Caravaggio rockstar tra Cristo, cortigiane, confronti inediti e attribuzioni alla prova
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Caravaggio rockstar tra Cristo, cortigiane, confronti inediti e attribuzioni alla prova

Ecco cosa racconta la mostra a Palazzo Barberini a Roma. C’è l’ “Ecce Homo” scoperto a Madrid nel 2021 e attribuito al Merisi: al cinema un documentario sull’incredibile ritrovamento

Caravaggio rockstar tra Cristo, cortigiane, confronti inediti e attribuzioni alla prova
I ritratti della cortigiana Fillide Melandroni in tre dipinti a “Caravaggio 2025”. A sinistra “Santa Caterina d’Alessandria” del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid; al centro “Giuditta e Oloferne” di Palazzo Barberini, Roma; a destra “Marta e Maddalena” del Detroit Institute of Art. Foto Stefano Miliani
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Stefano Miliani Modifica articolo

8 Marzo 2025 - 10.10 Giornale dello Spettacolo


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Come il tour di una popstar planetaria quale Taylor Swift o di un rocker tipo Bruce Springsteen, si intitola “Caravaggio 2025” la mostra aperta da venerdì 7 marzo al 6 luglio alle Gallerie nazionali di arte antica a Palazzo Barberini a Roma: il titolo è esplicito, esalta l’incarnazione da star della nostra epoca del pittore vissuto pericolosamente dal 1571 al 1610. La vita errabonda con l’omicidio di un rivale in combattimento ne hanno infatti acceso il presunto carattere da “maledetto” che tanto piace. Il che non toglie che Michelangelo Merisi abbia sfoderato una pittura drammatica e intensa in sintonia con le inquietudini popolari di fine ‘900 e inizi del XXI secolo.

Il profondo rosso e il bianco abbacinante delle vesti, la drammaticità teatrale delle sue scene scorrono in numerosi dei 24 dipinti. Alla popolarità estrema con gli incassi sicuri (e spese di assicurazione strabilianti) si accompagna un impianto scientifico con raffronti e prestiti per lungo tempo difficilmente ripetibili. Su tutti l’ Ecce Homo” scoperto a Madrid nel 2021 viene sempre attorniato da un drappello di visitatori.

Caravaggio, Ecce Homo, 1606-1609. Madrid, Collezione Privata. Crediti fotografici: Icon Trust. A “Caravaggio 2025”

Tre sono i curatori: Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese (il museo collabora alla mostra), la professoressa all’università Roma3 e specialista del Seicento Maria Cristina Terzaghi, il direttore del museo Thomas Clement Salomon. Il percorso è cronologico, “tradizionale” s’è detto in conferenza stampa, in quattro sezioni distribuite in cinque sale. La rassegna è organizzata per il 2025 anno del Giubileo.

I curatori Maria Cristina Terzaghi, Thomas Clement Salomon e Francesca Cappelletti alla conferenza stampa della mostra “Caravaggio 2025” a Palazzo Barberini a Roma. Foto Stefano Miliani

I tre ritratti della cortigiana senese. Soffermatevi un momento, se volete, sulla foto di apertura: accosta tre volti da altrettanti dipinti accostati nella medesima sala con la cortigiana senese Fillide Melandroni nel ruolo di modella e protagonista, a quanto sappiamo oggi. A sinistra è “Santa Caterina d’Alessandria” e arriva dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid; al centro è Giuditta mentre sgozza Oloferne, spostata di poche sale essendo di Palazzo Barberini; a destra la donna è Maddalena nel suo incontro con Marta ed è volata a Roma dal Detroit Institute of Art negli Stati Uniti. Si potrebbero guardare per ore. Altri raffronti riguardano due ritratti in mano privata di Maffeo Barberini di cui uno in prestito da qualche tempo al museo romano stesso. Oppure, altro caso, un San Giovanni Battista dalla Galleria Corsini (fa parte delle Gallerie nazionali insieme a Barberini) si avvicina a un altro San Giovanni Battista prestato da Kansas.

