"Paura dell’alba": un film per ricordare la Resistenza nella sua drammatica complessità

Tra urgenza memoriale e finzione scenica il film narra una tragica vicenda occorsa nella primavera del 1944 sull'Appennino tosco-emiliano

"Paura dell’alba": un film per ricordare la Resistenza nella sua drammatica complessità
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25 Aprile 2025 - 13.00


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Per rammemorare e festeggiare gli ottanta anni dalla Liberazione d’Italia dal nazifascismo non ci sono soltanto i raduni e gli eventi nelle piazze, che auspichiamo numerosi e partecipati come sempre: c’è anche il cinema, quello vero. Nell’ambito del concorso internazionale del Trento Film Festival, nel pomeriggio di sabato 2 aprile, al Supercinema Vittoria, sarà proiettato Paura dell’alba, mediometraggio di finzione dedicato alla Resistenza sull’Appennino tosco-emiliano, con la regia di Enrico Masi e Pier Giorgio Ardeni. Un “racconto nel silenzio della montagna, formalmente ibrido tra astrazione e urgenza memoriale” come recita la presentazione.

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Prodotto da Caucaso e Stefano Migliore, musicato da Sara Ardizzoni, membro della band Massimo Volume, montato da Carlotta Guaraldo, Enrico Masi e Ida Pellegrino, vi recita un affiatato gruppo di giovani interpreti, tra cui spiccano Santo Marino, Innocenzo Capriuoli, Laura Pizzirani, Nina Grgic, Carlo Torelli, con la partecipazione straordinaria della storica e cantautrice Letizia Fuochi, che ha anche messo lo zampino nella colonna sonora. il film è stato premiato al Bif&st – Bari International Film & TV Festival 2025 “Per il cinema italiano” nella categoria Migliore interpretazione, assegnato all’intero cast.


Basato su “un rigoroso lavoro di ricerca”, dunque ispirato a fatti reali, il film si propone di “offrire uno sguardo autentico sulla drammatica complessità della Resistenza”, mediante un linguaggio che alterna sequenze girate, testimonianze e materiali d’archivio. Nella ricercata fusione tra storia e racconto, i due registi, anche autori del soggetto della sceneggiatura, intendono esplorare “l’energia umana che ancora permea le terre aspre a ridosso della Linea Gotica, luoghi di battaglie, sacrifici e speranza. Una memoria collettiva che prende forma sullo schermo con il sapore musicale di una fuga che corre sui crinali più alti”.

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La vicenda narrata prende forma nella primavera del 1944, nell’Italia devastata dalla guerra civile, con il Nord assediato dalle truppe germaniche e dai repubblichini di Salò, il Sud conquistato dagli Alleati. Un caos in cui fidarsi o meno di qualcuno può significare vivere o morire. Il 15 giugno 1944, quindici uomini della Polizia Ausiliaria di Modena disertano, in armi e divise, cercando rifugio in montagna, tra i resistenti. Portano con sé una lettera del CLN modenese, che ne certifica la volontà di unirsi alla lotta di Liberazione. Ma nel clima di sospetto che avvolge come una nube tossica la guerra partigiana, nulla è certo. Giunti a Montemolino di Palagano, vengono fermati e portati al quartier generale della formazione di Nello Pini, comandante noto per la sua durezza. Alcuni partigiani credono alla loro sincerità, altri temono che siano infiltrati. Nello non è uomo percorso da dubbi: li considera spie e ne ordina l’immediata fucilazione, insieme alla staffetta che li aveva accompagnati. Con questo atto brutale si attira il giudizio del Comando Generale guidato da “Armando” (Mario Ricci), che ne dispone l’arresto. Mentre l’offensiva tedesca incalza, il comandante viene processato da un tribunale partigiano e condannato a morte. Il 31 luglio 1944, Nello, il fratello e alcuni suoi uomini vengono giustiziati.


Tra coloro che accorsero a Montefiorino ci furono anche i “pistoiesi” della brigata Gino Bozzi, tra i quali militava il giovane Germano Pacelli, classe 1924, operaio, artista e scultore. Il film ne riporta la testimonianza, raccolta da Pier Giorgio Ardeni qualche mese prima della morte, avvenuta nel gennaio 2024: il racconto, dalla sua viva voce, di quei tragici giorni, delle missioni che gli furono affidate e dell’esecuzione di Nello Pini, di cui fu testimone, è tra le cose più toccanti del film. La guerra civile fu una cosa feroce: i partigiani dovevano combattere non solo il nemico in divisa, ma anche le insidie dei delatori e degli infiltrati. Una lotta senza quartiere, fatta di scelte difficili, di coraggio e sacrificio, ma anche di azioni spietate.


Nelle note di regia, Enrico Masi, bolognese formatosi nell’Università della sua città e alla New York Film Academy, afferma: “La Resistenza negli Appennini fa parte della mia formazione, è una sorta di eredità personale che mi porto dietro per ragioni familiari e che mi segna, come artista e come cittadino. La mia volontà è quella di iniziare, con Paura dell’Alba, un racconto diffuso sulla lotta di Liberazione, che si estenderà oltre i confini italiani, attraversando la Spagna, i Balcani e il Sud della Francia, ma a partire dalle storie che mi hanno accompagnato fin da piccolo”.
Figlio di partigiano, il coregista, Pier Giorgio Ardeni, è un economista, storico e scrittore, docente all’Università di Bologna. Tra i suoi lavori accademici, l’emigrazione tra Otto e Novecento dall’Appennino bolognese e modenese, la guerra e la Resistenza su quelle stesse montagne, con la raccolta di testimonianze e il lavoro d’archivio.
Le premesse per un’opera di spessore ci sono tutte, andiamola a vedere: ravviva la memoria di un periodo di tragici eventi ai quali presero parte valorosi che vi persero la vita, per conquistare e donare la libertà alle generazioni future.

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