L’impegno e lo sforzo di quasi trecento cacciatori di immagini su tematiche attuali, episodi quotidiani e drammi, con un importante messaggio: “Il coraggio di mostrare quello che è difficile da vedere chiedendo di non voltarsi dall’altra parte”.
Questo è il Festival della Fotografia Etica di Lodi, visibile fino al 29 ottobre.
All’ANSA, il direttore artistico Alberto Prina ha spiegato: “Sono storie sulle vite degli altri che cercano di emozionare grazie alla alta qualità degli autori. Lo sguardo dei fotografi è unico per il livello dei progetti, la visione internazionale e l’urgenza di far vedere questi lavori. Per questo le chiamiamo ‘immagini necessarie’ ”.
Una XIV edizione che parla chiaro, con più di 700 immagini selezionate in 20 mostre, fotografi provenienti da 40 paesi e 5 continenti coinvolti.
Il protagonista indiscusso del Festival è l’ucraino Evgeniy Maloletka, autore dell’ormai purtroppo storico scatto della donna incinta ferita a Mariupol, che viene portata via dai soccorritori dall’ospedale bombardato. Proclamata immagine dell’anno dal World Press Photo, l’evento vuole documentare con le altre 30 istantanee del reportage, il dramma della donna, morta successivamente, e le atrocità di una guerra ancora in corso.
Sempre lo stesso Prina continua: ”Questi lavori ci dicono che dalla testimonianza della fotografia non si può più prescindere. In tanti anni il Festival è cresciuto e si è adattato come una pianta ma lo spirito è quello degli inizi. La fotografia parla alle coscienze, noi pensiamo che con i nostri fotografi possa contribuire a rendere migliore il mondo”.
Andando avanti si potrà trovare Alessandro Cinque, con un’analisi della crisi climatica attraverso la situazione vissuta dagli allevatori di alpaca in Perù; a seguire Bob Miller che narra dei sogni dell’adolescente Zoey Allen che si infrangono per la crisi delle medie aziende agricole americane in cui lei vive.
Inoltre, sarà possibile ammirare anche dei capolavori naturali, come lo scatto al grande occhio di una balena ritratto da Karim Ilyia, o l’Elefante che spunta dalla polvere còlto da Marina Cano.