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Caravaggio, Marta e Maria Maddalena, 1598. Detroit (Usa), Detroit Institute of Art. Foto: Detroit Institute of Arts, Usa / Foto ©Detroit Institute of Arts/ Bridgeman Images. A “Caravaggio 2025”

Incontri ravvicinati. Ordunque: con “Caravaggio 2025” il trio Cappelletti-Salomon-Terzaghi impagina raffronti illuminanti per noi profani, sul chiaroscuro di Caravaggio che, scrisse il narratore e critico John Berger nei suoi umanissimi “Ritratti” di artisti, “rivela violenza, sofferenza, desiderio, mortalità”, la cui oscurità “profuma di candele e panni bagnati”. In altre parole: la mostra vuole anche stimolare un dibattito scientifico. Per citare un elemento: le datazioni non assodate saranno discusse. Il catalogo pubblicato da Marsilio Arte vuole essere un’autentica monografia e fare il punto sugli studi.

Caravaggio, La cattura di Cristo, 1602. Dublino, National Gallery of Ireland. Foto Photo ©Fine Art Images/Bridgeman. A “Caravaggio 2025”

Oltre a prestiti come il “Ragazzo che monda un frutto” dei reali inglesi di re Carlo o i “Bari” dal Kimbell Art Museum di Fort Worth, Texas, tornati in Italia dopo una mostra a Firenze e Roma del 1991 e 1992 curata da Mina Gregori e una alle Scuderie del Quirinale nel 2010 curata da Claudio Strinati, il pezzo più appetitoso è l’ “Ecce Homo” madrileno. Era in una casa privata, stava per andare all’asta per 1500 euro come scuola di Ribera, quando storici dell’arte e mercanti attraverso messaggi su Whatsapp fiutarono la pista: quel mondo andò in subbuglio e un documentario, di cui vi diciamo sotto, racconta una vicenda al limite dell’incredibile.

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L’Ecce Homo di Madrid inquadrato da un telefono nella mostra “Caravaggio 2025” a Palazzo Barberini. Foto Stefano Miliani

Per l’“Ecce Homo la datazione oscilla tra il 1606-7 nel primo periodo napoletano del Caravaggio e l’ultimo, il 1609-10, prima del viaggio in mare fino a Porto Sant’Ercole in Maremma dove troverà la morte, forse per febbre. Confrontarlo con dipinti acclarati significa sottoporre alla comunità scientifica italiana il quadro tornato in Italia dopo quattro secoli. C’è chi dubita, ad esempio, che Cristo, tra un Pilato barbuto e un ragazzo che pare emerga dai fondi napoletani, sia tutto o in parte di Caravaggio. Acquistato da un britannico che non potrà esportarlo perché vincolato dallo Stato spagnolo, si vocifera per una cifra intorno ai 36-40 milioni, quel contrasto tra una notte profonda e il corpo luminoso e dolente affronta una verifica pubblica. Va ammesso che, vedendo il quadro madrileno, perde forza la già discussa paternità caravaggesca di un Ecce Homo” a Genova.

Caravaggio, Ritratto di Maffeo Barberini, ca 1599. Firenze, Collezione privata. A “Caravaggio 2025”

Prima di aprire la mostra ha già contato 60mila prenotazioni. In concomitanza con “Caravaggio 2025” e in modi che saranno annunciati nel sito aprirà il Casino dell’Aurora a Villa Ludovisi a Porta Pinciana, con l’unico dipinto murale dell’artista milanese eseguito intorno al 1597. La qual notizia consente di ricordare altri Caravaggio a Roma: la Galleria Borghese  ne ha tre oltre ai tre prestati a Palazzo Barberini; tre sono nella chiesa di Santa Maria dei Francesi, due in Santa Maria del Popolo tra cui una “Conversione di San Paolo” più asciutta, intensa, di quella in mostra; infine una “Madonna di Loreto” è in Sant’Agostino.

