Pietro Nenni e il delitto Matteotti: testimonianze dalla storia
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Pietro Nenni e il delitto Matteotti: testimonianze dalla storia

"L'assassinio di Matteotti. Dal j'accuse di Mussolini al processo farsa di Chieti (1924-1926)"; un volume per riflettere sul passato, per interpretare il nostro presente e l'imminente futuro.

Pietro Nenni e il delitto Matteotti: testimonianze dalla storia
fonte immagine: Agi
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31 Gennaio 2025 - 18.43 Culture


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Nel 1924, a qualche settimana di distanza dal delitto Matteotti, Pietro Nenni scrisse: “Il fascismo è l’anti Risorgimento. Il Risorgimento, come movimento politico, è un grande sforzo di unificazione e quindi di assimilazione. Il fascismo è invece un movimento di dissociazione. Sotto una falsa e ingannevole apparenza d’ordine, non ci fu mai tanto odio tra le classi e i partiti e gli italiani non furono mai così profondamente divisi”.

La divisione e l’apparente ordine, che sono stati di recente ben rappresentati dalla serie M – il figlio del secolo, sono anche i protagonisti degli scritti di Nenni, che, come scrive Luca Mariani per l’AGI, sonno stati pubblicati nel libro L’assassinio di Matteotti. Dal j’accuse di Mussolini al processo farsa di Chieti (1924-1926), edito da Arcadia con prefazione di Claudio Martelli, che raccoglie tre importanti scritti del giornalista e storico leader del Socialismo italiano.

Quest’ultimo e Mussolini avevano in comune l’esperienza del carcere di Forlì nel 1911, in seguito alle rivolte contro la guerra in Libia e, proprio in quei giorni condivisi in cella, la primogenita di Benito ricorderà di essere stata sulle ginocchia di Pietro e di averlo chiamato “zio”.

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Nel 1924, Nenni dichiarò sull’Avanti: “Si parla di Stato fascista, nessuno sa dire che cosa sia. In verità dalla marcia di ottobre in poi non c’è più Stato, come non c’era prima, ma ci sono tante dittature quanti sono i campanili. Chi aveva delle vendette da compiere, s’è rifugiato dietro il fascismo littorio ed ha agito esaudendo ogni suo malsano proposito. Il bottegaio, danneggiato dallo sviluppo del cooperativismo, ha fatto distruggere la cooperativa, così come l’innamorato respinto ha fatto dare l’olio al suo rivale fortunato in amore. Tutto in nome della patria”.

E a proposito del delitto Matteotti: “[…] evidenti la complicità e la responsabilità di Mussolini. Contro Matteotti gli odii fascisti erano stati implacabili. Nel suo Polesine egli aveva subito persecuzioni di ogni sorta. A Roma, segretario del Partito Socialista Unitario, era considerato non solo nemico del fascismo, ma nemico personale del Presidente. La Ceka fascista non perdonava i discorsi di Matteotti, soprattutto quelli pronunciati all’estero, ad esempio a Bruxelles, dopo avere attraversato la frontiera a piedi. La pubblica sicurezza, che sorvegliava strettamente Matteotti, aveva cominciato col perderne compiacentemente le tracce proprio il giorno del delitto. La conoscenza dei nomi degli assassini non sorprese. Specialmente il Dumini e il Volpi erano notissimi a Roma e a Milano. Il Dumini sopra a tutti era noto per replicati segni di benevolenza del capo del fascismo. Si tratta di un delitto di Stato”.

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Nel 1924 con lungimiranza riportò: “Nel processo a Matteotti l’accusa si estende oltre la materia umana del delitto, investe un periodo storico, denuncia gli scandali di un regime, prelude a un ordine nuovo. Invocano i fascisti i diritti della rivoluzione. Invochiamo noi, interpreti della coscienza italiana, i diritti della giustizia”.

Per quanto concerne l’opposizione politica, le parole di Nenni sono ancora oggi attuali e un monito al cittadino contemporaneo: “Noi oppositori rassomigliamo un po’ ad una compagnia occasionale di alpinisti, che hanno tutti una cima da raggiungere per poi prendere sentieri diversi verso direzioni qualche volta opposte. La cima essendo dura da raggiungere, la scalata presentando aspre difficoltà, il più elementare senso di prudenza e di socievolezza comanda si accomunino gli sforzi di tutti per il tratto di strada che c’è da percorrere in comune. Dopo, ognuno andrà per proprio conto: qualcuno si fermerà, qualcuno continuerà ad andare avanti, chi prenderà la destra, chi la sinistra. Tutto questo pare semplice ed in verità non lo è”.

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Il politico individuò anche tre doveri dell’opposizione, ovvero: non lasciare che i colpevoli del delitto Matteotti restassero impuniti, contrastare il fascismo con intransigenza e considerarsi in stato di guerra, creando uno stato – il vero stato italiano – nello stato – quello fascista.

Infine: “Tenendo fede a queste considerazioni la lotta sarà aspra, forse anche lunga, esigerà spirito di sacrificio, imporrà da parte di ognuno che abbia responsabilità direttive la piena dedizione alle esigenze della lotta stessa, ma le opposizioni possono fin da ora considerarsi vittoriose. Chiudere questa parentesi di Medioevo che è il disonore dell’Italia, abbattere la dittatura insanguinata, rendere giustizia ai martoriati è la più nobile impresa nella quale possa aspirare di misurarsi un popolo che non sia indegno della libertà”

Il 3 gennaio 1925 Mussolini pronuncerà alla Camera il discorso in cui assume “la responsabilità politica, morale e storica” delle vicende avvenute nel paese nei mesi precedenti, e, nello specifico, del delitto Matteotti.

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