Tante commemorazioni, ma le logiche sono sempre le stesse. Fare soldi e affari prima e pensare alle conseguenze solo dopo.
“Se vogliamo davvero imparare la lezione del disastro del Vajont dobbiamo impegnarci ogni giorno a non ripetere gli stessi errori. Ricorrono oggi i sessant`anni dal più grande disastro italiano causato da mano umana. Nella frana che alle ore 22.39 del 9 ottobre 1963 si staccò dal monte Toc, morirono 1910 persone tra cui 487 ragazzi. Non fu una `catastrofe naturale` bensì una strage con colpevoli, rintracciabili in una lunga stratificazione di responsabilità: dalla progettazione scellerata, passando per la sottovalutazione degli allarmi, fino alla mancata evacuazione. Non è bastata quella ecatombe per evitare che altre stragi si ripetessero nel nostro Paese, da Sarno a Casamicciola, dalla Versilia, al Piemonte, alla Val di Stava, dalla Liguria alle Marche, fino alla Sardegna e alla Sicilia, sono state centinaia le vittime che si potevano salvare”.
Lo dichiarano in una nota congiunta Annalisa Corrado, responsabile Conversione ecologica, clima, green economy e Agenda 2030 nella segreteria del Pd e Sandro Ruotolo, responsabile Culture e memoria nella segreteria Pd.
“Di Vajont ce ne sono state e altre ce ne saranno se non smetteremo di pensare di poter imbrigliare l’ecosistema a nostro piacimento, finché non rallenteremo la corsa alla cementificazione e al consumo di suolo e finché non investiremo seriamente in tutela del territorio. Mostreremo di poter onorare davvero la memoria delle vittime, se metteremo al centro la prevenzione e l’adattamento agli eventi metereologici estremi, se interverremo sulla fragilità idrogeologica del Paese, se ridurremo i rischi, amplificati in maniera inedita dalle conseguenze della crisi climatica”, concludono.