La tragedia sulla Marmolada, il caldo record e la siccità che ci stanno mettendo a dura prova in questo inizio estate ripropongono in maniera drammatica la questione climatica che la guerra in Ucraina ha finito per mettere in secondo piano riaprendo la corsa all’approvvigionamento di energie fossili e al nucleare.
A pensar male verrebbe quasi da immaginare che questa rimozione della prima grande emergenza planetaria non sia casuale, che si sia messa all’opera una Spectre mondiale dell’antiscienza disposta a tutto, anche al rischio estinzione, pur di non perdere il proprio potere, i propri affari e privilegi.
“Per vincere la sfida del climate change prima bisogna raggiungere la pace”, scrive lo scienziato e imprenditore americano H. Holden Thorp sulla prestigiosa rivista Science, denunciando “le enormi implicazioni per l’intero pianeta” della guerra in corso e dello scontro aperto tra Usa, Russia e Cina. Per sperare di salvare il pianeta, sostiene Thorp, bisogna che le nazioni, a cominciare dagli Usa e dall’Europa, “riformulino la loro politica estera mettendo le questioni climatiche ed energetiche in primo piano, impegnandosi a risolvere le divergenze con la diplomazia e non con la guerra. L’unico clima veramente vitale sarà quello accompagnato dalla pace internazionale”. “Se non si lavora per la pace come primo passo – conclude – gli sforzi internazionali per la transizione ecologica, lo sviluppo sostenibile e le energie rinnovabili non potranno progredire. La governance globale diventerà più fragile e il peggioramento climatico minaccerà la stabilità mondiale, innescando crisi umanitarie e provocando altre guerre in un ciclo mortale”.
Difficile non essere d’accordo. Sappiamo da decenni che la terra si sta riscaldando velocemente. Le evidenze scientifiche ci hanno detto senza più ombra di dubbio che le attività umane, e in particolare le emissioni inquinanti di un sistema di sviluppo non più sostenibile, sono alla base delle cause di un cambiamento climatico senza precedenti nella storia dell’umanità. Il sesto rapporto dell’IPCC, autorevole gruppo internazionale di esperti del clima istituito dall’Organizzazione Metereologica Mondiale (WMO) e dal Programma ambientale delle Nazioni Unite, ci ha spiegato che alcuni dei cambiamenti a cui stiamo assistendo sono già irreversibili, ma che altri possono essere rallentati, arrestati o addirittura invertiti se riusciremo a ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni di CO2, metano e altri gas serra.
Senza riduzioni immediate, rapide e su larga scala, delle emissioni di gas serra, aggiunge un altro recente studio di un prestigioso gruppo di ricercatori francesi, non solo non riusciremo a contenere l’aumento della temperatura terrestre entro i due gradi fissati come limite massimo dalla Conferenza di Parigi, ma potremmo arrivare entro questo secolo a un incremento drammatico di sette gradi. Le conseguenze sarebbero terribili.
Ed è la stessa Unione Europea ad enunciarle con chiarezza in un rapporto pubblicato nel proprio sito istituzionale. Il riscaldamento oltre i limiti fissati a Parigi, scrivono gli esperti della Ue, “comporterebbe lo scioglimento dei ghiacciai artici con un aumento medio del livello dei mari compreso tra i 60 e gli 80 centimetri, a seconda della velocità di scioglimento della calotta glaciale antartica”, con conseguente sconvolgimento della vita umana, animale e vegetale sulla terra.
Eppure, nonostante questa consapevolezza che sembrerebbe finalmente acquisita anche dalla politica, non facciamo niente per sviluppare la collaborazione e gli sforzi di tutti per fermare l’autodistruzione del pianeta su cui tutti viviamo. Anzi, alimentiamo la guerra (le guerre), ci riarmiamo, torniamo a dividere il mondo tra buoni e cattivi, amici e nemici, riapriamo le centrali a carbone, andiamo a cercare il gas da chiunque ce lo venda, riavviamo le trivelle, progettiamo nuove centrali nucleari. Forse ce la meritiamo davvero l’estinzione.