Padoan lascia la Camera e diventa presidente di Unicredit: ha dato un cattivo esempio
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Padoan lascia la Camera e diventa presidente di Unicredit: ha dato un cattivo esempio

La scelta di saltare dalla Camera dei Deputati alla Presidenza di Unicredit senza soluzione di continuità è un fatto inedito e singolare. Chieda scusa agli elettori del suo collegio

Pier Carlo Padoan
Pier Carlo Padoan
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Arturo Scotto Modifica articolo

16 Ottobre 2020 - 14.54


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Il moralismo non c’entra niente.

C’entra invece un’idea delle istituzioni, del rispetto del mandato popolare, della separazione tra politica e finanza.

Che il Professor Padoan sia un’economista stimato – questo non significa automaticamente che sia stato un buon Ministro dell’Economia – non giustifica la scelta di saltare dalla Camera dei Deputati alla Presidenza di Unicredit senza soluzione di continuità. Un fatto inedito e singolare.

Che fa strame di qualsiasi retorica sul conflitto d’interesse che nel corso degli ultimi anni anche il centrosinistra ha agitato contro i suoi avversari politici.

Se hai guidato per quattro anni il dicastero più importante del Governo e poi sei stato alla Camera dei Deputati in Commissione Bilancio non puoi andare a presiedere una grande Banca.

E’ un mestiere diverso rispetto alla politica che deve stare sempre sopra agli interessi rappresentati dai privati.

Soprattutto da parte di chi per anni ha impartito lezioncine alla sinistra sulla necessità di diventare liberale: nessun manuale di politica economica sostiene che liberalismo e conflitto di interesse dovrebbero avere rapporti di parentela.

Ma tant’è.

Chi si è innamorato del rottamatore come l’ex ministro Padoan evidentemente non ha mai immaginato che questa pratica – che continuo a considerare inaccettabile – possa essere applicata su di sé.

Esporre il proprio schieramento a una polemica scomposta come quella avanzata dalla destra in queste ore sulla commistione tra schieramento progressista e istituti di risparmio è da irresponsabili.

Significa lavorare né più né meno per il re di Prussia.

Per anni l’accusa ingenerosa di apparire come una succursale della élite finanziaria del paese ha menomato la capacità di espansione della sinistra nel nostro paese.

L’ha separata dai ceti popolari, l’ha confinata nell’idea di essere la protettrice di interessi avulsi dalla maggioranza della popolazione, l’ha ridotta a una variante del vincolo esterno.

Lontani e antipatici.

Soprattutto si è indugiato nella predica paternalistica nei confronti dei cittadini a cui è stato chiesto ripetutamente di fare sacrifici.

Perché avevano vissuto al di sopra delle loro possibilità.

Siccome il qualunquismo mi fa schifo, temo che i maggiori propulsori di questa antica malattia italiana siano quegli esponenti dell’establishement che la mattina organizzano convegni sul populismo senza accorgersi di esserne i principali sponsor.

Mi auguro che ci sia una presa di distanza da questa scelta di Padoan, a partire dalla parte politica in cui lui milita.

E che si chieda scusa agli elettori del suo collegio.

Che credevano di votare un deputato e invece si sono ritrovati un banchiere.

Perché questo episodio ci delinea la difficoltà a ricomporre una frattura che è profonda.

Che non si risolve solo con il buon governo.

Ma con gli esempi.

E quello di Padoan è un cattivo esempio.

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