di Alessia de Antoniis
Cortinametraggio 2025 è stato il palcoscenico per un incontro illuminante con Alessandro Parrello, regista e produttore visionario, che ha presentato il suo ultimo cortometraggio, Gli eroi vestiti di bianco, dedicato alla Capitaneria di Porto – Guardia Costiera. La sua esperienza e le sue riflessioni sul futuro del cinema, in particolare sull’uso della realtà virtuale (VR), offrono uno sguardo approfondito sulle sfide e le opportunità del settore.
“Gli eroi vestiti di bianco”: un cortometraggio emozionante
Lo short movie è nato da una collaborazione tra Cortinametraggio e Capitanerie di Porto – Guardia Costiera in occasione del Centosessantesimo anno dalla fondazione del Corpo, che ricorre nel 2025. “È nato l’anno scorso, mentre ero in concorso a Cortinametraggio con un altro progetto, Lo zio di Venezia, con Giorgio Tirabassi” – racconta Parrello – Cercavano chi realizzasse un video per la Guardia Costiera. La sfida era trovare una chiave tra il progetto istituzionale e una narrazione emotiva con personaggi reali e una storia credibile. Ho deciso di raccontare chi sono queste persone dietro la divisa: esseri umani come noi, con figli, mogli, giorni di lavoro lontani da casa. Le persone si sono commosse e questo vuol dire che il messaggio è arrivato. Li ringrazio per la fiducia che mi hanno dato.
Salire su una portaerei è stata un’esperienza meravigliosa! Ho avuto a disposizione strumenti che un regista normalmente non ha: elicotteri, navi, moto vedette. Mi hanno anche dato l’onorificenza di membro onorario della nave.
Quello dei corti è un linguaggio. Cos’è per te un cortometraggio? Qual è la difficoltà maggiore nel girarne uno?
Ho fatto tanti corti, ma li ho sempre trattati come film, con il rispetto di una storia che dura meno, magari 15 minuti invece di 90. L’errore che spesso si commette è non pensare a come arriva al pubblico. Spesso si vedono corti che non hanno un’apertura, non puntano sulla spettacolarizzazione, che invece secondo me è fondamentale. Il pubblico deve essere agganciato nei primi 30 secondi e accompagnato fino alla fine. Il cortometraggio è uno strumento straordinario: non annoia, si guarda ovunque ed è efficace. Il cinema è nato con i cortometraggi con i fratelli Lumière.
Abbiamo recuperato il gap con l’estero?
Sì. Il livello dei corti italiani è cresciuto molto, anche grazie a produzioni con un alto production value. Oggi si vedono corti straordinari. E Cortinametraggio lo dimostra. È un festival che ha lanciato molti registi. Io stesso ne ho beneficiato, perché il cortometraggio ha rappresentato una tappa fondamentale della mia carriera. Almeno tre mie opere sono passate da qui, hanno vinto dei premi e sono state poi lanciate in tanti festival.
Nell’era dei device, il corto deve necessariamente passare sul grande schermo?
Ti voglio rispondere con una citazione di Marcello Mastroianni, che adoro. Almeno 40 anni fa disse: noi siamo attori, registi, vogliamo raccontare storie; potete proiettarci al cinema, a casa, sul televisore, sul telefonino in questo caso, proiettateci dove vi pare, ma fateci veicolare le storie. Quello che ci interessa è che le storie vengano viste. Se oggi, nel 2025, lo smartphone è il primo device di fruizione, ben venga come mezzo per vedere i corti. Io poi sono il primo a dirti che, dopo aver visto qui per la prima volta Gli eroi vestiti di bianco sul grande schermo, è stato straordinario. Però, nel caso dei corti, se col cinema fai 10 e con lo smartphone fai un milione, la risposta te la dai da sola…
Sei il fondatore della casa di produzione West 46th Films, specializzata in realtà virtuale e 3D. Hai mai pensato di realizzare il corto della Capitaneria di Porto con la realtà virtuale?
Sì, l’ho proposto, ma non c’erano le condizioni. Sono stato tra i pionieri della realtà virtuale in Italia, applicandola per primo ai beni culturali. Ho realizzato il primo video in VR per il Museo Ara Pacis. Ritengo che questa tecnologia abbia un grande potenziale.