Info utili. Biglietto intero a 18 euro, integrato con il museo 25 euro. Palazzo Barberini è in via delle Quattro Fontane 13, la mostra ha il supporto del Ministero della cultura, partner principale Intesa Sanpaolo, sponsor Coopculture. Il sito del museo è https://barberinicorsini.org/ ; per la mostra https://caravaggio2025.barberinicorsini.org/

A sinistra: Caravaggio, San Giovanni Battista, 1604-1606 (particolare). Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica – Galleria Corsini (MiC). Bibliotheca Hertziana, Istituto Max Planck / Enrico Fontolan. A destra: San Giovanni Battista, 1604. Kansas City (Usa), The Nelson Atkins Museum. Image courtesy of Nelson-Atkins Digital Production & Preservation. A “Caravaggio 2025”

Il documentario di Àlvaro Longoria “Il Caravaggio perduto” sulla scoperta dell’ “Ecce Homo. Impostato come una sorta di thriller fin dalla scena iniziale con una storica dell’arte che cammina la sera in un viale, riceve una telefonata e chiede a chi chiama se ha ricevuto, come lei, quella foto. La foto ha girato freneticamente su Whatsapp tra mercanti e storici dell’arte quando più d’una e uno ha iniziato a pensare a Michelangelo Merisi per quel quadro attribuito alla scuola del pittore Ribera.

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Fotogramma dal documentario di Àlvaro Longoria “Il Caravaggio perduto” con il dipinto “Ecce Homo” esposto per un momento all’aperto a storici e mercanti d’arte. Fonte Fandango – ufficio stampa Lara Facco P&C

Con riprese tra Spagna, Londra, Roma, Napoli, Firenze, Genova, in 78 minuti il film inquadra la tensione tra i mercanti in gara per avere l’incarico di gestire la vendita dalla proprietà, una semplice famiglia madrilena travolta dalla pressione mediatica e dagli appostamenti dei giornalisti. Longoria e il suo staff con un montaggio riuscito raccontano i tentativi di manovre (legittime) dei mercanti che qualcuno nel film definisce “squali”. Fa da Cicerone il mercante Jorge Coll che, con due soci alleati, ha ottenuto l’incarico di trattare la vendita ipotizzata sui 3-400 milioni di euro o più sul mercato internazionale e poi drasticamente ridotta per il vincolo (giusto) apposto dallo Stato spagnolo. Il film inquadra anche il restauro compiuto dai fiorentini Andrea e Lorenzo Cipriani tuttavia, al riguardo, racconta davvero troppo poco su cosa abbia comportato l’intervento.

Veduta della mostra “Caravaggio 2025” a Palazzo Barberini. Foto Stefano Miliani

Il regista documenta il travaglio della famiglia, lo stordimento davanti alla possibilità di diventare ricchi. Maria Cristina Terzaghi, ben presente nel film, nell’incontro stampa al cinema Barberini (è poco sotto Palazzo Barberini) con sincerità dirà: “Non so chi è stato il primo (a ipotizzare l’attribuzione, ndr), so che per prima ho preso l’aereo sfidando il lockdown”. Era l’aprile 2021. “Il dipinto era sotto gli occhi di tutti e questo fa la differenza”. Vero: per tre mesi era stato esposto in vetrina senza essere notato.

Caravaggio, Ragazzo che monda un frutto, 1592-1593. Londra, The Royal Collection Trust  (Hampton Court Palace). Foto ©Royal Collection Enterprises Limited 2025 | Royal Collection Trust. A “Caravaggio 2025”

Con onestà Longoria riporta i dubbi sull’attribuire a Caravaggio l’intero quadro dell’ex soprintendente napoletano Nicola Spinosa. “La storia dell’arte non è una scienza esatta ma una scienza e si può raggiungere la certezza su un’attribuzione quando nessuno obietta, il film indica un metodo”, riflette Terzaghi. Intanto, come riporta il documentario, le incisioni fatte con la punta del pennello rimandano alla tecnica del Merisi così come alcuni documenti sembrano suggerire che quella scena nel buio rischiarato da Cristo sia stata commissionata all’artista.

Il Caravaggio perduto” è prodotto Morena Films, Mediacrest ed Estrategia Audivisual, da Fandango che lo distribuisce in sala dal 10 al 12 marzo.

Veduta della mostra “Caravaggio 2025” a Palazzo Barberini. Foto Stefano Miliani

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