di Maria Antonietta Coccanari
Dal romanzo omonimo (Premio Campiello 2018) di Rosella Postorino questo film di Silvio Soldini ambientato nella Prussia hitleriana da novembre 1943 a novembre 1944.
Esistevano le assaggiatrici in tempo di guerra, quelle donne affamate che accettavano il mestiere di mangiare squisitezze per saggiare, nel quartier generale nazista “Tana del lupo”, che non fossero avvelenati i cibi destinati al Fuhrer vegetariano, sentimentale adoratore della magia, degli animali, e “delle cavie”….
C’è un rischio di morte a ogni pasto. Una paura implacabile, un’etica brutalizzata ogni momento dalla necessità. Storie vere, portate alla luce solo da poco tempo, con la testimonianza dell’ultima sopravvissuta che ha ispirato queste finzioni.
La protagonista è Rosa, la berlinese. Ha la sua storia di giovane moglie di un uomo dichiarato disperso in Russia. Gli scrive comunque ancora lettere romantiche mentre è esposta a nuovi fermenti, alla caducità dell’amore come gancio illusorio contro il sangue.
Attorno a Rosa, attorno a un tavolo, come in gabbia, altre assaggiatrici, altre donne con una vita familiare fatta di lutti, mancanze, attese, inganni, devastazioni, segreti. Attorno a loro i soldati tedeschi, con i loro fucili puntati, duri, crudeli, o induriti e incattiviti, se vediamo i loro conflitti, gli incubi, i flash back della morte, dell’assurdità della guerra. Contro la quale l’opera si fa implacabile monito. “La guerra ci toglie tutto”. In un gomitolo di complicità, di errori, di dolori, di bugie, di contraddizioni difensive personali dentro le grandi colpe e menzogne collettive.
Un film cupo con un suo splendore, impreziosito dalla Musica solenne di Mauro Pagani. A tratti ricorda, magari in maniera meno violenta e disgustosa, ma non per questo meno angosciante, un certo taglio di SALO’. E’ un film storico, sicuramente, ma anche psicologico, intimità confidate tra gli interni coercitivi e la gentile natura che scandisce il Tempo maledetto negli alberi innevati e poi verdi e poi autunnali. Verità sostanziali dei coinvolti, affidate alla sceneggiatura asciutta (partecipa Cristina Comencini, in un primo tempo ipotizzata come regista) e a intensi primi piani con gli occhi celesti che parlano.
Ma soprattutto è filosofico: è un film sul Male, e sull’innocenza. “Perché, tu sei innocente?” chiede il tenente SS all’amante Rosa.
La risposta nell’ultimo fotogramma: fermo immagine come un quadro sacro pietoso, devastante, dalla lunga scia.
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