All'OffOff di via Giulia 'La Cerimonia del massaggio' di Alan Bennett

Gianluca Ferrato a Roma con "La Cerimonia del massaggio", il monologo comico e travolgente che fu della Marchesini. Dal 21 al 26 gennaio

Gianluca Ferrato - La cerimonia del massaggio - ph Neri Oddo - intervista di Alessia de Antoniis
Gianluca Ferrato - La cerimonia del massaggio - ph Neri Oddo
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14 Gennaio 2025 - 20.10


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di Alessia de Antoniis

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Sì, una funzione è una recita. Devota, sincera e rivolta a Dio con tutto il cuore, ma pur sempre una recita”. E una funzione, o una recita, è La cerimonia del massaggio, che Gianluca Ferrato, diretto da Roberto Piana, porta all’OFF/OFF Theatre da martedì 21 a domenica 26 gennaio. Famoso testo dell’inglese Alan BennettLa cerimonia del massaggio è uno spettacolo esilarante, che vedrà un continuo mescolarsi di sacro e profano, corpo e spirito, cinismo e pietas.

Dalle pagine del romanzo breve di Bennett, un po’ black comedy e un po’ pamphlet satirico, un monologo torrenziale, tragicomico e irriverente, reso celebre dalla messa in scena nel 2001 di Anna Marchesini. La parabola di un uomo di chiesa che fronteggia, esplora, e infine accoglie, il desiderio carnale, trovandogli un posto dentro di sé dopo aver attraversato l’imbarazzo, la paura e, in un certo senso, anche la morte. Commedia e dramma si rincorrono e si prendono in giro a vicenda in una scrittura, come sempre in Bennett, acuta, spregiudicata e senza compromessi.

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In scena, al centro della recita, nei panni di Padre Geoffrey Jolliffe, Gianluca Ferrato, “intelligente artigiano della parola Fedele custode di antichi percorsi , zattera che galleggia nell’oceano delle emozioni” (la descrizione è frutto di un mio plagio ai danni di Gianni De Feo).

In attesa di vederlo all’OffOff Theatre, Gianluca Ferrato è su Globalist.it

Cosa l’ha attratta del testo di Bennett?

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Intanto la bellezza della storia, che ho trovato di un gustosissimo divertimento, e le malinconie sparse, che sono spesso le cose che cerco quando mi approssimo a un testo. Specie a un monologo. Cerco “elettricità” come quando Billy Elliot ballava. Io “ballo” con le parole. Bennett è un perfetto partner per la mia “sala da ballo”.

Alan Bennett è noto per il suo umorismo sottile e la sua profonda introspezione. Come ha lavorato sul suo humor, dovendo rappresentare il testo in un Paese cattolico in un momento di forte conservatorismo

Domanda assai spinosa. E, purtroppo, realistica. Vengo dal successo di Tutto sua madre del francese Guillaume Gallienne con ottanta recite. Una volta scelto questo testo, io e Roberto Piana, che ne è il produttore e co-regista insieme al giovane Angelo Curci, pensavamo che avremmo avuto vita facile nel riproporlo dove eravamo stati con successo. Errore!

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Questo conformismo attuale e arrugginito ci ha penalizzato. Abbiamo di certo fatto più fatica. Ma con Roberto ci siamo detti: continuiamo ad essere liberi e a dire la nostra, come la vogliamo dire. Poi abbiamo incontrato Silvano Spada, che va oltre gli steccati, e il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia grazie a Roberta Torcello; Walter Mramor a Gradisca d’Isonzo, l’acuta assessora di Nizza Monferrato; il Teatro Stabile di Torino con Barbara Ferrato e Valerio Binasco, Filippo Fonsatti. Tutti loro ci hanno aperto le porte della loro casa. Questo ci ha confortati e ci ha spinto a lavorare per incrementare le nostre esibizioni la prossima stagione teatrale. Vi saprò dire come va a finire. Ma non sono uno che molla quando c’è di mezzo la libertà d’espressione.

Quali aspetti del testo ha trovato più stimolanti o difficili da interpretare?

