Già dal gennaio del 2011 la Cia sapeva che il Mullah Omar era ricoverato all’Aga Khan University Hospital di Quetta, in Pakistan. Lo disse personalmente l’allora direttore dell’agenzia di intelligence Usa, Leon Panetta, al presidente pakistano Asif Ali Zardari, durante una sua visita negli Stati Uniti. Lo rivelano alcuni documenti diplomatici ottenuti dal Washington Post. Eppure, nonostante l’ospedale di Quetta sia presumibilmente lo stesso luogo, come oggi indica anche l’intelligence afghana, nel quale Omar sarebbe morto due anni dopo, l’informazione non portò ad alcuna conseguenza pratica.
Una conferma, secondo il Post e vari ex funzionari della Cia interpellati, della discordanza di obiettivi tra Washington e Islamabad riguardo alla sorte del leader talebano. Un radicale cambiamento dell’agenda comune, rispetto invece allo sforzo congiunto nella caccia al leader di Al Qaeda Osama Bin Laden, ucciso dai Navy Seals nel raid di Abbottabad, avvenuto quattro mesi dopo l’incontro tra Panetta e Zardari.
La mancata cattura di Omar testimonia anche delle difficoltà degli Stati Uniti ad operare all’interno del Pakistan, in assenza della collaborazione con l’Isi. I potenti servizi segreti di Islamabad probabilmente volevano proteggere il Mullah per non compromettere le trattative di pace parallele che stavano conducendo con i talebani. La vicenda, sostiene Milt Bearden, ex agente operativo della Cia in Pakistan e Afghanistan, “è un altro caso che dimostra come la raccolta di informazioni di intelligence in quella parte del mondo sia così difficile. La verità è fatta di vari strati e ci sono diverse priorità, nessuna delle quali riusciamo mai veramente a comprendere”.