Lucio Corsi: dalla Maremma a Sanremo poetando

Dopo aver rappresentato sé stesso in 'Vita da Carlo' di Verdone, porterà un suo pezzo al Festival. Un cantastorie che sorprende per la sua originalità che potrebbe ricordarci il De Gregori di metà anni Settanta

Lucio Corsi: dalla Maremma a Sanremo poetando
Lucio Corsi
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20 Gennaio 2025 - 09.56 Culture


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Lucio Corsi, grossetano, cresciuto a Vetulonia, non è un perfetto sconosciuto perché ha sfornato già tre album ed ha una certa fama nell’ambiente cosiddetto alternativo. Ora lo attende Sanremo con la canzone Volevo essere un duro, appena dopo aver acquisito una maggiore notorietà per aver partecipato, nei panni di se stesso, alla serie di Carlo Verdone, Vita da Carlo.

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A 31 anni è cresciuto, un po’ fuori dagli schemi, nel glam rock e nel progressive e, dunque, arriverà al Festival come un “oggetto raro” tanto è singolare il suo modo di fare musica. «Ma io non mi sento un marziano — racconta — credo nelle canzoni che faccio e penso anche che possano essere capite. Non mi sento quello strano e poi, a scuola, ho imparato a convivere e a interagire con persone diversissime da me. Le canzoni che non sopporto sono quelle che lasciano indifferenti. Da bambino mio padre mi faceva ascoltare I lupi di Ivan Graziani e quella canzone mi metteva paura. Eppure, oggi è uno dei miei brani preferiti in assoluto».

Fantasia e invenzione. Ogni canzone è uno srotolamento di una storia che Lucio porge all’ascoltatore attraverso immagini sempre sorprendenti, mai banali, e con una poetica unica che, se proprio vogliamo, potrebbe ricordarci il De Gregori degli anni Settanta ma anche Piero Ciampi, il ‘Baudelaire’ livornese.

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Nonostante la sua immagine da ragazzo degli anni Settanta, Lucio Corsi porterà a Sanremo un brano legato all’attualità. Volevo essere un duro affronta il tema della voglia che ognuno di noi ha di essere sempre inattaccabile: «Questo mondo ci vorrebbe tutti solidi, perfetti come i fiori che però sono legati a un filo. Siamo tutti in piedi su un pallone», dice Lucio.

«Per me la musica deve avere la capacità di portare in altri mondi e questo vale per tutta l’arte, di aprire finestre su panorami che altrimenti rischieresti di non vedere. – dice ancora Corsi – Le canzoni rendono il mondo reale più leggero da guardare. La campagna mi ha facilitato in questo, nel riuscire a vedere le cose in modo diverso: basta salire su un albero per rendersi conto di quanto sia semplice cambiare la prospettiva. In città ho scoperto il fascino delle fedeltà di un’automobile parcheggiata che ti aspetta sempre».

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