di Marialaura Baldino
All’inizio poteva sembrare un trio messo insieme da un generatore casuale di scelte di presenze televisive. Eppure, qualcosa si è mosso con Miriam Leone, Elettra Lamborghini e Katia Follesa, le tre co-conduttrici della terza serata della kermesse musicale.
Dai set cinematografici al palco dell’Ariston, Miriam Leone è la quota di raffinatezza che Carlo Conti teneva in sospeso – un po’ come il caffè – che però si è smorzata con l’abito rosso esagerato.
La regina del reggaeton italiano e dal cognome ridondante, Elettra Lamborghini, remixa sé stessa in una versione più pacata e con meno autotune, che convince e non convince, ma che le da almeno il coraggio di nominare gli innominabili sanremesi (Bugo e Morgan, n.d.r.). Si becca anche lei una ‘spinta’ alla Conti che, poco simpatico, le chiede di “mettere il turbo” nella presentazione del cantante di turno. Ma la sua verve da fuoriserie fa capolino verso fine serata, quando si presenta sul palco con un abito che originale è dire poco.
La Follesa non delude: frecciatine sui look costrittivi, battute sulla durata risicata del Festival e un ricordo dei bei tempi andati, quando nessuno aveva paura di perdere 5 minuti e i monologhi regnavano sovrani. È riuscita in un’impresa quasi epocale: spezzare un po’ la monotonia e trainare il carretto del 75esimo Festival, dando un po’ di brio all’invariabile rigidità di questo Sanremo. Simpatico il siparietto con Simon Le Bon, che realizza il sogno delle ragazze ’80 quando i Duran Duran erano ancora dei Wild Boys.
Il trio che, sulla carta, sembrava studiato per accontentare tutti, in realtà qualcosa ci ha regalato: un Festival che, almeno per una sera, ha provato a scrollarsi di dosso il peso della formalità. Non tutto è stato perfetto ma, in fondo, chi vuole l’improvvisazione quando si può andare a letto ad un orario decente?!
E pensare che l’anno scorso, nella terza serata, allo stesso orario, c’era John Travolta che ballava il Qua Qua.