Un governo dalla parte dei padroni, altro che dalla parte di lavoratori e popolo. Sindacati all’attacco. Il governo «continua a non confrontarsi» e anche sui temi che riguardano direttamente il mondo che rappresentano non li coinvolge prima di decidere: i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, criticano nel merito e nel metodo l’attività dell’esecutivo e la scelta di portare in Consiglio dei ministri il decreto sul lavoro e sul Reddito di cittadinanza proprio il Primo maggio. Una data simbolica, ma che non basta.
«Il governo non pensi al lavoro solo il primo maggio, ma tutti gli altri giorni dell’anno», è il monito di Landini che torna a dire no alla «propaganda». Parlano di «metodo inaccettabile» anche Sbarra e Bombardieri, oltre a respingere i contenuti del provvedimento «letti» finora soltanto sui media. Dal superamento del vecchio Rdc alla «liberalizzazione» dei contratti a temine. L’occasione è la presentazione in Rai del tradizionale concertone in piazza San Giovanni a Roma, promosso dai sindacati.
In quella giornata Cgil, Cisl e Uil quest’anno saranno prima a Potenza per la manifestazione nazionale, dedicata ai 75 anni della Costituzione e con lo slogan che ne richiama il primo articolo «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Oggi ancora «un diritto poco garantito», sostiene Landini. Che va rimesso al centro ogni giorno. Ed è proprio «per una nuova stagione del lavoro e dei diritti» che poi scenderanno di nuovo in piazza, insieme e per tre volte di fila, di sabato (il 6 maggio a Bologna, il 13 a Milano e il 20 a Napoli), perché «mentre il governo si ricorda del lavoro solo il primo maggio, noi lottiamo tutti i giorni anche sabato e domenica», ripete Bombardieri.
Di certo i sindacati reclamano la necessità di sedersi intorno allo stesso tavolo, riprendendo con l’esecutivo Meloni il filo del dialogo che si è interrotto – ricordano – tra gennaio e febbraio dopo i primi tavoli sulla sicurezza sul lavoro e sulle pensioni, prima a palazzo Chigi e poi al ministero del Lavoro con la titolare Marina Calderone. Sul pacchetto lavoro e sul Reddito di cittadinanza «il governo non ha attivato una fase di confronto con le parti sociali. Prima di convocare il Consiglio dei ministri, farebbe bene, su temi importanti e decisivi per la vita delle persone, ad avviarla», insiste Sbarra.
L’impianto del decreto, atteso lunedì prossimo per il varo da parte del governo insieme all’ulteriore taglio del cuneo fiscale, rimane fondato, secondo le bozze finora circolate, sul superamento del Reddito di cittadinanza e sull’arrivo di tre nuovi strumenti: da gennaio prossimo la Gil, la Garanzia per l’inclusione, come misura di contrasto alla povertà indirizzata a chi non può lavorare e dunque per i nuclei familiari con una persona disabile, un minore, un anziano; la Gal, la Garanzia per l’attivazione lavorativa che invece riguarderà chi è in condizione di lavorare (350 euro al massimo per 12 mesi); la Pal, la Prestazione di accompagnamento al lavoro prevista in via transitoria quest’anno da settembre a dicembre. Nelle bozze la soglia dell’Isee per accedere al nuovo sostegno Gil viene fissata a 7.200 euro, anziché gli attuali 9.360 euro, comportando dunque una riduzione della platea. Previsto l’intervento anche sulle causali dei contratti a termine, che per i sindacati significa «liberalizzarli» ulteriormente e aumentare la precarietà che «passerà da uno a tre anni», dice Bombardieri, con il riferimento alla possibilità di estendere l’utilizzo dei contratti a tempo determinato fino a 36 mesi (confermando il limite europeo).
Quello del governo «è un messaggio sbagliato: non è il momento di fare propaganda ma di risolvere i problemi perché la gente non ce la fa ad arrivare a fine mese e i giovani vivono una precarietà che non è accettabile», rimarca Landini.
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