Algeria: contro campagna anti-bikini, una spiaggia per sole donne
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Algeria: contro campagna anti-bikini, una spiaggia per sole donne

Le donne algerine hanno reagito, ma ce ne sono molte altre che preferiscono posizioni di retroguardia pur di non rischiare

Algeria: contro la campagna anti-bikini
Algeria: contro la campagna anti-bikini
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Diego Minuti Modifica articolo

21 Luglio 2017 - 12.15


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La fierezza della donna algerina di oggi, temprata dall’essere erede di quelle ragazze che imbracciarono il mitra per combattere i francesi e conquistare l’indipendenza, è intaccata dalla campagna integralista che cerca di limitarne gli spazi, di imporre loro una vita che non accettano e, se l’accettano, è solo per preservare la famiglia, il vero fulcro della società. E’, quello del volere imporre alle donne algerine comportamenti che non accettano, un fenomeno che solo apparentemente è recente, perché affonda in un passato fatto di tradizioni restrittive sedimentatesi nonostante lo Stato abbia cercato di fare valere la parità di genere, principio che per gli uomini (o, almeno, per la maggior parte di essi) è imposto e non certamente condiviso. Quindi le minacce contro le donne che vanno in spiaggia e la contromossa della manifestazione di decine di giovani che sono andate in bikini sulla spiaggia di Annaba sono momenti di una partita che tocca il sociale, la cultura ed anche il rispetto delle leggi.
Le donne algerine hanno reagito, ma ce ne sono molte altre che preferiscono posizioni di retroguardia pur di non rischiare, come accaduto a molte di loro, di finire nel tritacarne della rete e essere messe all’indice, quasi che indossare un bikini sia sinonimo di meretricio.
Un esempio di come ogni strumento può essere utile ad alzare un muro a difesa della donna viene, paradossalmente, da un uomo. Si chiama Réda Bourayou ed è proprietario di un lido sulla spiaggia di Bordj el Bahri, ad est di Algeri. Un tratto di spiaggia che si chiama Marina Palm e che, unico esempio in Algeria, è dedicato esclusivamente alle donne non, come pure potrebbe sembrare, come un luogo di isolamento ed emarginazione, ma un’occasione per stare al sicuro da contestazioni o peggio da attacchi personali, quale è la pubblicazione di immagini sui social.
Bourayou non ha fatto una scelta facile, anche perché, limitando l’accesso al suo stabilimento alle sole donne, ha ristretto il bacino potenziale dei clienti. Ma, così facendo, ha ottenuto quel che voleva: dare alle algerine, ma anche a straniere, un angolo a loro dedicato dove possono prendere il sole, conversare, pranzare, abbigliate come meglio ritengono, senza che qualche ronda di integralisti, armati di Iphone, irrompa sulla spiaggia a bollarle come prostitute.
Per accedere a Marina Palm le donne pagano 1000 dinari, poco meno di otto euro. Una cifra che è irrisoria ed in ogni caso ben spesa vista l’alta qualità dei servizi offerti.
A conferma della bontà dell’iniziativa c’è il fatto che Marina Palm è frequentata, oltre che da donne che ricoprono incarichi di grande responsabilità in seno alla Pubblica amministrazione, anche da mogli di molti ambasciatori. E non solo: siamo riusciti – ha detto Bourayou al quotidiano el Watan – a fare arrivare a Marina Palm anche delle turiste tedesche che, andando via, ci hanno gratificato con molti complimenti per quanto facciamo.
Il progetto ha cominciato a definirsi nella mente di Bourayou in occasione di un evento per lui doloroso, la morte della madre durante un pellegrinaggio alla Mecca. Da quel momento, ha spiegato, ho pensato solo a come aiutare le algerine ad uscire dalla ‘schiavitù’ imposta dalle mura di casa.
Réda Bourayou è andato ben oltre il fatto di avere realizzato una spiaggia ‘sicura’, perché ha affidato a donne l’assistenza alle clienti e persino il servizio di sorveglianza delle bagnanti.
Ma, nonostante tutto, nelle donne che frequentano Marina Palm la paura è sempre in agguato. Il mio timore, dice una di loro, è di vedermi stasera in qualche notiziario televisivo, messa all’indice per come faccio il bagno e come sto in spiaggia.

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