Poteri occulti: tre inchieste di Stefania Limiti che gettano luce sui lati oscuri d’Italia
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Poteri occulti: tre inchieste di Stefania Limiti che gettano luce sui lati oscuri d’Italia

La coraggiosa giornalista d’inchiesta è impegnata da anni nella ricostruzione dei criminosi intrecci che hanno insanguinato la nostra storia recente

Poteri occulti: tre inchieste di Stefania Limiti che gettano luce sui lati oscuri d’Italia
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

18 Febbraio 2023 - 10.20


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Scavare nei torbidi meandri della nostra storia recente, portare alla luce il senso autentico delle nefaste vicende che l’hanno attraversata, riflettere sui criminosi intrecci che le hanno rese possibili è qualcosa di più di una doverosa ricerca storica e di un lodevole impegno etico: è una delle poche manifestazioni di autentico patriottismo. Tra i sempre più rari giornalisti d’inchiesta che s’avventurano in campi minati, Stefania Limiti ha un posto di primo piano, impegnata com’è da anni nella ricostruzione di pezzi oscuri del nostro passato, nello svelare trame occulte, tentativi di golpe e azioni di destabilizzazione democratica ideati da strutture ignote che agiscono nell’ombra, di cui l’Italia vanta un non invidiabile primato quanto a numero e pericolosità.

Assume dunque rilievo la pubblicazione da parte dell’editore Chiarelettere di un volume, Potere occulto. Dal fascismo alle stragi di mafia: la lunga storia criminale italiana (pp. 787, € 24), che raccoglie tre sue celebri indagini: L’anello della RepubblicaDoppio livello e La strategia dell’inganno, uscite rispettivamente nel 2009, 2013 e 2017, riproposte nelle edizioni originali e precedute da una nuova introduzione dell’autrice. Una complicata ricostruzione storica durata decenni, che mette a fuoco eventi accaduti tra il 1945 e il 1993, un contributo fondamentale per chi studi la natura delle forze occulte che hanno agito e agiscono all’interno dello Stato democratico senza alcuna legittimità, orientando persino le scelte dei governi. Il versante oscuro indagato da Stefania Limiti è quello da cui ci mise in guardia Norberto Bobbio, “quel potere che si autolegittima, si nasconde, vive nel segreto ma siede accanto al potere legittimo”: dunque, ben più subdolo da percepire e decifrare. Perché quella dei poteri occulti è materia quanto mai viscida e sfuggente, dalla fenomenologia complessa, che si presta a generiche accuse di complottismo, anche se ormai esistono nuguli di prove della sotterranea opera di manipolazione sulla nostra fragile Repubblica esercitata da strutture coperte e parallele nate in continuità con il fascismo, create e alimentate dai servizi segreti degli Stati Uniti d’America in funzione anticomunista, evidenze inoppugnabili assunte anche nelle conclusioni delle varie Commissioni parlamentari sulle stragi.

L’Anello della Repubblica, introdotto da uno dei maggiori studiosi della materia, Giuseppe De Lutiis (prefazione che egli scrisse “superando i tentativi di alcuni settori dei servizi che volevano convincerlo a non farla”, come rivela l’autrice), indaga le origini e lo sviluppo di un’associazione talmente segreta da non avere nome, a cui si allude con le perifrasi: “noto servizio” o, appunto, “l’Anello”. Addentrarsi in questa buia caverna dove “si percepiscono solo guizzi di luce” è impresa non poco impervia, per la mancanza di una esaustiva documentazione ufficiale e per l’attività svolta dal gruppo, “che va ben oltre la segretezza delle normali operazioni di intelligence” (De Lutiis). Tale struttura ha giocato un ruolo importante nelle vicende della nostra Repubblica, e rintracciarne la genesi e lo sviluppo, le possibili articolazioni e le operazioni che ha portato a termine, i poteri che ha servito, significa leggere sotto una nuova luce alcuni eventi nodali della nostra storia recente, fatti di sangue come il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, o la clamorosa evasione del criminale nazista Herbert Kappler dall’ospedale militare del Celio, la vicenda del rapimento del democristiano Ciro Cirillo. Ma la Limiti fa anche di più: delinea la struttura del famigerato “Anello”, ne identifica alcuni appartenenti, fondando il suo discorso sulle imprescindibili indagini di magistrati coraggiosi, come il giudice Salvini, su clamorose ricerche d’archivio come quelle di Aldo Giannuli, autore del ritrovamento di documenti sepolti negli scantinati del Viminale e di altre istituzioni, sulle testimonianze preziose rese da individui a conoscenza dei fatti, sull’esame della bibliografia esistente: di frammento in frammento, l’autrice riesce a tracciare un quadro sufficientemente chiaro, a riempire qualcuno dei buchi che costellano i tanti misteri di questa Repubblica delle banane che è ed è sempre stata l’Italia.

