Ricordando Andrea Parodi: l'indimenticabile bardo della Sardegna
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Ricordando Andrea Parodi: l'indimenticabile bardo della Sardegna

61 anni fa nasceva un grande cantautore. Morì nel 2006 di cancro, ma tutto il mondo della canzone popolare non l'ha mai scordato

Andrea Parodi
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Claudia Sarritzu Modifica articolo

18 Luglio 2016 - 14.52


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di Claudia Sarritzu

@ClaudiaSarritzu

Chi sa come avrebbe commentato Andrea Parodi questi tempi bui. Chi sa se avrebbe scritto delle canzoni ispirandosi al terrorismo, alla migrazione dei disperati, ai finti golpe, al razzismo dilagante, all’egoismo dell’Europa?

Chi sa se ci avrebbe fatto ancora riflettere e piangere e sorridere e sperare, il nostro Andrea, che oggi avrebbe compiuto 61 anni?

Me lo chiedo spesso, è stato il bardo della Sardegna, il nostro Shakespeare, sapeva leggere i tempi e gli spazi, interpretare il comune sentire, ridare un’identità a una nazione che ha troppo spesso voluto annientarsi. Se dovessi scegliere un aggettivo per riassumere come era userei la parola “innamorato”: della vita, della Sardegna, della musica, della bellezza, della solidarietà, dei costumi, delle  tradizioni, dei popoli e di sua moglie, Valentina Casalena. Il caro collega Sergio Nuvoli, all’epoca direttore della rivista Il Portico, intervistò proprio la donna della sua vita, le chiese come si erano conosciuti, lei ripsose così: “E’ una storia un po’ fiabesca: l’ho visto in televisione quando avevo 16 anni e mi ha fulminato. Ammiravo Bertoli, e i Tazenda suonavano con lui a Sanremo. Quella canzone mi ha aperto un mondo: non capivo in che lingua cantassero, della Sardegna sapevo poco, non c’ero mai stata. Ero casa e scuola, fino ad allora. Così sono diventata una fan, ho cercato qualunque cosa avessero fatto con un annuncio su un giornale. Ero piccola e andare ai concerti era difficile: la prima volta che l’ho visto in carne ed ossa è stato l’anno dopo, quando con il Festivalbar sono venuti ad Ascoli, la mia città”.

Era nato a Porto Torres in Sardegna da padre ligure e madre sarda. Insieme a Gino Marielli e Gigi Camedda  aveva maturato una lunga esperienza di 10 anni, fino al 1987 nella band pop rock del Coro degli Angeli, di Sassari. Proprio con Gino Marielli e Gigi Camedda, anche loro fuorusciti dal Coro degli Angeli, nel 1988 forma i Tazenda. Con i Tazenda ha partecipato negli anni novanta a due edizioni del Festival di Sanremo, dove il gruppo arrivò quinto nel 1991 in coppia con Pierangelo Bertoli cantando Spunta la luna dal monte e ottavo nel 1992 con Pitzinnos in sa gherra; inoltre, al Festivalbar del1992. Sempre nel 1991 i Tazenda vincono il Cantagiro ,in coppia con Paola Turci. Nel 1990 lui e i Tazenda collaborano con Fabrizio De André cantando come coristi nella canzone Monti di mola, dell’album Le nuvole.

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Al Festival di Sanremo con Bertoli 

Concerto in coppia con Noa

 

Nel 1997 intraprese  la carriera solista. Nel 2006 però era ritornato con i vecchi compagni dei Tazenda, ottenendo un grande successo di pubblico. L’ultimo suo lavoro sarà Rosa resolza, realizzato in collaborazione con Elena Ledda. Andrea morirà di coma, il 17 ottobre 2006 a Quartu Sant’Elena, a causa del cancro di cui soffriva da circa due anni. La mia isola non l’ha mai dimenticato.

E’ impossibile dimenticare il suo ultimo concerto all’ Anfiteatro romano di Cagliari il 22 settembre 2006. Segnato nel corpo dalla malattia incurabile, ma non nello spirito,   Andrea  canta, ride e scherza con il pubblico . Durante quella serata indimenticabile si scuserà con gli amati spettatori se ogni tanto si dovrà sedere  per la stanchezza.  

Lo sguardo rivolto verso la sua giovane moglie, Valentina, mentre canta sarà una dichiarazione d’amore struggente fatta con il sorriso e con estrema dolcezza. Non avrebbe potuto riposare se ancora una volta non avesse cantanto il suo amore per la sua famiglia (Andrea ha lasciato due figlie) , per la sua terra e per la vita.

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Valentina Casalena che oggi è la presidente della fondazione Andrea Parodi raccontò, sempre nella stessa intervista,  così gli ultimi istanti di vita di un grande artista italiano che l’Italia ha faticato a riconoscere, relegandolo per troppo tempo a cantastorie locale, senza riconoscerne il ruolo di autore impegnato di un’intero Paese, e non solo sardo: “In uno degli ultimi concerti, lui dice che, quando muore una persona cara, bisogna andare avanti e sperare di rincontrarla, un giorno. Lo dice presentando un brano, Armentos, scritto anni prima, che per me oggi è un segno. Andrea l’ha ripreso nel 2004: gli piaceva il senso del parallelo tra i pascoli terreni e i pascoli divini. E dice proprio questo: se pensiamo a come sarà bello il momento del riincontro, ci passa la tristezza dell’assenza di oggi. E’ scontato dirlo, ma per me è davvero così: io lo penso vivo, ed è la prima volta che mi capita una cosa del genere. Quando Andrea ha chiuso gli occhi, tra me e me ho detto: “Ora ricomincio a cercarti, ti ricerco”. Come ho fatto all’inizio, nei primi tre anni, in cui non lo conoscevo, ma a mio modo da semplice fan lo cercavo. Per me ora è iniziata una nuova fase, in cui devo di nuovo cercarlo, in un’altra maniera. Credo sia questo: sentirlo vivo, lavorare per lui, crescere le nostre figlie. Il mio quotidiano è tutto incentrato su di lui, in modo positivo, verso il futuro. Questo mi dà la serenità. Mi dà una forza incredibile.

Arrivederci Andrea! Tutta la Sardegna non ha mai smesso di cercarti.

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