Meloni cita (a capocchia) Brecht ma dimentica che lo scrittore combattè le ideologie reazionarie che lei incarna

La capa di Fratelli d'Italia usa un aforisma del grande ma ne occulta il contesto: invece di prendersela con i parrucconi potrebbe iniziare a capire quello che legge...

Meloni cita (a capocchia) Brecht ma dimentica che lo scrittore combattè le ideologie reazionarie che lei incarna
Bertoldt Brech
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9 Febbraio 2022 - 18.45


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“Il nostro europeismo senza timidezze ha bisogno di un’Italia orgogliosa e confidente, come quella che rappresentò un altro compianto Tatarella, quel Salvatore da cui mi ha diviso qualche scelta contingente, ma a cui mi ha sempre unito stima umana e affetto. Ora che ci siamo seduti dalla parte del torto, essendo tutti gli altri occupati (e capisco che sentirmi citare Bertolt Brecht stupirà tanti parrucconi convinti di essere i soli a leggere), sappiamo che il nostro apparente isolamento e la nostra apparente solitudine sono in realtà l’essere in compagnia di tanti”.

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Così scrive Giorgia Meloni nella prefazione al libro dell’ex vice premier del primo governo Berlusconi ed esponente storico della destra Giuseppe Tatarella, scomparso l’8 febbraio del 1999, La  destra verso il futuro. Itinerario di una svolta, edito da Giubilei Regnani e curato dalla Fondazione Tatarella.

Ebbene sì, gentile Giorgia Meloni, quel nome da lei incongruamente evocato, Bertolt Brecht, davvero suscita sconcerto, se non indignazione – e forse era proprio questo il suo intento, come l’uso della prolessi nella parentesi del suo discorso lascia intuire. “Parrucconi” lei definisce coloro i quali ardiranno farle notare un’incongruenza che deborda nell’assurdo. A metafora, costoro, potrebbero però rispondere con medesima metafora acconciatoria, definendo “parrucchieri” quelli che, come lei, si appropriano indebitamente di un uomo, di un’idea, di una lezione di vita che acutamente contrasta con la politica di cui ella si fa portatrice. Proprio come un parrucchiere, lei goffamente sottopone a meches e rivoluzionari cambi di pettinatura un artista che nella vita e nell’opera ha duramente lottato proprio contro quelle idee che lei e il suo partito propugnano ammantandole di ipocrite parole: xenofobia che occulta il razzismo, individualismo, sopraffazione, liberismo.

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Vede, gentile signora, non è questione di detenere diritti di primogenitura su una frase, su un autore, su un’idea. Si tratta bensì di parlare e operare con coerenza: al leader di una formazione politica, qualunque essa sia, non si chiede di sproloquiare su tutto e su tutti, indistintamente. La sua citazione di Brecht è non soltanto fuori luogo: è strumentale e manipolatoria, e in quanto tale non suscita riso, ma indignazione. Indignazione perché lei si è appropriata di un aforisma col quale, tra paradosso e verità, ironia e provocazione, allusione e inversione, Brecht intendeva veicolare un ben preciso significato: nella vita bisogna operare una scelta, e porsi dalla parte “giusta”. E la parte “giusta”, per Brecht, era l’esatto contrario di quella tenuta da lei e dal suo partito, eredi e depositari di ideologie reazionarie che egli combatté duramente l’intera vita, con l’arte e l’esempio concreto. 

Con tale incauta appropriazione lei stravolge le scelte etiche, morali e di lotta che Brecht fece, l’appassionata, inesausta denuncia di quelle idee che lei e il suo partito oggi incarnate.

Dunque ci permetta, gentile signora, di rispondere alla sua provocazione con un altro celebre aforisma di Bertolt Brecht: “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”.

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