I dischi che non ti aspetti: sempre lode alle moltitudini di Sergio Messina

Sensual Musicology è l'opera di un comunicatore/dissacratore fuori dalle regole. Suoni tra il liquido e il vinile citando Ravel ed esplorando l'inaspettato del Terzo Millennio

I dischi che non ti aspetti: sempre lode alle moltitudini di Sergio Messina
Sergio Messina
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Daniela Amenta Modifica articolo

28 Marzo 2022 - 21.02


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Se non ne avete mai sentito parlare è il tempo giusto per “farsi un’infanzia felice” ed entrare nel mondo bizzarro, mercuriale, imprevedibile di Sergio Messina. Che nella vita ha fatto e fa di tutto: musicista, produttore, radiofonico, teatrante, esploratore, giornalista, insegnante, critico musicale, rabdomante a caccia di suoni, testi, luci, rivelazioni e universi paralleli. Gli alter ego di Messina, da Radio Gladio a Buddha Stick, lo hanno portato a realizzare dischi, spettacoli teatrali, performance, concerti, produzioni: con la 99 Posse, i Casino Royale, Elio e le Storie Tese, Opera Comique, Avion Travel. Scrive pure per Rumore quanto intercetta, lo incuriosisce. Un marasma creativo.

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Come diceva Andrea Pazienza: e ringraziate me che sono una moltitudine. Le moltitudine messi(a)niche scalpitano, infrangono le regole dell’insopportabile mondo del buon senso, suonano, parlano, declamano. Eppure, credete, l’uomo ha una tale ironia da prendersi raramente sul serio, pronto a inseguire nuove idee, in un costante “over thinking” che talvolta spiazza, più spesso ammalia. L’ultimo “appagante” progetto è Sensual Musicology con i Four Twenties, un disco liquido ma acquistabile anche in forma materica di vinile. Sentirete che formidabile gioco di rimandi.


Dunque, benvenuti nel retro della specchio di Alice, dove tutto può accadere, anche di ascoltare Manu Dibango e Ravel che duettano assieme. Benvenuti nel mondo di Sergio Messina.

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Partiamo dall’ultima tappa: Sensual Musicology, un disco che ha concepito durante il lockdown ma che suona arioso, nessuna claustrofobia, oppressione. Soprattutto nessuna chiusura: cita quello che le pare, mescola con grande allegria, gioia e piacere, trasforma. Come un alchimista.
Dice Tom Waits: “Se metti due canzoni in una stanza, faranno dei figli”. Ecco, la mia musica è spesso frutto di incontri e incroci, talvolta innaturali, tra mondi sonori. Il tentativo era di creare qualcosa che avesse un senso d’insieme ma che contenesse mondi distanti. Come succede nella tua testa, nella mia e in quella di chi sta leggendo questa frase. Uno dei privilegi dell’età avanzante è che abbiamo la testa piena di musica. Nella mia , queste musiche si scazzano, limonano, giocano a briscola, fanno baldoria, si sbronzano. Sensual Musicology è il frutto di queste gazzarre musicali.

Ha questa passione, da sempre, per il cut’n’mix, il tagli e cuci e la rielaborazione delle composizioni altrui: dalla Carmen di Bizet a Modugno, dal pop di Michael Jackson alle citazioni più colte, fino ad arrivare al grottesco con Sono Stufa di tutto, la registrazione di una telefonata a Radio Radicale. Artigianato colto, lo definirei.

Il sottotitolo di questo album è “Music about music”, l’idea era di fare un disco il cui tema è la musica. Rispetto ai miei lavori musicali precedenti qui c’è un atteggiamento diverso: ho 62 anni, non cerco di diventare famoso o di piacere ai teenager, non sto tentando di affermarmi in questo settore. La verità è che io amo molto il procedimento, il lavoro artigianale, il durante – che è il motivo principale per cui faccio il musicista. Poi ho la grandissima fortuna di piacere anche ad altre persone, ma credo che farei musica comunque. Forse questo spirito nel disco si sente: musica serena e risolta. Appagata, come l’ha definita argutamente la giornalista Alba Solaro.

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Credo che questa sua capacità di alternare, mescolare stili, riferimenti, citazioni sia frutto della sua esperienza in radio. E’ come se usasse ancora i piatti, il mixer.

Vero. Per me la radio è il luogo dove tutto è possibile, è stato il mio primo amore di ragazzo e rimane una delle matrici del mio lavoro. Negli anni ho anche lavorato molto facendo Radioarte; ne sto producendo un’ora sul tema dell’Autismo per Kunstradio, programma della Radio Austriaca, che probabilmente andrà in onda in autunno. Anche questo modo di fare radio è profondamente artigianale: sono evidentemente un costruttore mancato di navi in bottiglia. Mi resta il vuoto della radio parlata in diretta, ma non mi sembra che ci siano spazi per uno come me.

Ha ancora una grande ironia. Ce ne vuole di questi tempi.
Cammino con rispetto nel solco di musicisti immensamente migliori di me, da Zappa (che si chiedeva “Does Humor Belong in Music?”) a Spike Jones, da Rossini ai Fugs, da Elio e le Storie Tese a Rota e Morricone – la lista è lunga. L’ironia è un ottimo grimaldello per aprire delle porte: nella scrittura, alla radio, nell’insegnamento e anche nella musica. Tra i commenti ricevuti su questo disco ce n’è uno che mi piace: “La cover di “The way you make me feel” di Michael Jackson mi ha fatto ridere per le soluzioni musicali”. Ho scelto di rifare quel brano proprio perché mi faceva ridere, così come nel 2019 ho rifatto “Perfidia” (brano Latin-lounge anni ’40). Ma l’ironia è un vizio antico: dopotutto il mio primo album si intitolava “La Vendetta del Mulino Bianco”.

