Bava Beccaris, il 'macellaio di Milano' che sparò con i cannoni contro il popolo affamato
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Bava Beccaris, il 'macellaio di Milano' che sparò con i cannoni contro il popolo affamato

Nel 1898 a Milano e in altre città d'Italia ci furono proteste per l'aumento del pane. Il 7 maggio fu proclamato lo sciopero e l'8 maggio Bava Beccaris fece sparare sulla folla

Bava Beccaris, il 'macellaio di Milano' che sparò con i cannoni contro il popolo affamato
I soldati di Bava Beccaris sparano contro i manifestanti a Milano
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7 Maggio 2023 - 10.17


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L’8 maggio di 120 anni fa, a Milano, si consumò uno dei momenti più tragici della storia italiana. Soldati del generale Fiorenzo Bava Beccaris spararono contro donne, uomini, vecchi e bambini che avevano preso parte ai moti del 1898, una sollevazione popolare contro l’aumento del costo del grano deciso dal Regno d’Italia. La strage di Bava Beccaris, come fu poi chiamata, ebbe una risonanza talmente forte da motivare, nel 1900, l’assassinio del re Umberto I, ucciso con tre colpi di pistola dall’anarchico Gaetano Bresci a Monza.

Milano, alla fine del XIX secolo, era la seconda città più popolosa del Regno d’Italia, dopo Napoli, e considerata la capitale finanziaria della nazione. Qui vennero sperimentati nuovi modelli di industrializzazione e presero forma nuovi movimenti di massa per l’emancipazione del ceto popolare. La situazione nazionale era difficile: la diffusione dell’analfabetismo, i bassi salari e l’alto tasso di disoccupazione avevano preparato il terreno al malcontento, che esplose quando il costo del grano aumentò da 35 a 60 centesimi di lira al chilo, a causa degli scarsi raccolti.

Dopo un primo tentativo di organizzare la protesta in modo pacifico, il malessere popolare confluì spontaneamente, senza organizzazione e per contagio, in varie città: prima in Romagna e Puglia e poi anche altrove. Il 2 maggio a Firenze fu dichiarato lo stato d’assedio e due giorni dopo lo stesso accadde a Napoli. Sempre il 2 maggio il ministero dell’Interno autorizzò i prefetti locali ad affidare, se ve ne fosse stato bisogno, poteri speciali di intervento alle autorità militari territorialmente competenti. A Milano questa autorità era il generale Fiorenzo Bava Beccaris, capo del Terzo Corpo d’Armata.

I moti, chiamati poi moti del pane, rivolta dello stomaco, quattro giornate di Milano o massacro di Bava Beccaris, iniziarono il 6 maggio del 1898 fra gli operai della Pirelli che accusavano il governo di essere responsabile della carestia che colpiva il popolo. Tra loro si infiltrarono alcuni agenti che, durante la pausa pranzo, approfittarono della distribuzione di alcuni volantini di protesta per arrestare operai e sindacalisti. Molti di loro vennero rimessi in libertà solo dopo l’intervento del deputato socialista Filippo Turati, ma la tensione era ormai salita: altri lavoratori scesero in strada in solidarietà con gli operai della Pirelli e assaltarono la caserma di via Napo Torriani. Ci furono scontri, sassaiole e spari sulla folla da parte dei soldati: due manifestanti morirono subito e quell’episodio fu la causa di ciò che avvenne nei giorni successivi.

Il giorno successivo – il 7 maggio – alla manifestazione di Milano, che vide la partecipazione di decine di migliaia di persone tra cui operai, giovani e attivisti anarchici, repubblicani e socialisti, fu proclamato uno sciopero generale che ottenne una massiccia adesione. I manifestanti costruirono barricate in diverse zone della città, ma il governo decretò lo stato di assedio e Bava Beccaris fu incaricato di ristabilire l’ordine.

Bava Beccaris, che aveva stabilito il suo quartier generale in Piazza del Duomo, richiamò altri reparti dell’esercito per far muovere le truppe a raggiera nella città e rendere più efficiente il loro intervento. Tuttavia, il gran numero di manifestanti e la presenza delle barricate complicarono i suoi piani e iniziarono lunghi confronti tra i manifestanti e i soldati.

Le cose non miglioravano e Bava Beccaris ordinò infine di aprire il fuoco contro la folla che si era radunata intorno alle barricate nella zona di Porta Ticinese per disperderla. Le cariche e gli spari continuarono anche il giorno successivo, quando l’esercito utilizzò un cannone per fare breccia nel muro di un convento dove si sospettava fossero nascosti dei rivoltosi. Purtroppo, in quei giorni, più di 80 persone persero la vita e centinaia rimasero ferite. Fonti dei manifestanti parlarono di 300 morti. Ci furono anche migliaia di arresti e la repressione, che continuò per alcuni giorni, portò alla temporanea chiusura di molti giornali considerati sovversivi o pericolosi.

Bava Beccaris ricevette la Croce di Grande Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia e un telegramma di congratulazioni dal re per la gestione della situazione. Tuttavia, per le masse di lavoratori, Bava Beccaris divenne noto come “il macellaio di Milano”. Un canto di protesta composto pochi anni dopo i moti recita: “Alle grida strazianti e dolenti/Di una folla che pan domandava/Il feroce monarchico Bava/Gli affamati col piombo sfamò”.

Due anni dopo questi avvenimenti, l’anarchico italiano Gaetano Bresci sparò contro re Umberto I e disse di averlo fatto per vendicare i morti di Milano. La memoria degli eventi del 1898 continua ad essere presente nella storia italiana come un episodio di repressione violenta della protesta popolare.

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