di Alessia de Antoniis
“Vi siete mai chiesti quante volte al giorno dite grazie? Grazie per il sale, per la porta, per l’informazione. Grazie per il resto, per il pane, per il pacchetto di sigarette. Grazie di cortesia, quasi vuoti. Grazie a te. Grazie di tutto. Grazie infinite. Grazie mille. Grazie professionali: grazie per la sua risposta, il suo interessamento, la sua collaborazione. Vi siete mai chiesti quante volte nella vita avete detto grazie sul serio? Un vero grazie. A chi? All’insegnante che vi ha fatto amare i libri? Al ragazzo che è intervenuto il giorno in cui siete stati aggrediti per strada? Al medico che vi ha salvato la vita? Alla vita stessa?”
Si apre così Le Gratitudini, il romanzo luminoso e commovente di Delphine de Vigan. Un dirompente inno alla vita, dove quattro esistenze si intrecciano in un mirabile incrocio di sentimenti, passioni, rimpianti, ma dove tutto è ancora possibile. Basta volerlo, con caparbietà e decisione. E con un sorriso.
Paolo Triestino adatta per il teatro il romanzo di Delphine de Vigan e porta in scena – con Lucia Vasini, Lorenzo Lavia, Carmen Di Marzo, e Valentina Bartolo – Michka nel suo ultimo viaggio, determinata a dire grazie a tutti coloro che l’hanno aiutata, soprattutto a chi l’ha salvata, bambina, dallo sterminio nazista.
Nel cast Carmen Di Marzo, che abbiamo incontrato prima delle repliche in varie città della Sardegna.
Spesso diciamo grazie come forma di educazione. Qual è secondo lei la differenza tra grazie e gratitudine?
Sono due parole importanti che appartengono alla stessa famiglia, ma credo abbiano sfumature diverse. Grazie è sempre qualcosa di necessario, di connaturato, che però esterniamo sia nelle cose quotidiane che in quelle più profonde. E proprio perché è una parola ricorrente, spesso viene usata come una pura formalità, senza comprenderne davvero la potenza. La gratitudine è secondo me un sentimento di reale scambio fra persone, si serve della parola “Grazie” ma ci connette con la nostra coscienza. È un’energia che abbraccia, che ci fa bene. Ci permette di evolvere e di trasformare i sentimenti più ostici e bloccanti.
Persino gli animali conoscono la gratitudine, a maggior ragione dovrebbero conoscerla gli esseri umani. Michka, nella pièce, vorrebbe realizzare un ultimo desiderio: dire grazie a coloro che l’hanno accolta durante la Seconda Guerra Mondiale in Francia. Pensa che provare gratitudine potrebbe essere un antidoto alla marea nera che sta montando nel mondo?
Ne sono convinta. Se tutti ci “allenassimo” a praticarla, ci renderemmo conto che non si tratta di pura filosofia, ma di sciogliere le parti di noi più inquiete e competitive. Vivremmo in un mondo migliore se comprendessimo la circolarità della gratitudine.
La protagonista è una donna salvata durante la seconda guerra mondiale. La sua colpa: essere ebrea. Si è chiesta quanto sia rischiosa una simile operazione ora, dove non si distingue più ebreo e israeliano?
Non c’è nessun rischio perché lo spettacolo lascia sullo sfondo le vicende storiche per mantenere il focus sulle relazioni umane e sui grandi sentimenti. Il titolo dello spettacolo fa comprendere qual è il motore e su cosa il pubblico è chiamato a riflettere.
In pochi anni, e siamo nel 2025, un virus si è rimanifestato nel mondo occidentale. Cosa prova a prendere parte a questo spettacolo? Cosa ha pensato quando le è stato proposto il copione?
Provo un’immensa riconoscenza ed emozione, perché la gratitudine è un valore su cui si fonda la mia vita e quando il mio lavoro mi regala incontri così magici, riesci a convivere sempre meglio con le difficoltà e gli imprevisti. È uno spettacolo magnifico e ringrazio con tutto il cuore Paolo Triestino per avermi voluta.
A fine gennaio ha debuttato come protagonista di ‘Il Cuore Inverso’, con la regia di Paolo Vanacore. Lei è Lauretta, una giovane partigiana. Anche qui rastrellamenti nazisti e la guerra civile che ha lacerato l’Italia per ridarle la libertà. Quanto il teatro può impedire che la storia venga riscritta? Quanto può dare voce a chi si cerca di cancellare?
Per me è un dovere civico raccontare alcune realtà attraverso il teatro, perché non solo le attraversiamo, ma le consegniamo alle nuove generazioni. Questo è un punto fondamentale per poter attuare una trasformazione. Educare la società anche “grazie” all’arte non è consolatorio, ma un’azione potente che può stimolare sensibilità e istruzione.
Il testo affronta anche il tema della vecchiaia, della perdita di memoria. Da giovani non pensiamo spesso a questa fase inevitabile della vita. Cosa la spaventa della vecchiaia?
Personalmente ho un ottimo rapporto col tempo che passa. La consapevolezza si fa sempre più strada e migliora scelte e comportamenti. Mi auguro di vivere una vecchiaia serena, senza nessun rimpianto. Questa per me è la cosa che davvero conta.
La sfida maggiore che ha affrontato in questo lavoro?
Ogni volta che affronto un ruolo è una sfida. Sia sul palcoscenico che sul set. Sei sempre con te stessa ed è lì che comprendi che il vero percorso di crescita umana e professionale, passa solo attraverso gli spiragli che riesci a scorgere.
Il teatro è sempre politico. Quanto è urgente che torni ad essere anche sociale?
Per me il teatro è innanzitutto un atto sociale. Sia per il dono che fai al pubblico ogni sera e sia per i contenuti che puoi trasmettergli. In base ai temi affrontati le persone scelgono naturalmente da che parte stare. Le ideologie e i comportamenti subentrano dopo.
Prossimamente sarà nel cast della fiction Rai Roberta Valente notaio in Sorrento con la regia di Vincenzo Pirozzi. Che lavoro sarà?
È stata una bellissima esperienza. Vincenzo è un regista bravissimo e una persona sensibile. Credo sia un lavoro che può conciliare storie umane molto emozionanti e intrattenimento.
Cosa le è rimasto di Mare Fuori? Che esperienza è stata?
È stata una delle esperienze più belle che ho vissuto. Per gli incontri umani che ho fatto, per il modo di lavorare impegnativo e appassionante e per l’affetto del pubblico che ha amato e compreso il mio ruolo, seppur in un arco temporale contenuto. Lavorare in una serie di successo così collaudata ti fa sentire parte di una grande famiglia, anche se non hai conosciuto tutti i membri.
Per cosa prova gratitudine?
Per tutto. Faccio la vita che ho sempre desiderato, sono in salute, ho al mio fianco persone che credono in me e che mi vogliono bene. Tutto questo è tantissimo e non lo dimentico mai.
C’è qualcuno a cui vorrebbe o avrebbe voluto dire grazie?
I miei grazie li dico sempre tutti, proprio perché perseguo una vita senza rimpianti.
Prossime date
Oristano, Teatro Garau – 19 febbraio ore 20.30
Alghero, Teatro Civico – 20 febbraio ore 21
Olbia, CineTeatro – 21 febbraio ore 21
Tempio Pausania, Teatro del Carmine – 22 febbraio ore 21
San Gavino Monreale, Teatro Comunale – 23 febbraio ore 21
Carbonia, Teatro Centrale – 24 febbraio ore 20.30