Roberto Vecchioni a Narni Città Teatro

L'alba a Narni, tra sogni sospesi e realtà vissuta, quest'anno è con Roberto Vecchioni: "Se non ridete, vi racconto un sogno..."

Roberto Vecchioni a Narni Città Teatro - Ph Mattia Bernabei - di Alessia de Antoniis
Roberto Vecchioni a Narni Città Teatro - Ph Mattia Bernabei
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20 Giugno 2024 - 00.04


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di Alessia de Antoniis

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Quest’anno l’alba, il pubblico di Narni Città Teatro l’ha attesa con Roberto Vecchioni. Nella storica e iconica Ala Deruta di Narni, il professor Vecchioni ha parlato di Sogni Sospesi, sogni raggiunti, di miti, di conquiste, di giovani e ai giovani. Dell’importanza di provare tutto, sbagliare, errare, confondersi, non credere e poi credere di nuovo.

Parlando dell’importanza della scuola, Vecchioni ha condiviso un ricordo. “Conoscevo un ragazzo che aveva il sogno di imparare. Era il figlio del macellaio. Avevamo dodici anni: io facevo la seconda media e lui non studiava. Suo padre gli aveva imposto di fare il macellaio. Lui chiedeva sempre di andare a scuola per imparare, ma il padre glielo vietava. Mi chiedeva dei libri e io glieli portavo di nascosto. Passava la notte a leggere letteratura per ragazzi, tipo Salgari, e la mattina non riusciva a tagliare la carne. Il padre se n’era accorto e giù sberle. Ma a lui non importava. Era felice di sognare le avventure dei libri. Finché un giorno il padre gli disse: la devi smettere, perché tu farai il macellaio e non hai bisogno di leggere. Il ragazzo guardò il padre e gli rispose: papà, una cosa è fare il macellaio, una cosa è fare il macellaio con una cultura. Il padre lo afferrò per le spalle e gli disse: da domani tu andrai a scuola. Trovo che questa favola vera sia bellissima, perché è un sogno raggiunto”.

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Ma dove sono finiti i sogni?

Viviamo in un’epoca in cui i sogni si perdono, perché siamo finiti dentro la stanchezza della speranza. Trascorro le sere, prima di addormentarmi, a immaginarmi mondi, situazioni. Non esiste un mondo perfetto. Noi possiamo soltanto migliorare e si migliora con la forza della realtà. Ma il sogno è l’anticipo di qualcosa che possiamo fare. Non sognare di essere un marajà: tutti i sogni di questo tipo finiscono male. Come Topolino apprendista stregone. Noi non vedremo mai un mondo di pace assoluta, dove ognuno dà la mano all’altro. Quando Adamo ed Eva sono nel paradiso terrestre, Dio dà loro la libertà di fare tutto ciò che vogliono, tranne prendere il pomo. E ovviamente lo prendono, perché era una proibizione. Si trovano davanti a una scelta difficile. Dio dice loro: se fate come dico io, vivrete tutta la vita felici qui nel paradiso ma, aggiunge Kierkegaard, non liberi. Se invece prendete il pomo, sarete disastrati tutta la vita, ma liberi. Scelgono quest’ultima strada. È umano. Ci sono dei libri come Fahrenheit 451, 1984, che parlano di un’umanità dove sono tutti perfettamente uguali ma, in un mondo così, mancherebbero i sogni, i desideri. Noi siamo così: davanti a un ostacolo, dobbiamo superarlo per trovare un ostacolo dopo e superare anche quello. È il bello della nostra vita.

E cosa sogna Roberto Vecchioni?

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Una cosa per la quale mi prenderanno in giro, ma tanto ho 81 anni… Quando vado a letto sogno che una parte del mio pensiero politico vinca. Penso al discorso del segretario. Cosa dovrebbe dire per le donne? Che devono togliersi quel senso di inappartenenza che ancora hanno. Perché hanno un timore reverenziale del capo? Abbassare il livello di importanza dei maschi è il mio sogno ed è un sogno che si può realizzare. Sogno anche cose più piccole, come film gialli dove non trovo mai l’assassino; che l’Italia sia una grande squadra di calcio e che batta l’Inghilterra sei a zero…  e sogno tutti i gol da sveglio. Sarò un bambino, ma questo bambino mi piace.

Poi c’è un sogno che non ho mai rivelato. Nel 2010 venne da me Gianni Morandi, che dirigeva il Festival di Sanremo. Io l’ho sempre odiato, perché per me la musica non deve passare per certi posti obbligatori, che sono popolareschi, non popolari; che fingono di essere popolari per catturare l’imbecillità della gente. Gianni è un mio amico, ma gli avevo sempre detto no. Un giorno ero a Roma. Arrivo in albergo e il portiere mi fa: come sta professore? Io rispondo: male. E lui: che vuole farci professore, ha da passà ‘a nuttata. Che ho tradotto con: questa maledetta notte dovrà pur finire. In camera non c’era penna, matita, niente. Accendevo i cerini e con questi scrivevo sulla carta. In una notte ho scritto Chiamami ancora amore. E tutte le notti andavo a letto, me la canticchiavo e sognavo che andavo a Sanremo e vincevo. A Sanremo, terrorizzato, mia moglie mi disse: non ti preoccupare c’è un filo rosso che ti unisce a me; se non capiscono quello che canti, non importa, basta che ti capisca io che sono quarant’anni che ti capisco. Mi ha dato una forza incredibile. Ero così agitato che sono partito dopo il piano, però è successo tutto quello che avevo pensato. Il giorno prima ero andato a mangiare al ristorante e non c’era nessuno. Dopo la prima serata, non son più potuto uscire dal ristorante: la vita cambia da un momento all’altro. Ma io lo sapevo, perché ero convinto. Anche questo è importante nel sogno: la convinzione.

