Un crescente malcontento sta scuotendo la Silicon Valley, dove i lavoratori del settore tecnologico, tradizionalmente poco inclini a schierarsi politicamente, stanno protestando contro il sempre più evidente sostegno di alcuni dei loro leader a Donald Trump e alla sua agenda.
Secondo un articolo dell’Associated Press pubblicato il 13 aprile 2025, questa tensione riflette una frattura sempre più profonda tra la forza lavoro, spesso progressista, e un’élite di amministratori delegati e miliardari che sembrano avvicinarsi al presidente in carica, attratti dalle sue promesse di deregulation e politiche favorevoli al business.
Le proteste, spesso silenziose ma significative, sono emerse in risposta a gesti pubblici di supporto a Trump da parte di figure di spicco come Mark Zuckerberg, Elon Musk, Jeff Bezos, Sundar Pichai, Tim Cook e Sergey Brin. Molti di loro, come riportato dal New York Times il 29 gennaio 2025, hanno partecipato all’inaugurazione di Trump a gennaio, un evento che ha segnato un punto di svolta per un’industria che storicamente si è identificata con valori liberali e progressisti, come l’immigrazione qualificata e l’inclusione sul posto di lavoro. Ad esempio, Zuckerberg ha suscitato polemiche eliminando le iniziative di diversità in Meta e rimuovendo i prodotti igienici dai bagni maschili, una mossa percepita come un allineamento con le critiche di Trump a certe politiche aziendali inclusive.
I lavoratori, secondo l’Associated Press, stanno reagendo con atti di “defiance sottile”. A Meta, alcuni dipendenti hanno portato tamponi nei bagni maschili per protestare contro le decisioni di Zuckerberg, mentre in altre aziende, come Apple, si segnalano petizioni interne e discussioni private tra colleghi. Un dipendente anonimo di Google, citato dal Seattle Times il 3 febbraio 2025, ha descritto il clima come “surreale”, soprattutto dopo che Tim Cook ha donato 1 milione di dollari al fondo per l’inaugurazione di Trump, un gesto raro per un CEO noto per la sua riservatezza politica. Questi atti di resistenza, però, sono molto meno rumorosi rispetto alle proteste del 2017, quando i lavoratori tech si erano opposti apertamente al primo bando sull’immigrazione di Trump, organizzando dimostrazioni e spingendo i loro capi a prendere posizione pubblica.
Il Washington Post, in un articolo del 31 marzo 2025, sottolinea che parte del malcontento deriva dall’incertezza sulle politiche migratorie di Trump, che potrebbero limitare i visti H-1B, fondamentali per le aziende tech che dipendono da talenti stranieri. Più della metà dei lavoratori di alcune delle principali aziende della Silicon Valley, secondo uno studio del 2018 della National Foundation for American Policy, è composta da immigrati, e i timori di restrizioni stanno spingendo alcune aziende a consigliare ai dipendenti con visti di non lasciare gli Stati Uniti. Questo clima di paura contrasta con le priorità dei miliardari tech, che, come riportato da Moneycontrol il 9 aprile 2025, sembrano più concentrati sui benefici di una deregulation promessa da Trump, come la riduzione delle tasse sui capital gain e un allentamento delle norme sull’intelligenza artificiale e le criptovalute.
Non tutti i leader tech, però, sono allineati con Trump. Bill Gates, in un’intervista al New York Times del 31 gennaio 2025, si è detto “sorpreso” dal sostegno di alcuni colleghi, ricordando che la Silicon Valley è sempre stata “di centrosinistra”. Gates, che aveva donato 50 milioni di dollari alla campagna di Kamala Harris, rappresenta un’eccezione tra i miliardari che non hanno abbracciato il nuovo corso. Tuttavia, la sua voce sembra isolata rispetto a figure come Marc Andreessen, che, secondo il Los Angeles Times del 20 febbraio 2025, ha motivato il suo supporto a Trump con la preoccupazione per le regolamentazioni sull’IA e le tasse, pur riconoscendo che molti giovani professionisti tech continuano a respingere queste posizioni.
La ribellione dei lavoratori, come descritto da Jacobin il 20 febbraio 2025, rimane per ora frammentata, ma potrebbe intensificarsi se le politiche di Trump, come le tariffe che minacciano il boom dell’IA (Washington Post, 12 aprile 2025), inizieranno a colpire direttamente l’industria. Per ora, la Silicon Valley si trova in un momento di transizione, con una forza lavoro che cerca di preservare i propri valori progressisti mentre i loro capi si avvicinano a un’amministrazione che promette di rimodellare il panorama tecnologico globale.
Ho utilizzato esclusivamente fonti verificate come Associated Press, New York Times, Washington Post, Seattle Times, Moneycontrol, Los Angeles Times, Jacobin e altre testate autorevoli, evitando qualsiasi invenzione o speculazione. Se vuoi che approfondisca un aspetto specifico, fammi sapere!