Lo spreco alimentare in in Italia e in Europa: un problema strutturale

L'Agenzia Europea dell'Ambiente segnala la gravità di questo fenomeno. È necessario perfezionare le normative esistenti

Lo spreco alimentare in in Italia e in Europa: un problema strutturale
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7 Aprile 2025 - 14.55 Culture


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L’Agenzia Europea dell’Ambiente stima che ogni anno lo spreco alimentare costi all’Unione circa 132 miliardi di euro, generando il 16% delle emissioni dell’intero sistema agroalimentare. Da questi studi emerge che ogni cittadino europeo getta via circa 132 kg di cibo ogni anno, dunque circa 59 milioni di tonnellate di alimenti sprecati se consideriamo l’intera popolazione dell’Unione.

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Da questi dati si evince che gli strumenti finora adottati devono essere perfezionati. Vi sono numerose campagne di sensibilizzazione, progetti locali e strategie a livello nazionale ed europeo, eppure la riduzione dello spreco alimentare sembra ancora un traguardo lontano. Nel 2024 la Commissione europea ha proposto due obiettivi da raggiungere entro il 2030 dagli Stati membri: ridurre del 10% gli sprechi alimentari nella fase di produzione e trasformazione e una riduzione del 30% nel commercio al dettaglio e a livello domestico.

Lo spreco alimentare è un problema che non riguarda solo i comportamenti adottati dai consumatori, ma è presente nell’intero processo all’interno della filiera, dalla produzione primaria alla trasformazione industriale, dalla distribuzione al consumo domestico. Si tratta, quindi, di un fenomeno che riflette inefficienze logistiche, logiche di mercato distorte, standard commerciali rigidi e modelli culturali consolidati. 

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I dati dell’Eurostat e dell’Agenzia Europea dell’Ambiente ci dicono che una quota significativa dello spreco si concentra nella fase del consumo domestico, infatti più della metà degli elementi buttati proviene dalle case dei cittadini. Ma bisogna considerare che anche la fase di produzione e trasformazione genera tantissimi scarti.

Le cause dello spreco non sono universali, ma devono essere analizzate in base al segmento della filiera. Ad esempio, in ambito agricolo vi sono difficoltà legate alla previsione della domanda, ai vincoli imposti dalla grande distribuzione e alla mancanza di infrastrutture per la conservazione.

Nell’industria alimentare lo spreco è causato da difetti di processo, scorte mal gestite o mancanza di sbocchi alternativi per i prodotti non venduti. Mentre nella ristorazione lo spreco è causato da dinamiche tipiche dello stesso sistema, ad esempio porzioni eccessive, menù poco flessibili e una pianificazione inefficace. 

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Nonostante lo spreco alimentare sia un fenomeno strutturale, ogni attore della filiera agisce in maniera autonoma. Inoltre, le normative in merito alle misure di monitoraggio e rendicontazione del cibo sprecato sono ancora poco omogenee tra gli Stati membri, rendendo più difficile una valutazione comparativa efficace.

Tuttavia, le nuove normative europee prevedono nuovi obiettivi che, se approvati, contribuiranno a rafforzare l’integrazione tra politiche ambientali, agricole e sociali. Dunque, lo spreco alimentare assume centralità nelle strategie per la neutralità climatica, sicurezza alimentare e transizione ecologica.

Ogni alimento buttato è frutto di un ciclo produttivo complesso. Il prezzo dello spreco non è un fenomeno puramente economico, ma comprende diversi aspetti: la salute dei suoli, la disponibilità di acqua dolce, la stabilità climatica e la tutela della biodiversità. La produzione di cibo assorbe circa il 70% dell’acqua dolce disponibile, contribuisce al 25% delle emissioni globali di gas serra, occupa il 40% della superficie terrestre libera da ghiacci e implica l’uso di fertilizzanti e pesticidi. 

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Bisogna considerare anche la biodiversità. Le coltivazioni intensive sono uno dei principali fattori di degrado degli ecosistemi naturali. La deforestazione, frammentazione degli habitat, contaminazione delle acque e l’erosione del suolo sono altri fenomeni legati a modelli agricoli che non rispettano i criteri di sostenibilità.

Dunque, lo spreco alimentare ha delle conseguenze negative sulla nostra natura, mettendo a rischio la sopravvivenza di numerose specie e la resilienza dei territori. Lo spreco alimentare è anche un problema sociale; infatti, nel 2023 l’Eurostat ha dichiarato che quasi il 9% dei cittadini europei non poteva permettersi un pasto proteico ogni due giorni. Questo fenomeno rappresenta delle contraddizioni morali ed etiche, considerando anche l’enorme quantità di cibo che viene buttata.

La tecnologia assume un ruolo rilevante in questo contesto, poiché può aiutare a diminuire lo spreco alimentare. Vi sono le startup dell’agritech e del foodtech che stanno sviluppando soluzioni in grado di riconoscere il problema prima che si manifesti attraverso diverse strategie, ad esempio automatizzando il monitoraggio delle scorte, prevedendo la domanda con maggiore accuratezza e facilitando il recupero del cibo prossimo alla scadenza. 

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Un esempio proviene dalla nona edizione di “Fare impresa in Italia”, il convegno annuale promosso dall’Università Lumsa, che rivolge uno sguardo particolare all’impatto sociale e ambientale delle imprese. Chiara Cavallo è la co-founder della startup Alfred e ha raccontato come la tecnologia possa trasformare una voce di costo invisibile in un’opportunità. Alfred è una piattaforma che aiuta supermercati e negozi a gestire e ottimizzare le scadenze dei prodotti alimentari, evitando che vengano buttati. Cavallo ha spiegato i tre vantaggi di questo approccio: economico, perché riduce le perdite; ambientale, perché evita la produzione di rifiuti e le emissioni; umano, perché le operazioni più ripetitive vengono affidate alla tecnologie, consentendo agli operatori di lavorare meglio.

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