Il manifesto di Ventotene e l'ignoranza di Meloni: la fallacia della citazione fuori contesto e della falsa attribuzione
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Il manifesto di Ventotene e l'ignoranza di Meloni: la fallacia della citazione fuori contesto e della falsa attribuzione

Propaganda, mistificazione, maniopolazione. Il tutto condito da una ignoranza di base che rende impossibile una analisi e una contestualizzazione dei testi e, quindi, una seppur minima capacità di comprensione.

Il manifesto di Ventotene e l'ignoranza di Meloni: la fallacia della citazione fuori contesto e della falsa attribuzione
Altiero Spinelli
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Gianni Cipriani Modifica articolo

19 Marzo 2025 - 21.36


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Propaganda, mistificazione, maniopolazione. Il tutto condito da una ignoranza di base che rende impossibile una analisi e una contestualizzazione dei testi e, quindi, una seppur minima capacità di comprensione.

Giorgia Meloni ha provocatoriamente citato alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene per presentarlo come un testo che invocava una rivoluzione socialista o qualcosa di simile. Tuttavia, questa lettura è una manipolazione evidente che ignora il contesto storico, gli autori e il significato reale del documento. Il suo discorso rappresenta un classico esempio di fallacia della citazione fuori contesto (e altre fallacie) un errore metodologico grave che spesso caratterizza analisi storiche e politologiche di basso livello.

Una storia vecchia, ben nota a chi si occupa di propaganda e disinformazione. Del resto gia Artistotele nel ‘Sophistici Elenchi’ aveva fatto l’elenco delle fallacie, ossia dei trucchi e delle distorsioni per mistificare la realtà

Fallacia del contesto storico: ignorare l’epoca in cui il testo è stato scritto

Il Manifesto di Ventotene fu redatto nel 1941, mentre l’Europa era devastata dalla Seconda guerra mondiale, scatenata dai nazionalismi aggressivi. Gli autori – Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni – erano antifascisti convinti e il loro obiettivo era superare i nazionalismi che avevano condotto al disastro bellico. La loro idea era quella di un’Europa federale, in cui gli Stati non potessero più competere tra loro in modo distruttivo.

Meloni ignora completamente questo quadro e decontestualizza il testo per adattarlo alla sua narrativa sovranista. Tuttavia, sostenere o tentare di far credere che il Manifesto fosse un appello a una rivoluzione socialista significa travisarne il senso, perché il documento non era un manifesto marxista o comunista in senso lato, ma una proposta di superamento del modello statale ottocentesco attraverso una nuova architettura politica europea.

Fallacia dell’argomento selettivo: citare solo ciò che conviene

Nel suo discorso, Meloni ha estrapolato alcuni passaggi del Manifesto per rafforzare la sua tesi, ignorando elementi fondamentali che smentiscono la sua lettura. Tra questi anzitutto l’influenza di Luigi Einaudi, ossia uno dei riferimenti teorici del Manifesto, che era un liberale e federalista europeo. Einaudi credeva in un’Europa unita basata su istituzioni democratiche e su un mercato libero, concetti lontanissimi da qualsiasi rivoluzione socialista. Non ha ricordato che Ernesto Rossi, uno degli autori, era un liberista convinto, critico nei confronti dell’intervento statale nell’economia. E infine ha ignorato che il Manifesto non era un programma economico, ma un progetto politico per un’Europa federale, che superasse i nazionalismi e le dittature, con una democrazia forte e istituzioni sovranazionali.

Meloni ha quindi selezionato arbitrariamente frasi per distorcerne il significato complessivo, commettendo la fallacia dell’argomento selettivo (detta in inglese cherry picking), tipica di chi vuole dimostrare una tesi preconcetta a tutti i costi.

Fallacia della falsa attribuzione: confondere il socialismo con il federalismo e il liberalismo

Meloni ha fatto passare il Manifesto di Ventotene come un testo rivoluzionario socialista. Questo è un errore palese: il Manifesto parlava di una nuova organizzazione politica dell’Europa, non di una rivoluzione di classe. Spinelli e Rossi criticavano i vecchi schemi dello Stato-nazione, ma non erano marxisti né rivoluzionari in senso classico.

Inoltre, il concetto di “rivoluzione” usato nel Manifesto non aveva nulla a che fare con un’insurrezione socialista o rivoluzione di stampo bolscevico: significava piuttosto un cambiamento radicale del sistema politico per evitare il ripetersi delle guerre nazionaliste. Confondere federalismo europeo, liberalismo con socialismo (al netto dell’impronta progressista) è un grave errore concettuale, indice di una lettura superficiale o volutamente scorretta che annulla una spiegazione ben più articolata.

Manipolazione e ignoranza storica

L’uso distorto del Manifesto di Ventotene da parte di Giorgia Meloni è un caso di falsificazione storico-politica basata su tre errori metodologici fondamentali: Il primoa è la “Fallacia del contesto storico” per la quale si ignora il momento in cui il Manifesto fu scritto e le sue motivazioni reali. La seconda è la “Fallacia dell’argomento selettivo“, ossia citare solo le parti che le fanno comodo, ignorando il resto. L’ultima è la Fallacia della falsa attribuzione, confonde concetti diversi (liberalismo, federalismo e socialismo) per annularne la complessità ma piegare il Manifesto alla sua narrazione.

Questa manipolazione è tipica di una certa retorica politica che utilizza la storia non per comprenderla, ma per riscriverla in funzione delle proprie convenienze. Tuttavia, il Manifesto di Ventotene resta quello che è sempre stato: uno dei documenti fondativi dell’idea di un’Europa unita, nata proprio per contrastare le ideologie nazionaliste da cui Meloni continua a trarre ispirazione. Il resto è propaganda e disinformazione. La storia ne è piena ma per fortuna esistono gli strumenti e le categorie interpretative per smascherarla.

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