Flavia Mastrella con "La Legge" racconta una dittatura invisibile
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Flavia Mastrella con "La Legge" racconta una dittatura invisibile

Il film è ora su OpenDDB. Una riflessione radicale su individualismo, potere, Costituzione e l’arte come resistenza, tra cellulari e AI

Flavia Mastrella - La Legge - film - intervista di Alessia de Antoniis
Flavia Mastrella - La Legge
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12 Aprile 2025 - 18.22


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di Alessia de Antoniis

Durante la mia vita nomade ho incontrato tantissime persone operose che non hanno abbassato la testa; persone creative e culturalmente evolute, custodi di un modo di vivere positivo e denso di valori. Queste parole racchiudono lo spirito alla base del film di Flavia Mastrella La Legge, ora disponibile sulla piattaforma OpenDDB.

L’abbiamo raggiunta poco prima dell’inaugurazione della sua nuova mostra personale Il deserto che mi circonda, ospitata negli spazi di Pramantha Arte, a Conflenti (CZ).

Una mostra di fotografie, video-installazioni, polittici che costruiscono una narrazione per immagini che non racconta, ma interroga. In primo piano, animali trattenuti da corde, simboli della libertà inceppata e della verità piegata. Flavia li osserva con lo sguardo di chi non cerca una via d’uscita, ma un punto da cui ricominciare a pensare. “La realtà non è mai uniforme, scombina sempre i programmi prestabiliti e nutre in modo imprevedibile la funzione della fantasia”, afferma.

Nel cuore del percorso, la video-installazione Ecodogmatismo I, “una video installazione immersiva che è un polittico che parla di natura sintetica, natura naturale e la donna: gli esseri più rovinati dall’inquinamento e da certe opinioni. Quindi un inquinamento sia ambientale che culturale e ideologico” – conclude Flavia

Da questa stessa urgenza nasce anche il suo ultimo lavoro cinematografico, La Legge, ora disponibile sulla piattaforma OpenDDB: un film corale e politico, che dà voce a 190 persone per restituire, attraverso la lettura collettiva della Costituzione, un’immagine molteplice e dissonante del nostro presente. Un film girato con i cellulari: “Penso che ogni mezzo possa essere usato per creare. Non metto mai limiti alla mia fantasia per mancanza di mezzi: questa è proprio una legge mia personale. Ognuno fa con quello che ha. È il segreto per continuare a creare senza aspettare il momento perfetto — che non arriva mai. Se aspetti il mezzo giusto, diventi vecchio e poi non fai più nulla. Il cellulare non è stato un ripiego, anzi. È stato parte della forma. Lì dentro c’è tutto: l’isolamento, l’algoritmo, la necessità, ma anche la possibilità di connessione”.

Chiacchierare con Flavia è sempre un modo per vedere il mondo da un angolazione che è accanto a te, ma che per qualche strano motivo avevi evitato.

Come mezzo, va bene anche l’intelligenza artificiale?

Sì, certo… che poi intelligenza artificiale è il nome sbagliato, perché è un calcolatore di dati. L’intelligenza non può essere artificiale, la nozione sì. Se non dai un input, l’AI non crea un bel niente. Ma c’è chi vuole farci credere cose eccessive, come in tutte le dittature. Quella di adesso è una dittatura audiovisiva. Prendi il nazismo, per esempio: era vero che esistono uomini superiori e uomini inferiori? No, sono tutti uguali. Ma con quella fesseria hanno manipolato la popolazione, e la popolazione si è lasciata manipolare per la paura. Perché alla fine, c’è sempre una paura inconscia del potere. È per quello che ho fatto La Legge. Che è quel qualcosa che dovrebbe stare al di sopra della volontà umana.

Come hai usato l’AI?

In fase di montaggio abbiamo usato i mezzi dell’intelligenza artificiale per accorpare le voci senza fargli perdere la vocalità, l’intonazione. Questo film è un lavoro che usa tutti i mezzi disponibili in questo momento. Con Barbara Faonio al montaggio acrobatico e Stefano Falcone al mix audio, abbiamo lavorato sul suono e sul ritmo, riducendolo il più possibile.

Perché hai deciso di usare animali per comunicare?

I social sono pieni di gattini che fanno i cretini. Ho pensato: l’animale è il veicolo giusto per far passare un contenuto così ostico come la lettura integrale della Costituzione. Perché, diciamolo, è pesante. Ma se la fanno gli animali con la voce del padrone… cambia tutto. Gli animali siamo noi. I padroni sono il potere. Ogni padrone ha un potere sull’animale. E noi esseri umani facciamo capo a un potere centrale che ci condiziona. Il problema oggi è che il potere è talmente aleatorio che non sai nemmeno con chi prendertela. È questo il punto.

Ma cosa ti ha spinto, davvero, a fare questo film?

Durante il Covid mi sono sentita violentata. Mi sono chiesta: ma quello che stanno facendo è costituzionale? Ho dato un’occhiata alla Costituzione e ho visto che ognuno è libero di morire come gli pare. Ho pensato che, se qualcuno se la fosse letta, magari avrebbe capito qualcosa in più.

Poi è arrivata la rabbia. Un senso fortissimo di solitudine. Ci stavano imponendo un individualismo estremo, ancora più violento dell’individualismo classico: è protagonismo che porta alla follia. Allora mi sono detta: almeno sfoghiamola, questa rabbia. E ho messo in scena la Costituzione.

Come hai deciso la distribuzione degli articoli?

Non ho scelto io. L’avrei reso monotematico, mio. Invece volevo fosse democratico. Ho fatto scegliere le persone. Ho chiamato tantissime persone che conosco e che fanno i mestieri più disparati. Ho mandato loro un foglio con le indicazioni: fare la lettura in presa diretta, separare voce e video, provare con un animale accanto… È stato bellissimo. Mille telefonate, scambi, domande sugli articoli. Alcuni si sono riletti la Costituzione per capirla meglio. Era un momento in cui eravamo tutti soli, eppure, attraverso il telefono, siamo riusciti a costruire una comunità.

Sembra un classico film da festival…

Non mi ha preso nessuno. Lo hanno trovato ridicolo. Si sono fermati alla forma. Ma non importa. Piace molto alle persone semplici e agli intellettuali. Non piace ai critici, che si bloccano sui mezzi usati. Ma va bene così.

La distribuzione su OpenDDB è una scelta politica?

Sì, e meno male che esistono piattaforme così. Sfuggono alla censura, e per questo sono difficili da trovare. Ma oggi è difficile anche sapere cosa danno a teatro e, se non sei in un sistema schedato, — le chiamano “newsletter”, ma è schedatura — non sai nulla. OpenDDB mi piace perché dà spazio ai film che soffrono la censura invisibile: quella che ti oscura. Ormai non hai più neanche bisogno di autocensurarti: ti rendono invisibile. E allora scompari. Viviamo in una falsa libertà.

Hai provato a portarlo nelle scuole?

Sì, e ci va molto bene. Lo do anche gratis. I ragazzi reagiscono bene. Il problema è che i gestori delle sale non credono a un film simile, è troppo estremo per loro. Ma se lo facesse un regista americano famoso, tipo Michael Moore, allora diventerebbe geniale.

E le reazioni più inattese?

A Torino, al Cinema Massimo, c’erano pochissimi spettatori. Ma uno di loro, un professore di scienze della comunicazione, alla fine si è alzato e ha detto che era un’operazione eccezionale perché ribaltava tutte le dinamiche della comunicazione imposta. Mi ha emozionata moltissimo.

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