Nella sua introduzione al libro (così come nella presentazione avvenuta a Parma, qualche giorno fa, davanti a un pubblico molto numeroso) Margherita Becchetti, storica della Resistenza, sostiene di non aver voluto scrivere un vero e proprio saggio di storia, con piglio e modalità accademiche. Il suo intento è quello di, piuttosto, di scrivere un libro per le giovani generazioni. Per le donne, e gli uomini che, per motivo anagrafici non hanno conosciuto non solo la Resistenza, oramai lontanissima nel tempo, ma nemmeno le rivolte del ’68, il risveglio femminista. La stessa autrice, cinquantenne, non ha conosciuto lei stessa l’Italia del 1974, che, sorprendendo i commentatori e gli analisti più accreditati, imponeva nelle urne il mantenimento della legge sul divorzio.
Il suo intento è perfettamente riuscito, Non per bellezza. Donne (e uomini) nella lotta partigiana. Monte Università Parma, 190 pagg, prezzo di copertina 12 Euro è un ritratto vivacissimo e pieno d’interesse di un momento storico che un giovane di oggi potrebbe fare molta fatica a capire. La guerra di liberazione si svolse in un paese ancora intriso di vecchi schemi e pregiudizi, un paese in cui le donne erano ancora, nel migliore dei casi, gli angeli del focolare. Con grande maestria letteraria, la Becchetti, incrocia i racconti e le testimonianze di donne, combattenti, staffette, operatrici delle retrovie (lavoro che non ebbe mai, dopo la liberazione il riconoscimento meritato). Ne racconta i non facili rapporti con le famiglie d’origine, anche antifasciste; la donna non doveva mai allontanarsi da casa e non doveva suscitare l’eccessiva attenzione degli altri. Ne spiega il difficile rapporto con l’uso delle armi e con la possibilità di infliggere violenza e morte all’avversario. Spiega, con numerosi episodi, la diffidenza sessista con cui fu valutato il loro lavoro dalle organizzazioni resistenziali e in quelle più propriamente politiche che ne presero il posto a guerra finita Narra il dramma dello stupro, che segnò le vite di molte fino alla loro fine. Parla della delusione del ritorno a casa, della fine di quello che per loro era stato anche un meraviglioso sogno di libertà e trasgressione. La bravura delle Becchetti permette di leggere il libro di un fiato, offrendo al lettore una prosa piacevole, pur senza perdere il senso di drammaticità dell’epoca. Non Per Bellezza si potrebbe anche definire anche un’ottima non fiction collettiva, corredata da utili schede riassuntive e da opportune sottolineature read Nella sua introduzione al libro (così come ha fatto nella presentazione avvenuta a Parma, qualche giorno fa, davanti a un pubblico molto numeroso) Margherita Becchetti sostiene di non aver voluto scrivere un vero e proprio saggio di storia, con piglio e modalità accademiche. Il suo intento è quello di, piuttosto, di scrivere un libro per le giovani generazioni. Per le donne, e gli uomini che, per motivo anagrafici non hanno conosciuto non solo la Resistenza, oramai lontanissima nel tempo, ma nemmeno le rivolte del ’68, il risveglio femminista. La stessa autrice, cinquantenne, non ha conosciuto lei stessa l’Italia del 1974, che, sorprendendo i commentatori e gli analisti più accreditati, imponeva nelle urne il mantenimento della legge sul divorzio.
Il suo intento è perfettamente riuscito, Non per bellezza. Donne (e uomini) nella lotta partigiana. Monte Università Parma, 190 pagg, prezzo di copertina 12 Euro è un ritratto vivacissimo e pieno d’interesse di un momento storico che un giovane di oggi potrebbe fare molta fatica a capire. La guerra di liberazione si svolse in un paese ancora intriso di vecchi schemi e pregiudizi, un paese in cui le donne erano ancora, nel migliore dei casi, gli angeli del focolare. Con grande maestria letteraria, la Becchetti, incrocia i racconti e le testimonianze di donne, combattenti, staffette, operatrici delle retrovie (lavoro che non ebbe mai, dopo la liberazione il riconoscimento meritato). Ne racconta i non facili rapporti con le famiglie d’origine, anche antifasciste; la donna non doveva mai allontanarsi da casa e non doveva suscitare l’eccessiva attenzione degli altri. Ne racconta il difficile rapporto con l’uso delle armi e con la possibilità di infliggere violenza e morte all’avversario. Spiega, con numerosi episodi, la diffidenza sessista con cui fu valutato il loro lavoro dalle organizzazioni resistenziali e in quelle più propriamente politiche che ne presero il posto a guerra finita Narra il dramma dello stupro, che segnò le vite di molte fino alla loro fine. Parla della delusione del ritorno a casa, della fine di quello che per loro era stato anche un meraviglioso sogno di libertà e trasgressione. La bravura delle Becchetti permette di leggere il libro di un fiato, offrendo al lettore una prosa piacevole, pur senza perdere il senso di drammaticità dell’epoca. Non Per Bellezza si potrebbe anche definire anche un’ottima non fiction collettiva, corredata da utili schede riassuntive e sottolineature redazionali
Il libro è attraversato da una domanda non di non semplice risposta. Se le donne hanno tanto dato alla Resistenza (gli indispensabili lavori di cura e di rifornimento erano prevalentemente femminili), cosa ne hanno ricevuto, a parte il voto? Poco, risponde correttamente l’autrice. Anche senza parlare del divorzio l’Italia aspettò trent’anni per avere una legge sul Diritto di Famiglia. L’agognata emancipazione, se mai si possa dire che sia stata raggiunta, non cominciò con la lotta partigiana. Lo spazio di un articolo è breve e le domande poste dall’autrice sono tante. Spero non sia fuori luogo, per chiudere la presentazione di questo ottimo libro, una citazione di Caetano Veloso, grande cantautore e fine intellettuale brasiliano che scrisse, nella sua autobiografia, parlando del suo impegno politico (che gli valse la prigione e l’esilio):
“Non avevamo raggiunto il socialismo, non avevamo nemmeno trovato la faccia umana del socialismo esistente; tantomeno eravamo entrati nell’era dell’Acquario o nel regno dello Spirito Santo; non avevamo superato l’Occidente, non avevamo estirpato il razzismo e non avevamo abolito l’ipocrisia sessuale. Ma le cose non sarebbero mai più tornate come prima.”