Don Carmelo e la saga siciliana: Filippo Anastasi racconta 'La mano del padrone'
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Don Carmelo e la saga siciliana: Filippo Anastasi racconta 'La mano del padrone'

La Sicilia appartiene alla nostra realtà di italiana, chi più e chi meno la conosciamo tutti. E grazie a Filippo Anastasi oggi abbiamo la possibilità di conoscerla anche attraverso la personalità di Don Carmelo.

Don Carmelo e la saga siciliana: Filippo Anastasi racconta 'La mano del padrone'
Filippo Anastasi
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

1 Dicembre 2022 - 22.27


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Che cos’è la realtà? E’ ciò che io so, conosco del mondo. Dunque i miei nonni, i miei genitori, Don Abbondio appartengono alla mia realtà. I grandi personaggi della letteratura infatti fanno parte della nostra realtà nella misura in cui li conosciamo, amiamo o detestiamo, e quindi della nostra realtà di italiani fanno parte Calimero e Alberto Lupo, che tutti conosciamo, come altri personaggi, reali o irreali, fanno parte della realtà di altri popoli. Filippo Anastasi ci ha voluto regalare un romanzo col quale chiede di far entrare nella nostra realtà Don Carmelo, il protagonista di questa saga familiare siciliana. La Sicilia appartiene alla nostra realtà di italiana, chi più e chi meno la conosciamo tutti. E grazie a Filippo Anastasi oggi abbiamo la possibilità di conoscerla anche attraverso la personalità di Don Carmelo.

Chi leggerà con poco sforzo e tanto godimento questa “saga siciliana”, “La mano del padrone” ( All around, Euro 14,00) potrebbe pensare di aver allargato la propria realtà con la conoscenza di una storia (che l’autore ovviamente si sforza di presentare come vera, ma questo conta poco o nulla) che si snoda attorno al tavolo verde e ai suoi misteri. Don Carmelo infatti distrugge una gigantesca fortuna, ereditata dalla moglie, per il suo irrefrenabile desiderio di sfidare la fortuna al tavolo verde, complice la breve storia del casinò di Taormina. Quei due anni di apertura hanno distrutto il futuro agiato dei suoi figli e nipoti, perché Don Carmelo ha venduto tutto, ville, case, terreni, per ripianare i debiti contratti al tavolo verde. 

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Ma è davvero questa la storia di Don Carmelo, il siciliano dai tratti normanni? E quel breve ma intenso amore con una ricca dama inglese arrivata all’improvviso nella sua vita dalle nebbie londinesi? Donna affascinante, comparsa come un fulmine nella sua vita e come un fulmine scomparsa, “perché la mia vita è a Londra”. Lui legge il suo sorprendente biglietto d’addio e dopo un breve sconcerto si prepara per tornare al casinò. La vita riprende il suo corso. Leggendo uno si chiede: e chi lo ha detto che la vita di una londinese è a Londra? I sogni, anche i più belli, svaniscono se uno non ci crede; ma noi non sappiamo se la vita di quella bellissima signora inglese sia tornata grigia come prima, per il fascino irresistibile della normalità, delle tradizioni. 

E proprio le tradizioni emergono come il vero filo conduttore, il vero soggetto che il romanzo ci presenta, con i suoi tratti tanto familiari quanto insopportabili. Don Carmelo infatti vive nella tradizione patriarcale della famiglia tradizionale, quella per cui, nel nostro mezzogiorno, si faceva come fece lui con sua figlia: “questa sera verso le sei guarda dal buco della serratura della tua stanza, e vedrai l’uomo che tra due mesi sarà tuo marito”. Tradizioni… In questa tradizione aveva posto, un posto altrettanto noto e poco ricordato, il tavolo verde. Quanti odierni meridionali ricordano i propri nonni che, come Don Carmelo, hanno dissipato una fortuna al casinò? Sono tanti, ogni lettore magari ne ha conosciuto uno o due, e ora Don Carmelo, entrando nella realtà di ciascun lettore, da personaggio immaginario o reale, viene a rinverdirgli questa realtà certamente reale ma rimossa, dimenticata. 

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Ma è la storia della dissipazione che affascina. La moglie di Don Carmelo, previdente, aveva lasciato al marito in eredità tutti i suoi beni, ma solo in usufrutto fino alla morte, la proprietà era delle figlie. Le aveva tutelate, sapendo che il marito aveva certe inclinazioni al lusso e al gioco, ma non aveva fatto i conti con la tradizione. In questo caso si tratta del “rispetto” del Don, che prende la forma della truffa. Don Carmelo infatti, complici importanti amicizie, riesce pian piano a vendere tutti i beni intestati alle figlie grazie a notai compiacenti, con la formula della vendita per delega. Quando le figlie scoprono quanto sta accadendo prendono misure che tutelano l’onore di famiglia: non denunciano, ma informano tutti i notai della provincia che nessuna vendita per delega potrà essere effettuata per loro conto. E’ una sorta di sanatoria, di condono: quel che è stato è stato, ma non accada più. Ma fatta una sanatoria si verifica un altro inganno, e Don Carmelo, rivolgendosi a notai compiacenti fuori dai confini provinciali, riesce ad effettuare altre vendite. 

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La sua vita non finisce in povertà, ma accanto alla perpetua che la moglie aveva scelto tanto anni addietro per lui, perché donna al di là di ogni umana tentazione. E lui l’aveva tenuta sempre con sé, in omaggio alla tradizione. Un libro da non perdere.   

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