Con un evento così eccezionale – una quantità di pioggia mai vista e una ventina di fiumi esondati contemporaneamente – probabilmente non c’era pezza, la Romagna sarebbe finita sott’acqua a prescindere. E di fronte a una simile catastrofe la prima cosa che ti viene in mente è di prendere una pala e andare ad aiutare chi si è visto portare via tutto dall’alluvione. È il tempo in cui tutti – istituzioni, protezione civile, esercito, strutture operative, associazioni, tecnici, singoli cittadini – sono chiamati a rimboccarsi le maniche e a fare il possibile per contenere i danni. Non è il tempo delle polemiche. Però ci sono alcune cose che mi frullano dentro da quando la dimensione della tragedia è apparsa chiara. Nell’ondata di mobilitazione e solidarietà che ha subito seguito l’onda di piena – sindaci con sempre meno fondi e mezzi a disposizione che fanno miracoli per stare sul pezzo e dare risposte, strutture e volontari della protezione civile che come sempre si fanno trovare pronti, la popolazione non colpita che accorre a dare una mano a quella ferita, i ragazzi che si organizzano su whatsapp e sui social e vanno di loro sponta a pulire le case allagate, le colonne di aiuti che cominciano ad arrivare da diverse regioni – ha spiccato per la sua assenza il governo.
Sì, Piantedosi ha sorvolato in elicottero le zone alluvionate, Musumeci si è fatto vedere a Bologna, Brichetto Fratin ha rilasciato interviste, ma nelle città più colpite non si è ancora visto nessuno. E per una volta bisogna rendere merito al sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti Galeazzo Bignami, sì, quello che per fare il goliardo si vestiva da nazista, che ha girato nei luoghi del disastro, è stato visto in incognito a Cesena da Diego Bianchi di Propagandalive la notte dell’alluvione e a Monterenzio a “scavare a mani nude” in una strada, come ha scritto il Resto del Carlino, anche se in questo caso l’incognito è sospetto dal momento che gira un video con lui a spostar sassi dalla strada. Forse era lì per rimediare alla figuraccia rimediata dal suo capo con il tweet da San Siro sul derby di champions mentre veniva giù il mondo. Tweet poi cancellato, raddoppiando la bella figura.
Ma l’assenza del signor Presidente del Consiglio e dei suoi ministri nei luoghi del disastro si è notata e a me personalmente ha dato fastidio. Direte: era partita per l’Islanda, poi doveva andare al G7 in Giappone, aveva importanti impegni internazionali. Tutto vero. Ma a me tornano in mente altre sciagure nazionali, Pertini, Mattarella, altri Presidenti del Consiglio. Persone che si sarebbero fatte trovare sul pezzo, sarebbero stati lì qualunque altro impegno avessero, con i piedi nel fango, come i sindaci oggi, a testimoniare che lo Stato c’è.
Invece finora “loro” l’hanno guardata da lontano la catastrofe. Hanno fissato il primo Consiglio dei ministri non all’indomani, ma dopo un a decina di giorni, martedì 23 maggio. Hanno promesso che in quella sede vareranno un decreto aiuti “adeguato alle necessità”. E magari sarà pure vero, ci stupiranno, presenteranno un piano che non avrà niente da invidiare a quello delle bonifiche delle valli alluvionate di quando c’era Lui. Forse sarà proprio per questo, per le garanzie che gli hanno dato, che Bonaccini ha detto e ripetuto di sentire la vicinanza del governo, di apprezzare l’impegno che Meloni, Salvini & Co. gli hanno assicurato. Così, sulla parola. E forse sarà per questo se stavolta anche Mattarella è rimasto stranamente a distanza. Ma per ora il governo ha stanziato trenta miseri milioncini. Ha detto che per i danni bisognerà poi vedere caso per caso, comune per comune. Ha sorvolato sul parallelo fatto da Bonaccini con l’entità dei danni del terremoto del 2012, quando l’allora presidente della Regione, Errani, riuscì a portare a casa sei miliardi da governo Monti. E ha scartato prima ancora di esaminarla la proposta della segretaria Pd di dirottare parte dei fondi del PNRR sul dissesto idrogeologico. Mentre i giornali di destra che sostengono la maggioranza continuano a sparare titoli sulle responsabilità della sinistra che governa da sempre l’Emilia-Romagna.
Per par condicio, confesso che nemmeno la “postura” – come va di moda dire oggi – assunta dall’opposizione sulla catastrofe mi ha finora convinto. Va bene la proposta di Schlein di “spostare risorse del PNRR per la prevenzione e messa in sicurezza del territorio”. Va bene l’invito del Pd “all’unità e alla coesione nazionale” e anche la collaborazione offerta al governo di fronte a simili disastri. Mi farà piacere se i circoli del partito si metteranno “a disposizione dei territori per questa emergenza”. Ma dal Pd e dalla Schlein in particolare mi aspetterei posizioni molto più radicali e politiche coerenti sul contrasto alla crisi climatica, per la transizione energetica, contro il dissesto idrogeologico e il consumo di suolo. A partire dall’Emilia-Romagna. Altrimenti viene il sospetto che sia più apparenza che sostanza. Perché se è sostanza bisogna dire chiaramente che questo nostro modello di sviluppo non regge più, che è necessario cominciare a produrre, consumare e vivere diversamente se vogliamo davvero smettere di vedere queste catastrofi, se non vogliamo uccidere questo nostro mondo e suicidarci con lui.
Nell’uno e nell’altro caso spero che i miei timori vengano smentiti da scelte chiare e convincenti sia del governo sia della sinistra. Ma come diceva il più smaliziato di tutti, “a pensar male si fa peccato ma a volte ci si prende”.