Il cortometraggio ‘Nicola Tesla’, l’ho girato sia in versione cinematografica – premiata a Cortina e acquisita dalla RAI – sia in VR – esposta al Museo del Cinema di Torino. Pensa alle potenzialità della VR per immergere lo spettatore in esperienze come essere a bordo di un elicottero o assistere a eventi storici… L’effetto ‘wow’ della VR è innegabile. Il mio obiettivo è poter esplorare ulteriormente queste possibilità.
Da regista a produttore in un settore altamente tecnologico: come nasce West 46th Films?
La West 46th Films, è nata da una combinazione di incoscienza e desiderio di creare opportunità. Ho vissuto sei anni negli Stati Uniti, dove ho imparato l’importanza di rischiare e inseguire i propri sogni. Le competenze le ho acquisite sul campo, da autodidatta, parlando con esperti e assorbendo informazioni come una spugna.
Qual è la sfida della VR in Italia?
Servono competenze e il mercato è ancora limitato. Per Tesla ho sviluppato un sistema di ripresa VR innovativo, un casco con dieci microcamere che, tramite un algoritmo, creano immagini soggettive. Questo permette allo spettatore di ‘essere’ il personaggio, senza uscire dal campo visivo, vivendo l’interazione in modo immersivo.
Questa tecnologia ha un grande impatto, ma è frutto di un anno di lavoro intenso e costoso. Nonostante il potenziale, è difficile il ritorno economico sull’investimento, a meno che non trovi il giusto sponsor. Questo è il principale ostacolo alla sua diffusione.
La VR potrebbe trovare spazio nel mercato dei cortometraggi branded content?
Le aziende, con i loro budget per la comunicazione, potrebbero essere più aperte a investire in questa tecnologia. Sto lavorando per far conoscere la VR alle aziende, anche se non è semplice. Ho sperimentato la VR in contesti diversi, come un intervento chirurgico al Policlinico Gemelli. L’effetto immersivo ha stupito i chirurghi, dimostrando il potenziale della tecnologia. Quando presento la VR, l’effetto “wow” è immediato.
Credo che per avere successo sia necessario rischiare e avere una visione chiara. Se non ci si assume rischi, si rimane fermi. Il mercato della VR in Italia non è ancora esploso come previsto, a causa della difficoltà a trovare un equilibrio tra costi di produzione e ritorno economico.
La mia esperienza con i musei è stata diversa, grazie ai budget disponibili. Ho avuto l’intuizione di proporre la VR per le ricostruzioni storiche, un terreno fertile per questa tecnologia e tantissimi giovani sono rimasti affascinati dal mondo dell’arte.
Le istituzioni investono in queste tecnologie?
Purtroppo no. I privati sono più aperti all’innovazione rispetto alle istituzioni, che spesso rallentano tutto.
Sei un produttore indipendente, quelli che la revisione del tax credit voleva tutelare. In realtà l’audiovisivo è fermo. Qual è la situazione reale?
Abbiamo subito le conseguenze dell’incertezza legata ai contributi e al tax credit. Nonostante i progetti realizzati e i bandi vinti, la difficoltà nel monetizzare i crediti d’imposta ci ha costretti, come molte piccole produzioni, a fermarci. L’anticipo del 40% richiesto per il tax credit e l’incertezza sui tempi di recupero mettono a dura prova i produttori.
Il tax credit è stato fondamentale per far emergere talenti, come nel caso del mio cortometraggio ‘Nicola Tesla’. Nonostante ciò, il sistema cinematografico italiano fatica a sostenere le produzioni indipendenti. Per sopravvivere, è necessario integrare i finanziamenti pubblici con sponsorizzazioni private, valorizzando la storia e il prodotto. La distribuzione, dominata dai grandi distributori, limita ulteriormente le opportunità per i produttori indipendenti.
Il cinema italiano ha bisogno di sostenere i talenti emergenti, che spesso nascono dai cortometraggi. Questi ultimi, però, richiedono investimenti e strumenti finanziari adeguati. Il settore cinematografico è un’azienda che genera un indotto significativo. Ogni opera coinvolge decine di professionisti, creando lavoro e ricchezza. Lo Stato dovrebbe investire nella cultura, riconoscendo il suo valore economico e sociale.
Qual è la situazione della distribuzione?
La distribuzione, dominata dai grandi distributori, limita le opportunità per i talenti locali. Serve un maggiore sostegno da parte dello Stato, riconoscendo il valore economico e sociale del settore cinematografico.
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