Il testo è cosparso di asperità perché, come ebbe a dire Anna Marchesini che per prima, e unica, si mise sulle spalle la mirabolante storia di Padre Geoffrey Jolliffe, “non è un monologo ma un condominio“… quindi le difficoltà risiedono nel far vivere tutto il parterre che partecipa alla funzione di commemorazione del massaggiatore Clive Dunlop, il vero “convitato di pietra”.

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È un testo pieno di stimoli, perché è sempre pronto a farti ridere e una riga dopo ti infligge un colpo mortale che ha in canna una bella lacrima: cosa ci può essere di più e meglio di così? È sicuramente difficile, ma il risultato mi pare che sia assai confortante. Il pubblico dirà e mi farà capire se ciò che faccio è della qualità che io auspico sia.

Padre Geoffrey è un personaggio diviso tra il suo ruolo sacerdotale e i suoi sentimenti personali. Papa Francesco ha aperto ai gay in seminario se rispettano il celibato. La frase ha due contraddizioni: apre a qualcosa che esiste da lungo tempo – i gay nella Chiesa – a patto che rispettino il celibato – requisito minimo per tutti coloro i quali intraprendono la via sacerdotale, gay o etero che siano. In che modo la figura di Padre Geoffrey riflette, secondo lei, i conflitti e le ipocrisie presenti nella società contemporanea?

Siamo lontani dall’auspicio di Lucio Dalla che cantava “anche i preti potranno sposarsi ma soltanto a una certa età“…temo! Diciamo che padre Geoffrey incarna la dualità, la fatica, lo smarrimento di fronte a sentimenti che non si possono vivere. Non è consentito essere felici così. Credo che le parole del Papa siano buoni propositi, ma al dunque neanche il titolo della sua autobiografia, che si intitola Spera, sia bastevole. Perché a forza di sperare si invecchia sulle proprie gambe e il cuore invecchia con loro.

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Il nuovo anno è iniziato all’insegna di attacchi omofobi, anche nella capitale. Una pièce che parla di temi come l’ipocrisia sociale – soprattutto nella Chiesa – e la sessualità, è più urgente o più rischiosa da portare in scena?

Penso sempre che quegli attacchi li potrei subire anch’io che sono grande o vecchio… che in buona sostanza sono la stessa cosa. E mi fa soffrire il pensiero. Lo ho viste, ho visto le ferite sul volto dei due ragazzi a cui fate riferimento. Per questo credo che avere voce, e darla a una storia come questa, sia una necessità. Il rischio fa parte del gioco delle parti, ma questo confina con l’urgenza. Io sono stato giovane che c’era ancora il Re e la difficoltà di essere e non…non essere, la conosco molto bene. Se posso ancora schierarmi lo faccio con una gioia indicibile.

I fondi per l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole sono stati convertiti in fondi per formare gli insegnanti sulla prevenzione dell’infertilità – … ammetto di non aver capito se la loro o quella degli studenti -. Una volta si sconsigliava ai ragazzi l’autoerotismo causa rischio cecità – il famoso sennò diventi cieco -. Se le affidassero un corso di un’ora a settimana per studenti delle medie o delle superiori, cosa farebbe/tratterebbe?

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Un’ora a settimana? Davvero poco, ma tanto vale non sprecarla. Forse parlerei di felicità, di empatia. Ascolterei cos’hanno da dire e li metterei in cattedra perché tutti potessero ascoltarli. E loro si sentissero per una volta dalla parte di chi dovrebbe ascoltare loro. Senza farne degli eroi: i ragazzi sanno essere spietati quando vogliono. E gli ultimi cinque minuti chiederei a rotazione di dire qualcosa a qualcuno che non hanno mai detto.

LA CERIMONIA DEL MASSAGGIO – di Alan Bennett

con Gianluca Ferrato – Regia Roberto Piana – Traduzione Anna Marchesini – Drammaturgia Tobia Rossi – Costumi Agostino Porchietto

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OFF/OFF Theatre –  Via Giulia, 20 – Roma – dal martedì al sabato h. 21.00 – domenica h. 17.00

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