Se la 'libertà' perduta secondo Pio e Amedeo è dire 'froc*o e neg*o' in televisione
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Se la 'libertà' perduta secondo Pio e Amedeo è dire 'froc*o e neg*o' in televisione

Il duo comico pugliese ha annunciato che domani, in occasione dell’ultimo episodio di Felicissima Sera, dirà tutte le ‘parole proibite’: "Diremo neg*o e froc*o, basta col politically correct"

Pio e Amedeo
Pio e Amedeo
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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

29 Aprile 2021 - 17.02


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“Non si può più dire nulla”.

Il piagnisteo più popolare degli ultimi anni è che ci sarebbe stata tolta la libertà di ridere, parlare e scherzare su argomenti considerati ormai tabù.

Non si può più dire neg*o.

Non si può più dire froc*o.

Non si può più dire tro*a.

Ma se c’è qualcuno che potrebbe considerare questa epurazione linguistica un netto miglioramento rispetto al passato, c’è chi rimpiange i bei vecchi tempi andati in cui si poteva dire tutto. Intendiamoci, non che non lo dicano lo stesso, e con le stesse conseguenze di prima, ossia nessuna. Quel che si lamenta (e, guarda caso, a frignare più forte di tutti sono sempre maschietti bianchi eterosessuali) è che, sullo sfondo, c’è sempre qualcuno che protesta.

Chi sono questi disturbatori del pubblico ludibrio? Chi sono questi scassapalle, questi musoni, questi attentatori del buonumore degli italiani?

Siamo noi. Siamo i negr*, siamo i fro*i, siamo le tro*e. Siamo, per farla breve, quelle categorie che da secoli sono al centro del dileggio più o meno collettivo. E avremmo da dire due parole a chi continua a dire, dai palchi delle prime serate in televisione o dalle colonne dei più importanti giornali d’Italia, che ‘non si può più dire nulla’.

Non è vero. Si può dire tutto. Anzi, si deve dire tutto, e ridere di tutto. Anche, per esempio, dei maschi eterosessuali. Facciamoci caso: esiste una parola, in tutte le lingue che ci vengono in mente, che indichi con disprezzo il maschio, bianco, etero? Esiste un corrispettivo di ‘froc*o’ (faggot, pédale, maricon, Schwuchtel) per indicare chi froc*o non è?

Non perdete troppo tempo a rifletterci: non c’è. E anche solo questo dovrebbe far capire che a rivendicare il diritto di insultare (perché di insulti si tratta) il resto dell’umanità è una categoria molto privilegiata, che sta lottando con le unghie e con i denti per non perdere questi privilegi.

Ma andiamo a un esempio pratico: parliamo di Pio e Amedeo.

Il duo comico pugliese, che con il programma ‘Felicissima Sera’ ha fatto record d’ascolti e conquistato il pubblico italiano, in un’intervista a Libero (e a chi se no) ha annunciato che domani, in occasione dell’ultimo episodio, dirà tutte le ‘parole proibite’: “Elencheremo tutte le parole che non si possono più dire in tv, quelle bandite: ‘negro’, ‘frocio’, tutte. E sai perché? Perché la cattiveria non è mai nella lingua, ma nelle intenzioni. Se dici a un tuo amico ‘ué negro, andiamo a mangiare?’ non lo offendi, se gli dici ‘nero di merda!’ sì”.

La cattiveria non è nella lingua, ma nelle intenzioni. Questo meccanismo logico è lo stesso usato qualche giorno fa da Andrea Ostellari per affermare, con una notevole faccia tosta, che ‘froc*o non è insulto, dipende dal contesto’.
Cosa è il contesto? Il contesto è quella linea che demarca l’insulto dalla presa in giro. Non è una linea semplice da vedere, e molti non ci riescono, polarizzando in questo modo la discussione. Ma nessuno ha il diritto di dire cosa fa ridere e cosa non lo fa. C’è chi può trovare offensiva una parola e chi no, ma quel che si contesta è che a essere usate sono sempre le stesse parole, che sono state (e sono ancora, checcé ne dica Ostellari) insulti rivolti sempre alle stesse categorie. 

Chiariamo una cosa: non esiste modo per impedire alle persone di pensare e dire quel che vogliono. No, nemmeno il Ddl Zan, sebbene Simone Pillon ne sembri così convinto. Anche in caso di approvazione, nessuno verrà mai ad arrestarvi perché urlerete froc*o a qualcuno.

E chiariamo anche un’altra cosa: la parolaccia, o l’insulto detto in maniera confidenziale è una cosa che è sempre esistita, anche quella in tutte le lingue del mondo. È il motivo, per esempio, per cui è perfettamente normale tra gli afroamericani chiamarsi ‘nigga’, come lo è il dirsi ‘froc*o’ tra persone omosessuali. È un meccanismo linguistico molto antico, che consiste nel prendere un insulto e trasformarlo in bandiera. Ma questa cosa funziona all’interno di una comunità, dove quella parola acquisisce significati diversi. Da fuori, il discorso cambia.

Il maschio, bianco eterosessuale questa cosa non può capirla, perché – come già detto – non ha mai fatto parte di una minoranza. È vissuto per millenni nella convinzione che tutto gli fosse concesso e adesso che le altre categorie umane cominciano a mettere dei paletti, blatera a vuoto di ‘rispetto’, di ‘ghettizzazione’, di concetti che non ha mai sperimentato, di cui non è mai stato vittima, in tutta la storia dell’umanità.

Ma non occorre partire per la tangente, basta fermarsi a questa semplice considerazione: due maschi bianchi eterosessuali domani sera, su Canale 5, siccome ‘non si può dire niente’, snoccioleranno i peggiori insulti che una persona omosessuale, una persona di colore o una donna possano ricevere. Lo faranno in nome della loro libertà. Di cosa, non è chiaro. Ma lo faranno. Gli verrà concesso di farlo. Non ci sarà alcuna conseguenza.

Meno male che non si può più dire nulla.

 

Ps: consiglio per Pio e Amedeo. Provate anche a dire una bella bestemmia. Se volete fare i ribelli, fateli fino in fondo.

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