In una grotta del Circeo scoperti i resti di 9 uomini di Neanderthal
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In una grotta del Circeo scoperti i resti di 9 uomini di Neanderthal

La soprintendenza archeologica di Frosinone e Latina in collaborazione con l'Università di Tor Vergata ha ritrovato i resti fossili

Teschio dell'uomo di Neanderthal
Teschio dell'uomo di Neanderthal
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8 Maggio 2021 - 09.16


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Un’altra importante scoperta archeologica, dopo oltre ottant’anni da quella del 1939 del sito paleolitico della Grotta Guattari a San Felice Circeo, in provincia di Latina, una nuova ricerca della Soprintendenza archeologica  di Frosinone e Latina in collaborazione con l’Università di Tor Vergata ha portato alla scoperta di reperti fossili “attribuibili a 9 individui di uomo di Neanderthal”.

 “Un ritrovamento eccezionale”, commenta  il ministro della Cultura Dario Franceschini.

Durante le ricerche sono emersi anche resti di iena, rinoceronte, elefante, cervo gigante, dell’orso delle caverne e di altri animali.

Le indagini, ancora in corso, sono cominciate nell’autunno del 2020 nell’ambito di una operazione di messa in sicurezza della grotta Guattari, che prende il nome dal suo scopritore, proprietario del terreno su cui insiste il sito e dove nel febbraio del 1939 fu rinvenuto un primo cranio. Già all’epoca, grazie agli studi del paleontologo Alberto Carlo Blanc, si era compresa immediatamente la grandissima rilevanza di questo sito, classificato come uno dei piu’ importanti del paleolitico medio europeo.

Si tratta di “un ambiente assolutamente unico”, spiega Mario Rolfo, docente di archeologia preistorica dell’Università di Tor Vergata, perché un crollo, forse dovuto ad un terremoto, ne chiuse l’ingresso circa 60 mila anni fa. Al suo interno, stratificata nel tempo, una straordinaria banca dati di elementi fossili, resti di vegetali, di umani e anche di animali dei quali non si conosceva la presenza in queste zone, elementi che secondo i ricercatori permetteranno ora di ricostruire la storia di tutto il Circeo e della pianura pontina, luoghi che l’uomo di Neanderthal ha frequentato per un arco di tempo che va da 300mila ad almeno 50mila anni fa.

La nuova indagine si è estesa in particolare ad un’area della grotta che non era stata toccata nemmeno dal lavoro di Blanc. Si tratta della zona detta “del laghetto”, perché da ottobre ad aprile viene allagata dalla falda sottostante. Proprio in quell’area sono stati rinvenuti diversi resti umani, tra cui una calotta cranica, un frammento di occipitale, frammenti di cranio (tra i quali due emifrontali), frammenti di mandibola, due denti, tre femori parziali e altri frammenti in corso di identificazione.

Tra i nuovi individui ricostruiti dagli archeologi, 9 in tutto che si aggiungono ai 2 già ricostruiti nel 1939, c’è una sola femmina. I resti risalgono comunque ad epoche diverse. In particolare 8 sono di ominidi vissuti tra i 50mila e i 68mila anni fa, mentre il più antico di loro avrebbe tra i 100mila e i 90mila anni.

Ad arricchire il quadro una moltitudine di resti animali, a partire dalle iene che sono state le ultime ad usare la grotta come tana dove trascinavano le carcasse delle loro prede: dall’uro, un grande bovino oggi estinto, al cervo nobile. Ma sono presenti anche resti diversi, dal rinoceronte al cervo gigante (Megaloceros), dall’orso delle caverne all’elefante e al cavallo selvatico.

Ora l’obiettivo delle indagi è quello di ricostruire il quadro paleoecologico della pianura Pontina tra i 125mila e i circa 50mila anni fa, quando quelli che sono sempre stati indicati come “cugini” dell’homo sapiens – misteriosamente estinti all’incirca nel 26.000 a.C. – frequentavano il territorio laziale. Scavi e indagini sono stati estesi anche all’esterno della grotta dove sono state individuate stratigrafie e paleosuperfici di frequentazione databili tra i 60mila e i 125mila anni fa che testimoniano i momenti di vita dell’uomo di Neanderthal, i luoghi dove stazionava e dove, accendendo il fuoco, si cibava delle proprie prede.

Il ritrovamento di carbone e ossa animali combuste, spiegano i ricercatori, autorizza a ipotizzare la presenza di un focolare strutturato. “Una scoperta che permettera’ di gettare una luce importante sulla storia del popolamento dell’Italia – fa notare Mario Rubini, direttore del servizio di antropologia della Sabap per le province di Frosinone e Latina -. L’uomo di Neanderthal è una tappa fondamentale dell’evoluzione umana, rappresenta il vertice di una specie ed è la prima società umana di cui possiamo parlare”.

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