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Lei ha esplorato il porno. Però in questo disco omaggia la sensualità. Proviamo a chiarire affinità e divergenze.
Il mio lavoro sul porno era pure un curioso ibrido: uno spettacolo teatrale/conferenza di Antropologia/Stand-up (in America lo definirono Edutainment) insieme fortemente politico, antropologico, umoristico e commovente, in cui col pretesto del Porno si parlava di molto altro, dalla fotografia alle comunità digitali. Il titolo del mio disco invece ne racconta l’idea di partenza: indagare la musica attraverso i sensi invece che col cervello, per esempio facendo incontrare la melodia della Carmen e quella di Fever sulla stessa traccia. Però quel Sensual si riferisce anche a un altro aspetto, più personale. Dopo una vita passata a fare centomila cose diverse, qualche anno fa ho realizzato (con un certo ritardo) che quello che a me sembra eclatante, urgente, utile, significativo, forse importante, qui in Italia non interessa. Il mio lavoro sulla pornografia nasce dall’input iniziale del festival austriaco Ars Electronica (2000) e prosegue grazie all’Institute of Networking Cultures di Amsterdam (2006) e alla scuola di fotografia dell’Art Institute of Chicago, dove ho insegnato per un semestre (2009): è solo un esempio tra molti. Questa presa di coscienza, non priva di un suo lato oscuro, mi ha spinto a una scelta che mi pare tuttora saggia e lungimirante: dedicarmi soltanto a cose che mi fanno stare bene mentre le faccio. Ho il privilegio di insegnare per tre mesi l’anno a trecento studenti universitari dello IED di Milano (divisi in classi), sempre un’esperienza gradevole, istruttiva e stimolante. Scrivo dove posso, altra cosa che mi piace molto fare, e poi la musica che però adesso deve essere soltanto affettuosa, accogliente, serena e soprattutto sensuale.

La chitarra torna in primo piano dopo anni in cui ha usato molto le macchine. Come direbbe Pasternak: “non si può non incorrere alla fine, come in un’eresia, in un’incredibile semplicità”. E’ così?
Ho sempre suonato la chitarra ma ho iniziato a fare musica seriamente negli anni ’80, quando arrivarono il Computer, i sistemi MIDI e il Campionatore, che mi permetteva di inserire dei mondi nelle mie tracce. Il mio secondo album (Inaudito, a nome Buddha Stick, 1996) è una celebrazione del Campionatore, utilizzato perlopiù illegalmente. Il procedimento di Sensual Musicology è stato molto lungo anche perché ho ripensato il modo in cui lavoro, usando il computer solo in post-produzione e imparando a suonare alcuni strumenti in corso d’opera, come il Basso, il Dobro e la Cabasa. Inoltre mentre la mia musica ha sempre avuto una matrice Funk, che ti porta a dare maggiore evidenza alla ritmica, questo disco si basa sullo Swing, il Boogie e lo Shuffle, ritmi che invece possono viaggiare anche con una strumentazione più scarna. Nei miei dischi preferiti, dal Modern Jazz Quartet a T Bone Burnett, la grande sapienza è anche nell’uso dello spazio, dello spettro sonoro, dei vuoti. Come dicono quelli bravi, Less is more. Questa idea di economia si applica a molti aspetti del disco, dalle melodie che hanno poche note alle strutture dei brani, distese ma non eterne, fino alla strumentazione più essenziale possibile.

Pure la copertina è strepitosa.
Sono circondato da persone di talento con cui in passato abbiamo avuto vicende in comune. Uno di questi è Deemo con cui abbiamo diviso dei furgoni, qualche palco e molte serate di chiacchiere all’inizio della saga del Rap. La qualità e consistenza del suo lavoro parlano da sole, si capiva dall’inizio: la copertina strepitosa del mio Mulino Bianco, 1993, è pure sua. Stupisce la geniale immagine di Sensual Musicology, che spiega esattamente (elegantemente e deliziosamente) il concetto del disco: un fatto raro e prezioso. Ma D non è il solo: il mio disco suona bello grazie a Paolo Gozzetti (Sigma Tibet, Italo Connection e molto altro) e Paolo Mauri (dai Sottotono a Vasco Brondi, passando per gli Afterhours) che lo hanno sapientemente mixato: altri fratelli, altri ricordi. Per non dire di Valeria Rossi e Tez/Maurizio Martinucci, amici fraterni che ci suonano e cantano. Tutta gente a cui voglio molto bene. Sono assai fortunato, considerando anche che l’album è pubblicato da Hell Yeah, l’eclettica e imprevedibile etichetta di Marco Gallerani, nuovo amico e sapiente artigiano del fare i dischi.

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Messina, lei hai fatto di tutto: insegnante, promulgatore, produttore, musicista, radiofonico, esploratore, giornalista, narratore. Cosa sente di essere?
Forse uno che ha passato la vita a indagare il mondo, trovando fratture e nessi inaspettati tra fenomeni distanti.

Qualche link per saperne di più e farvi amico Sergio Messina.

https://sergiomessina.bandcamp.com/album/sensual-musicology
https://sergiomessina.com/
https://www.hellyeahrec.it/
https://akadeemo.com
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