Nel giorno che vedeva l’approdo in commissione Bilancio del tanto atteso maxi emendamento del governo, l’anticipazione su una delle novità più significative tra quelle contenute nel pacchetto di modifiche alla manovra l’aveva annunciata la stessa presidente del Consiglio, a margine del concerto di Natale al Senato: via la norma che fissa a 60 euro la soglia minima dei pagamenti con il pos. «Quello è un obiettivo del Pnrr – ha detto Meloni – e quindi lo stiamo trattando con la Commissione europea».
Un dietrofront per l’esecutivo, su uno dei punti caratterizzanti la legge di Bilancio. «Se non ci sono i margini» per una trattativa, ha spiegato la premier, «ci inventeremo un altro modo per non far pagare agli esercenti le commissioni bancarie sui piccoli pagamenti».
Una vittoria per le opposizioni che anche sulla libertà dei pagamenti con il pos avevano portato avanti la loro battaglia contro la manovra. «Non so se la trattativa sia ancora in corso – ha detto il capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra in commissione Bilancio Marco Grimaldi -, di certo il problema non è la soglia del contante ma le sanzioni. Il Governo voleva costringere le persone a prelevare contanti per pagare una pizza e una birra. Non ci vuole l’Unione Europea per capire che il nostro Paese non può tornare indietro sul diritto a pagare con carte di credito».
Esulta anche Azione, che sulle soglie al pos accusa Palazzo Chigi di «fare il gioco delle tre carte». «La maggioranza è in pieno marasma – ha detto la deputata terzopolista Daniela Ruffino – e il ministro dell’Economia farà bene a portare chiarezza su una delle questioni su cui la Commissione europea ha usato la matita blu».
I lavori in commissione Bilancio hanno visto esplodere una vera bagarre quando l’orario fissato per il deposito degli emendamenti del governo, le 19.30, non è stato rispettato. Le opposizioni hanno quindi abbandonato la commissione denunciando la maggioranza e il governo di mancato rispetto del Parlamento. «Sono sette volte che cambiano l’orario – ha detto la deputata Pd Debora Serracchiani -. Avevano promesso che avrebbero dato il terzo pacchetto di emendamenti e che il ministro veniva dopo almeno due ore per darci la possibilità di vederli e discuterli. Ora il pacchetto degli emendamenti non c’è. Abbiamo abbandonato i lavori perché non esiste che si tratti così il parlamento. Verrebbe il ministro a fare il solito comizio sulla manovra. È inaudito. È assurdo».
Prima della frattura, la giornata ha anche registrato le prime intese tra maggioranza e opposizione: un unico emendamento dei relatori che «assorbe» di fatto diversi emendamenti proposti dalle opposizioni, e contenenti misure per il Sud, è stato sottoscritto da tutti i capigruppo della commissione. Questo vale anche per un emendamento presentato dal Pd sulla quota premiale del Fondo sanitario nazionale che è stato accolto dal Governo e conviso da tutti i capigruppo. «Aumenterà la cosiddetta quota premiale del Fondo sanitario nazionale – hanno dichiarato la capogruppo del Pd alla Camera Debora Serracchiani e il capogruppo in commissione Affari sociali Marco Furfaro -, vale a dire la quota di maggior finanziamento che le regioni possono ottenere a seguito dell’effettuazione di alcuni adempimenti».
Sul fronte dei tempi di approvazione della manovra, i lavori a rilento della commissione hanno determinato uno slittamento dell’approdo in Aula del testo. La votazione del documento infatti è attesa adesso per la tarda serata di domani, per essere trasmesso in Aula, secondo quanto riportano fonti parlamentari, non più martedì ma mercoledì. Un appuntamento sul quale, con ogni probabilità, verrà posta la fiducia, con l’inizio delle votazioni giovedì e il via libera finale nella notte di venerdì 23 dicembre.
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