La farsa dei mini-bot: una storia da operetta nel paese dei campanelli
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La farsa dei mini-bot: una storia da operetta nel paese dei campanelli

Conte annuncia una "cazzuta" conferenza stampa, la fa ed è lì che dice un sonoro "Ora basta. E poi? Tutto come prima...

Un minibot ironico su Borghi
Un minibot ironico su Borghi
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

24 Giugno 2019 - 09.28


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“C’è ancora chi crede a Borghi?” Parole scritte sulla pietra tombale dei famosi mini bot. Parole dette dall’uomo più autorevole della Lega, probabilmente quello che nel governo a pseudo guida Conte ha più peso, l’uomo che molti indicano come il rappresentante dell’Italia nel nuovo governo europeo. 
Leggendo questo atto di morte della cosa più buffa partorita da questo pseudo governo, ho ripensato ad uno scontro che ebbi con un collega straniero – messo repentinamente a posto – che, ascoltando il nostro inno nazionale, mi disse che sembrava un pezzo da operetta. Dicevo, lo misi subito a posto rinfacciandogli le prime bruttezze del suo Paese che mi passarono per la testa, compresi gli scempi a tavola. Gliele dissi tutte, anche perché se c’è una cosa che proprio non sopporto è l’operetta. Se mi doveste infliggere una punizione, ve l’ho suggerita.
Detto questo e ricordato quell’episodio nel quale mi ritrovai patriota d’altri tempi, l’Italia di oggi davvero ci riserva passaggi da operetta. Elencarli sarebbe davvero impossibile, ci fermiamo agli ultimi, ad un paio di perle. Intanto i mini bot, incredibile storia che in Totò e Peppino chiusi nella tipografia del quartiere Monti ha un precedente nobile. Per giorni e settimane sembrava essere la pietra filosofale, la lampada di Aladino, la bacchetta magica di mago Zurlì. Usciva, entrava e riusciva dal famoso contratto.

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Chi giurava di averlo visto, chi lo disconosceva come nelle interviste in bianco e nero sull’esistenza della mafia, fatte nelle piazze assolate della Sicilia degli anni Cinquanta.  Borghi per qualche settimana è apparso un prestigiatore dell’economia e della finanza paragonabile a quel Giovanni Sucato che in Sicilia, qualche decennio addietro, prometteva di moltiplicare i soldi. Un truffatore che morì ammazzato perché inciampò in un boss. 
Comunque, alla fine siamo arrivati al sonoro disconoscimento dell’idea. E Borghi cosa fa? Sbeffeggiato e disconosciuto, resta lì, seduto nella sua seggiola di piccolo economista. Operetta pura, paese dei campanelli.
Operetta su operetta, come quella scritta dallo stesso Conte giorni addietro. Annuncia una “cazzuta” conferenza stampa, la fa ed è lì che dice un sonoro “Ora basta!”, rivolto ai due contendenti del suo surreale governo, soprattutto a Salvini. Intanto la conferenza stampa smentisce lo stesso Conte che aveva sempre sostenuto che all’interno del governo mai si era litigato e tutto era sempre stato tarallucci e vino. E quindi Conte dice a Conte di essere stato bugiardo e falso. Cosa accade dopo la conferenza stampa “cazzuta”? Esattamente tutto quello che era accaduto prima e che Conte aveva taciuto: liti quotidiane, differenziazioni continue, sovrapposizioni, scippi di competenze, insulti, e insulti in risposta degli insulti.
Dette queste cose, adesso sono preoccupato dell’eventualità che debba incontrare nuovamente quel collega straniero che mi disse che l’Italia era un Paese da operetta. Non riuscirei a trovare la carica patriottica di allora che mi permise di mandarlo a quel Paese.

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