Doppio livello si fa invece corpo di quella coscienza collettiva che continua ad interrogarsi sui mandanti delle stragi e dei delitti politici che hanno insanguinato il Paese, con la certezza che era anche di De Lutiis: “Alcune persone sanno”, “Non possono o non vogliono parlare, ma sanno tutto”. La tesi di fondo è che l’orrore è stato possibile “perché nelle stragi e nei delitti politici è esistito un doppio livello”, basato sull’incrocio di interessi, aspirazioni e progetti tra chi realizza il crimine e soggetti esterni. Il libro si propone dunque di ricostruire “il filo invisibile che lega la storia della nostra repubblica, dalla sua nascita fino alle stragi mafiose, tentando di capire come sia stato possibile realizzare una così grande operazione di camuffamento e deviazione della verità”. Operazione di fondamentale importanza, poiché in tale doppio livello è da ricercarsi la regia di determinati eventi politici, quel tirare le fila che ha garantito l’impunità ai mandanti, lasciando irrisolti i processi giudiziari che hanno cercato certezze sempre sfuggenti.

Infine, La strategia dell’inganno si sofferma su quello che può considerarsi il coronamento di anni di tentativi di destabilizzazione democratica, con la grande crisi di sistema che colpì l’Italia negli anni 1992-1993 e diede luogo alla nascita della cosiddetta Seconda repubblica, una crisi che “passa attraverso sentieri tortuosi, avvenimenti incerti e patti segreti: una via di mezzo tra il golpe cileno e la sfilata della maggioranza al seguito del generale Jacques Massu, il torturatore d’Algeria che spiana la strada al generale Charles de Gaulle”. Perché gli avvenimenti di quel biennio hanno davvero il segno del golpe, la realizzazione del “manuale pratico” dato alle stampe nel 1968 dal politologo americano Edward Luttwak, che definiva il colpo di Stato come “l’infiltrazione di un settore limitato ma critico dell’apparato statale e del suo impiego allo scopo di sottrarre al governo il controllo dei rimanenti settori”. Secondo l’autrice, “in Italia andò proprio così”. Senza esercito o blitz nei centri nevralgici del potere “ma attraverso una sottile, strisciante ‘strategia dell’inganno’, furono messe in pratica diverse azioni che avevano le caratteristiche delle operazioni psicologiche e che ebbero un effetto shock sulla percezione della sicurezza nazionale e la disgregazione delle nostre strutture di intelligence”. Se insomma nella Prima repubblica aveva funzionato un delicato equilibrio tra il sistema democratico-parlamentare, pubblico e legittimo, fondato sull’antifascismo, e un lato occulto del potere fondato sull’anticomunismo, nel mondo postcomunista non è andata molto diversamente. Durante la Seconda repubblica avrebbe agito “un livello pubblico di potere e un’entità sconosciuta, espressione di interessi particolari e potenti, un Deep State”, com’è stato definito: quegli apparati segreti o meno, sovrastatali e fuori da ogni controllo politico-elettorale, “in grado di usare risorse umane e finanziarie tali da determinare le sorti di una nazione”.

E così, tra inganni orditi con operazioni psicologiche, assalti alla televisione di Stato, progetti golpisti, deviazioni impiegate come metodo sistematico, scandali dei servizi segreti, eserciti nell’ombra pronti ad intervenire, stragismo mafioso e agenti destabilizzatori di varia risma, ecco delinearsi l’orrenda contemporaneità in cui ci tocca vivere: un potere “antidemocratico, incistato nelle strutture democratiche”, “cane da guardia degli interessi di una piccola parte a scapito di una maggioranza disgregata, impoverita e senza voce”.

È il nostro mondo, bellezza.

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