La visione totale di Riuychi Sakamoto
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La visione totale di Riuychi Sakamoto

Riproponiamo un’intervista al compositore giapponese scomparso a 71 anni che ci ha rilasciato tempo addietro

La visione totale di Riuychi Sakamoto
Riuychi Sakamoto
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Marco Spagnoli Modifica articolo

3 Aprile 2023 - 11.03


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Ryuichi Sakamoto è probabilmente il più famoso musicista giapponese vivente. La sua musica e il suo talento come compositore di colonne sonore hanno illuminato alcune delle più interessanti pellicole degli ultimi anni a partire da quando, nel 1983 poco più che trentenne, Sakamoto prese parte anche come attore a Furyo insieme a un David Bowie appena tornato al grande successo. L’eco della struggente passione amorosa di un ufficiale giapponese per un prigioniero inglese torturato in un campo di concentramento militare durante la seconda guerra mondiale si può trovare nel tema principale della pellicola, quel Merry Christmas Mr.Lawrence che ha segnato il debutto di Sakamoto come compositore di musiche da film. Nato a Nakano nei pressi di Tokyo nel gennaio del 1952, insperabilmente piacente e fascnoso per un genio della musica, dopo gli studi al conservatorio della capitale nipponica Sakamoto ha mosso i primi passi nel mondo dei concerti e delle composizioni musicali con la Yellow Magic Orchestra di cui è stato uno dei membri fondatori.

Eccentrico, a volte – per sua stessa ammissione – “insopportabile”, sopraffatto dal suo stesso talento si dice che Sakamoto si sia calmato dopo avere sposato Akiko Nano, anche lei musicista e sua collaboratrice che gli ha dato due figli. La famiglia, che vive tra New York e Tokyo segue in pieno la carriera di Ryuichi.

Un artista molto impegnato che dopo la partecipazione (questa sì davvero straordinaria)  come protagonista a L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci di cui ha scritto la parte della colonna sonora, vincendo addirittura un premio Oscar, è tornato a recitare solo per Abel Ferrara in New Rose Hotel con protagonisti Asia Argento, Christopeher Walken e Willem Dafoe. L’amore di Sakamoto per il cinema si può paragonare solo a quella per moglie e figli e per la musica. Ed è così che la sua carriera di musicista va di pari passo a quella di compositore di colonne sonore, talvolta incrociandosi sorprendentemente con quella di musicista colto e sofisticato: Brian Eno, David Byrne dei Talking Heads, Thomas Dolby sono solo alcuni dei nomi che vediamo spesso associati a quello di Sakamoto. Personaggi altrettanto geniali con cui il musicista ha lavorato e con cui si è incontrato più volte anche solo per discutere amabilmente di musica.

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L’incrocio tra i due ultimi dischi di Sakamoto è un po’ l’emblema non voluto di una crisi di identità che Sakamoto avverte da anni: “Il mio più grande sogno resta quello di comporre un’opera” – dice “ Ma credo di non avere lo spirito per farlo prima di compiere i sessanta o i settanta anni.” Incuneato tra Occidente e Oriente, Sakamoto dice sempre di avere in mente qualcosa che crei un linguaggio comune, un background musicale che unisca due mondi diversi “Come ad esempio l’Adagio di Mahler eseguito da un’orchestra composta solo da tamburi indiani…quello sì che sarebbe bello!”. Sogni che Sakamoto immette nelle sue composizioni come quella recente e visionaria per il film su Bacon Love is the devil o l’eccentrico album Sweet Revenge che ha iniziato a comporre dopo avere partecipato brevemente al video di Madonna Rain. Scelte artistiche estreme e coerenti che tra colonne sonore, concerti dal vivo, Cd personali ed enigmatici, opere sperimentali fanno di Sakamoto un artista molto particolare, capace di offrire una personalissima visione spirituale e razionale del mondo e della vita: “So bene che molte persone tendono a sovrapporre ai film per cui scrivo le musiche, le immagini che provengono dalla mia anima e dalla mia composizione. E’ qualcosa che tendo a evitare, così come quando vengo identificato nei personaggi dei tre film che ho fatto. Io sono una persona molto diversa e che non ama apparire.” Una strana affermazione per un artista che è capace di farsi fotografare per le copertine di uno dei suoi dischi avvolto dalle piume di un boa giallo. “Le radio non trasmettono di frequente la mia musica…” – dice senza riuscire a nascondere un po’ di disappunto “Del resto nonostante molte persone amino la mia musica io non sono mai stato Michael Jackson…” 

Mr. Sakamoto, lei è un artista poliedrico. Il suo sito internet (www.sitesakamoto.com) è un work in progress e la sua carriera è sempre stata ispirata ad una multimedialità della persona. Musicista e attore possiamo dire che le immagini abbiano un grande peso nell’economia del suo lavoro?

