Addio a Alain Delon, leggenda del cinema
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Addio a Alain Delon, leggenda del cinema

Addio a un leggenda del cinema. Dopo una lunga malattia è morto attore francese Alain Delon. Lo hanno comunicato i suoi figli Alain Fabien, Anouchka e Anthony

Addio a Alain Delon, leggenda del cinema
Alain Delon
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18 Agosto 2024 - 09.43


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Addio a un leggenda del cinema. Dopo una lunga malattia è morto attore francese Alain Delon. Lo hanno comunicato i suoi figli. “Alain Fabien, Anouchka e Anthony, insieme al (suo cane) Loubo – si legge nella nota indirizzata ad Afp – sono profondamente addolorati nell’annunciare la morte del loro padre. Si è spento serenamente nella sua casa di Douchy, circondato dai suoi tre figli e dalla sua famiglia. La famiglia chiede di rispettare la privacy in questo momento di lutto estremamente doloroso”.

Fu abbandonato dai genitori

 Alain Delon nasce l’8 novembre 1935 a Sceaux, nell’Alta Senna. La sua infanzia non è semplice: è abbandonato a quattro anni dai genitori, freschi di divorzio. Una ferita che segna l’attore, che ha avuto un’adolescenza inquieta. A 17 anni si arruola in marina e finisce a Saigon. Nemmeno il Vietnam doma il carattere turbolento del giovane Delon, che trascorre oltre due anni in mezzo in cella di rigore. Congedato nel 1956, Deloin si trasferisce a Parigi, barcamenandosi tra lavori occasionali e cattive compagnie.

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Nel 1957 il debuto al cinema

 Lo salvano la passione per la giovane attrice Brigitte Auber e l’incontro con Jean-Claude Brialy che, colpito dalla sua bellezza, lo invita al Festival di Cannes e lo incoraggia a tentare la carriera del cinema. Deloin si trasferisce a Roma, rifiuta un contratto in esclusiva per Hollywood, torna in Francia e accetta la proposta di Yves Allegret che lo sceglie per “Godot”. E’ il 1957, Alain Delon esordisce sul grande schermo e di lì in poi per oltre 30 anni non si fermerà più. In carriera collezionerà 95 film come attore, 30 come produttore, tre da regista.

L’amore per Romy Schneider e la popolarità in Francia

 Le prime interpretazioni non sono di gran successo, ma gli bastano per farsi notare da René Clement che nel 1960 gli offre il ruolo della vita: il giovane Tom Ripley in “Delitto in pieno sole”. E’ un autentica esplosione, un terremoto artistico e commerciale che nella vita di Alain Delon si lega alla travolgente passione per Romy Schneider, conosciuta due anni prima sul set di “L’amante pura”. Insieme i due conquistano in breve tempo Parigi, la Francia, il cinema, la notorietà.

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Con Luchino Visconti il successo

 Tornato in Italia, nello stesso 1960, trova la conferma artistica grazie a Luchino Visconti in “Rocco e i suoi fratelli” per poi incontrare Michelangelo Antonioni (“L’eclisse”, 1962) e trionfare con “Il Gattopardo” (Palma d’oro a Cannes nel 1963). Nello stesso anno corona il suo sogno infantile di rivaleggiare con Jean Gabin grazie a Henri Verneuil che lo dirige in “Colpo grosso al casino'” e lo inizia al genere del “polar” (incrocio di noir e poliziesco) che sarà il marchio di fabbrica per tutta la carriera di Delon. Attore poliedrico, dal fisico atletico che esalta in kolossal come “Il tulipano nero” e “Zorro”, Delon conserva una segreta passione per il cinema d’autore. L’ultima volta sul grande schermo è però un beffardo Giulio Cesare in “Asterix alle Olimpiadi”.

I folli amori della sua vita

 La sua vita privata è caratterizzata da amori folli (Nathalie Delon, Jill Fouquet, Romy Schneider, Nico, Dalida, Mireille Darc, Rosalie Van Breemen), otto figli, più uno non riconosciuto, con i quali ha avuto rapporti contrastati, passioni pericolose (i cavalli, la boxe, il gioco), rischiose amicizie con esponenti della malavita e un paio di noie con la giustizia come nel misterioso assassinio del suo body-guard, Stevan Markovich.

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La depressione e la malattia

 Alain Delon non ha mai nascosto di aver sofferto di depressione, si è riconciliato con il primogenito Anthony, ha regalato agli amici la maggior parte degli oggetti che scandirono i suoi trionfi, ha venduto la maggior parte delle sue proprietà, ha vissuto l’ultima parte della sua vita in solitudine tra la Svizzera, di cui è cittadino dalla metà degli Anni Novanta e la vasta proprietà in Francia dove ha sepolto i suoi cani (ben 45) e ha preparato la cappella funebre per sé e per le donne e i figli che vorranno ritrovarlo, un’ultima volta.

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