Il sogno non deve cedere alla stanchezza della speranza

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Quando ero ragazzo nei sogni non mi batteva nessuno. Avevo vent’anni negli anni del Sessantotto, ero pacifista, non ho mai tirato una pietra alla polizia. La mia era una rivoluzione di pensiero, ma i miei pensieri erano forti. Crescendo ho iniziato a perdere questa forza. In un certo momento accade, ma non bisogna abbattersi. È un inganno dell’età. I ragazzi di oggi pensano che saranno sempre così, ma non sarà sempre così. Siamo in un’Italia dove il 60% delle persone non va a votare. Abbiamo una maggioranza non del 25 – 28% ma del 10. Questa è la realtà. La realtà peggiore è che la metà delle persone che non va a votare vanno al mare, in montagna o stanno a casa. Gradirei che questo 60% andasse alle urne e scrivesse siete degli  str**** sulla scheda e se ne andasse. Però che andasse a votare. Vengo perché sono italiano e lascio scheda bianca. Ma questo non avviene. Questa è la stanchezza della speranza.

Credo nelle idee

Non importa se non ci sono persone adeguate. Anche nella Chiesa ci sono persone inadeguate, eppure la gente continua a essere cattolica. Nella politica ci sono persone inadeguate? A me non importa delle persone. Io credo in un’idea. Per me è un modo di sentire la vita: è quello che vado a votare. Quelli che dicono “eh tanto sono tutti ladri” sono i primi ladri loro. Io non direi mai una frase simile, perché io non lo sono. E anche fossero tutti ladri, noi abbiamo la speranza, il sogno. Verranno uomini migliori. Siete di destra? Votate destra. Siete di sinistra? Votate sinistra. Che poi tanto non significa più nulla: c’è un miscuglio. Ma se considerate il mondo qualcosa che costruiamo noi, le idee contano. Pensate che si deve allargare o stringere? Che si deve aiutare chi rimane indietro o no? Che le cose più importanti siano la sanità e la scuola o i ponti e le scuole private? Votate persone che dicono chiaramente: io farò questo. So che non è facile.

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La sinistra è il mondo dei sogni

L’Europa e tutto il mondo stanno andando a destra. Perché? Perché è più facile. La destra ha una strada sola. Ha solo un principio: i migliori vanno avanti, gli altri chi se ne frega. La sinistra è piena di strade. Non sarà mai d’accordo perché ci sono 226 pensieri di sinistra, ma questo non deve importare. Se siete per quello che c’è, tenetelo. Non discuto. È una questione di mentalità su come organizzare il mondo: è più facile pensare che il mondo debba andare sempre dritto, non far entrare nella nostra vita chi è diverso, mettersi dietro al recinto dell’orto a sparare a quelli che vogliono entrare. È molto più difficile accogliere, ma le soluzioni che non abbiamo oggi potrebbero esserci domani. Quella che voi chiamate sinistra, e che non è più sinistra, è il mondo dei sogni. Sogni che poco alla volta possono realizzarsi. Il mondo è pieno di contrasti: come diceva Hegel è dai contrasti che nasce la sintesi, che però in Italia non c’è perché ognuno resta della propria idea e non cambia nulla.

Ha insegnato a lungo. Cosa stiamo insegnando ai giovani?

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Stiamo insegnando cose che perderanno sicuramente, ma se almeno tre o quattro cose che imparano le tengono, si salvano. È questo l’importante. Non possiamo pensare che possano tenere tutto. Il nucleo di quello che stiamo insegnando è importante. Poi fuori troveranno tutt’altro, ma ogni tanto si ricorderanno del nucleo. Per questo bisogna continuare a insegnare

Anche quello che l’estrema destra sta impartendo ai ragazzi della Giovane Italia è insegnamento?

Dobbiamo sopportare questa cosa perché il mondo è annoiato, noioso, infastidito. Con pochi personaggi, l’estrema destra prolifica. E in un mondo di egoismi, dove io tengo il mio, l’estrema destra è proprio quello che fa per me. Ma è un Paese che così non va avanti. Ma adesso, se perdi la Meloni, perdi parecchio, perché è lei che conta. Gli altri non esistono.

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Ha ricordato il Sessantotto. Oggi che finalmente vediamo dei giovani che manifestano, li picchiano. È censura?

La gente del ‘68 tirava pietre, quando non sparava. Questi qui non fanno niente, al massimo rompono qualche vetrina. Non hanno colpe. Son d’accordo che è censura.

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