbandate e che nella lotta per la sopravvivenza hanno accumulato odii e rancori che possono trasformarli in bombe umane. Come Amri. Stragista a Berlino, morto a Sesto San Giovanni mentre cercava di uccidere un poliziotto italiano.

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