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In un certo senso sì. Io sono affascinato dalle immagini e il mio modo di lavorare prelude all’incontro con esse. Personalmente, però, trovo molto interessante confrontarmi con le loro emozioni.

La sua musica è fortemente evocativa. Qual è l’equilibrio raggiunto tra la composizione della partitura e le immagini che l’hanno ispirata?

E’ qualcosa di molto intimo che tenterò di spiegarle con una metafora. La musica possiede nascoste in sé delle immagini così come la poesia. Se ascolti una melodia o leggi un piccolo poema la tua mente si libera vagando in paesaggi forgiati dalle tue emozioni. La mia musica fa la stessa cosa. E’ una forma d’arte nel senso che forgia emozioni attraverso le sue note. Come le poesie o i romanzi: non sono immagini, ma mentre si legge evocano rappresentazioni personali e diversissime tra loro. Del resto lo stimolare l’immaginazione porta sempre a creare un proprio universo emozionale fatto di sentimenti ed emozioni complesse ed intimamente legate tra loro.

Lei è un artista che ama cambiare. Quando si acquista un suo disco non si è ben certi di cosa potremo in esso. Una scelta antieconomica…

E’ vero. Sebbene la mia casa discografica non sia molto soddisfatta di queste scelte che spesso possono disorientare il pubblico, io non posso fare a meno di lavorare così. Dal punto di vista economico queste scelte possono rivelarsi rischiose, ma sul piano professionale è essenziale. Mi annoierei tremendamente a lavorare in un’altra maniera. Se facessi una cosa sola, se componessi una musica sola, se fossi solo un musicista e niente altro, se non mi occupassi di multimedialità mi annoierei tremendamente e la mia creatività pian piano diventerebbe una routine. Quello sì che sarebbe un modo per ingannare il pubblico e fargli comprare dischi che non valgono nulla, cloni all’ennesima potenza. 

Eppure questo suo lavoro spasmodico non è un po’ stressante? 

Sarebbe stancante il contrario, se non cambiassi di continuo allora sì che se mi sentirei stressato. Lavoro duramente, ma mi piace molto.

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Quindi il musicista è un artista completo?

Non la metterei sul piano professionale elaborando una regola generale. Posso dire, però, semplicemente che ho sempre avuto molti interessi diversi.

Qualcosa assecondato anche dalla sua versatilità come musicista e con la sua passione per gli strumenti più diversi…

Come le dicevo se uno ha molti interessi non può comportarsi in maniera da assecondare le sue scelte. I cantanti spesso cantano e basta, ma i veri musicisti adorano lavorare con gli strumenti e ovviamente suonarli al limite della sperimentazione. Suono il piano, so programmare il computer e cerco quindi di sfruttare le mie conoscenze per portare avanti la mia ricerca personale. Anche se non so bene dove verrò condotto dal mio lavoro nel futuro, sento che non posso comportarmi diversamente.

I suoi ultimi album sono diversi: un’esecuzione dal vivo delle sue colonne sonore un disco molto intimo. Due aspetti diversi di Ryuichi Sakamoto?

Due lavori che hanno la stessa ispirazione, ma che presentano al pubblico emozioni diverse catturate in dimensioni lontane come lo studio e il concerto.

Lei ha recitato anche come attore. Un bravo attore soprattutto. La vedremo di nuovo sul grande schermo?

Non lo so, dipende dal progetto per cui mi viene chiesto di lavorare. 

Le piace recitare?

E’ stata un’esperienze molto interessante e faticosa legata alle persone con cui ho lavorato.

E adesso come stupirà il suo pubblico?

Non so bene se stupirà qualcuno, ma ho intenzione di iniziare a confrontarmi con la musica di Antonio Jobim. Anche se non c’è ancora nulla di definito penso che potrò realizzare presto un album molto speciale ispirato dalla sua musica.

Quindi un incontro con l’opera dell’inventore della Bossanova. Una fusione ideale tra Rio, New York e Tokyo raccontata attraverso la musica…

Sì, la visione globale di culture differenti fa parte della mia natura. Mi piace demolire i muri tra generi, categorie e culture. Non amo né i limiti, né i confini. Amo combinare elementi diversi. Lo trovo eccitante e lo considero decisamente una sfida necessaria alla mia vita non solo artistica.

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