Sono stato al presidio per Giulia Cecchettin: c’erano (quasi) solo donne
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Sono stato al presidio per Giulia Cecchettin: c’erano (quasi) solo donne

La pioggia non ha spaventato la folla che ha gremito Piazza Tolomei. Una folla, tuttavia, nella quale gli uomini andavano cercati col lanternino.

Sono stato al presidio per Giulia Cecchettin: c’erano (quasi) solo donne
Ph: Claudia Esposito. Riproduzione riservata.
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22 Novembre 2023 - 13.07 Culture


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di Agostino Forgione

Appena arrivato in Piazza Tolomei, venendo da una delle traverse laterali alla Chiesa di San Cristoforo, la prima cosa che ho fatto è stata salire sul sagrato per capire quanta gente ci fosse. Nonostante la forte pioggia, una fitta e variopinta distesa d’ombrelli si dipanava fino alla strada, non lasciando neppure uno spicchio di suolo scoperto.

“Diamine, nonostante l’acqua, la gente c’è”, ho pensato meravigliato.

Sceso dalle scale e arrivato ad altezza d’uomo, ho iniziato a divincolarmi per raggiungere il cuore della piazza, ma una costatazione si è subito presentata prepotentemente alla mia attenzione: Qui sono quasi tutte donne, mi sono detto, con lo sguardo che guizzava a destra e a manca.

La più grande riflessione che stasera, dopo la manifestazione, mi sono portato a casa è proprio questa: al presidio in ricordo di Giulia Cecchettin e a denuncia della violenza contro le donne c’erano, per la stragrande maggioranza, solo donne.

Ho provato a contarli, gli uomini; uno ogni sette donne, su per giù. Insomma, non tanti quanti avrei sperato di trovare.

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Ho provato a cambiare posizione, forse per qualche assurdo scherzo della statistica ero capitato nell’unico punto della piazza in cui riuscivo a vedere solo un paio di miei simili attorno a me. Mi sono fatto strada tra gli ombrelli e la pioggia che continuava a cadere copiosa, ma di maschi ce n’erano davvero pochi.

Una costatazione che non è stata solo la mia, ascoltando alcuni commenti delle ragazze lì presenti. Spostandomi nella ressa più volte mi è sembrato di sentimi addosso quello sguardo con il quale si guarda qualcosa di inaspettato o, per meglio dire, di non comune. Ho continuato a guardarmi attorno ed ecco che una donna di mezz’età, proprio accanto a me, mi sorride. Glielo ricambio e incrocio il suo sguardo per un attimo, prima che un insolito imbarazzo mi porti ad abbassarlo. Forse è proprio l’imbarazzo ad avermi fatto sentire un po’ un alieno in quel contesto.

Prima di oggi, verità vera, mi sono sempre un po’ risentito ogni volta che leggevo o sentivo dire che tutti noi maschi siamo colpevoli per il protrarsi del patriarcato e delle violenze commesse contro le donne. “Ciascuno di noi è colpevole di tutto e per tutti sulla Terra” scriveva Dostoevskij nei fratelli Karamazov, ma io la mia mano a combattere il maschilismo l’ho sempre data, almeno speravo.

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L’ho sempre fatto perché sono profondamente consapevole che il femminismo sia qualcosa che remi a favore non solo delle donne, ma di tutti. Ed è per tale ragione che da tempo riconosco che ripudiare i modelli sociali maschilisti e patriarcali giovi anzitutto a me.

“Perché devo sentirmi dire che anche io sono causa del perdurare della cultura che, quantomeno consciamente, disprezzo?” mi son chiesto finora.

Oggi però, constatando che a difendere i diritti delle donne ci fossero per lo più donne, lo dico anch’io: è colpa di tutti noi maschi.

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