di Antonio Brizioli
#Gli Artisti & Il Loro Posto Nel Mondo
Nel tentativo di analizzare, come promesso, alcuni casi emblematici di coinvolgimento degli artisti negli episodi salienti della nostra storia, risulta quasi indispensabile partire dalla Rivoluzione Francese.
La Rivoluzione Francese, ormai unanimemente riconosciuta come episodio che ha messo fine al feudalesimo e ai rapporti di potere che hanno caratterizzato la società medievale, ha portato stravolgimenti radicali anche nel settore dell’arte. Precedentemente l’arte, tanto a livello di committenze quanto di mercato, era un’esclusiva di clero e nobiltà, che con finalità neanche così differenti, utilizzavano gli artisti per celebrare il loro potere, magnificare la propria gloria, sbigottire sudditi e fedeli di fronte a bellezze artificiali che sfidavano, e a volte superavano, quelle naturali.
A seguito della Rivoluzione Francese, la società sarà completamente mutata e con essa anche l’arte: si afferma sulla scena della storia la borghesia, che costruisce economicamente fortune che sfidano quelle di clero e nobiltà e parallelamente utilizza l’arte come mezzo per legittimarsi e anche, più spesso di quanto non si ricordi, per rivendicare le proprie pretese di un mondo diverso. In Francia si apre un’era di coinvolgimento totale degli artisti nella vita politica del paese, che si riproporrà prepotente nel corso dei moti del 1830, poi durante quelli del ’48 (quando le testimonianze ci raccontano di un Baudelaire che girava per le strade di Parigi insieme agli insorti imbracciando un fucile) e troverà il culmine nella Comune di Parigi del 1871.
Se l’iconografia della Rivoluzione Francese è ben nota, non è così scontato rilevare come gli artisti vi abbiano partecipato non solo idealmente e neppure solo combattendo, bensì anche con una produzione specifica, concepita come arma al servizio del cambiamento.
In questo senso è stata impiegata la caricatura, una tecnica in uso fin dal sedicesimo secolo, le cui origini si fanno risalire al circolo bolognese gravitante attorno a Annibale e Agostino Carracci, che proprio in prossimità della Rivoluzione Francese assume per la prima volta un ruolo politicamente attivo. Precedentemente la caricatura era infatti un divertissement che in un certo senso lusingava coloro che venivano deformati: essere oggetto di una caricatura era un riconoscimento di prestigio, un motivo d’orgoglio più che d’imbarazzo. Diversamente, il solo osservare la produzione caricaturale che accompagna passo passo la Rivoluzione Francese, è sufficiente a mostrare come questo linguaggio si faccia tutt’altro che pacifico e asservito. La sua funzione è quella di delegittimare i soggetti raffigurati.
La regina Maria Antonietta ad esempio, è presa di mira per i suoi costumi notoriamente libertini, al punto che possiamo osservarla in un disegno anonimo del 1789 ripagare sessualmente il suo parrucchiere. Un’intensa propaganda contraria alla nobiltà ed al clero prepara i fatti rivoluzionari e una produzione costante li accompagna giornalmente dalla presa della Bastiglia fino al Consolato napoleonico.
Particolarmente interessante è il caso di Jacques-Louis David, artista che tutti conoscono, ma che tutti riconducono ad un campione molto parziale della sua produzione. David durante la Rivoluzione è artisticamente attivissimo e si muove su due fronti: uno di rappresentazione e l’altro di partecipazione agli eventi. Significativamente, il primo versante è patrimonio culturale di chiunque abbia anche solo sfogliato un manuale di storia dell’arte, e può essere esemplificato dal Marat assassinato del 1793. Questo capolavoro pittorico è la punta di diamante di un trittico completato dai dipinti di altri due martiri rivoluzionari: il convenzionale Louis-Michel Lepeletier de Saint-Fargeau, assassinato dai monarchici per aver votato la condanna del re (la tela è andata perduta) e il giovane tamburino Joseph Barra, ucciso dai vandeani per aver rifiutato di gridare “viva il re!”. Questi dipinti, al pari del Giuramento della pallacorda del 1791, costituiscono tutt’oggi il cuore dell’iconografia rivoluzionaria, fatta di martiri del proprio tempo che l’arte di David offre alla dimensione eterna della lotta dell’uomo per cambiare la propria storia.
Sorte completamente diversa tocca all’altro versante della produzione rivoluzionaria di David, sconosciuto al grande pubblico e scarsamente considerato dalla critica. Fra l’agosto e il settembre del 1793, il “Comitato di salute pubblica” (il maggiore organo governativo dei rivoluzionari) chiede ufficialmente al deputato David di «impiegare il suo talento e tutti i mezzi in suo potere per aumentare il numero di caricature in grado di destare lo spirito pubblico e fargli percepire in modo preciso quanto siano atroci e ridicoli i nemici della Libertà e della Repubblica».
David accetta l’incarico, realizza le bozze e le sottopone al Comitato, che le approva il 18 maggio 1794. Il risultato consiste di due cartoni sorprendenti. Il primo, dal titolo L’armée des cruches (L’esercito delle brocche), raffigura il monarca inglese Giorgio III in corpo di brocca (il termine cruche in francese significa anche stupido, al pari dell’italiano dialettale “brocco”) e orecchie da asino, trascinato al guinzaglio da un tacchino identificato col Primo Ministro inglese Pitt, mentre sullo sfondo l’artiglieria dell’esercito dispone di giganteschi clisteri in luogo di cannoni. Sulla parte sinistra impazza il combattimento, che vede i soldati inglesi soccombere sotto gli escrementi lanciati come proiettili da un gruppo di sanculotti sopra un arco.
Altrettanto esplicito il secondo cartone, dal titolo Gouvernment anglois (Il governo inglese), che mostra una versione gigantesca e indemoniata del medesimo Giorgio III sconvolgere i liberi cittadini inglesi con le flatulenze fuoriuscenti dal proprio ano. In questo caso David offre un’interpretazione raffinata del sistema economico inglese che, dietro un’apparente libertà, è soggetto al monopolio della Corona nei commerci. Entrambe le opere contengono una serie di motivi nascosti e significati ulteriori; a noi interessa soprattutto rilevare come David interpreti una precisa richiesta del governo rivoluzionario e persegua l’intento di eccitare le masse con figure inquietanti ed esagerate. D’altra parte la parola caricatura deriva dall’italiano caricare e quindi contiene in sé l’idea di esagerazione. La differenza rispetto all’uso che se ne faceva in precedenza risiede nel fatto che David, al pari degli altri caricaturisti rivoluzionari, esagera con l’esplicita volontà di infuocare il popolo contro i “nemici della Libertà”.
Nessuno vuole dunque mettere in dubbio la meritata fama delle Grandi Opere di David, né moderare la legittima commozione che suscita la visione imponente del Giuramento degli Orazi nel salone principale del Louvre, però sappiate che queste Opere non sono state plasmate da un alieno con un dono naturale per l’arte, bensì da un uomo totalmente immerso nel proprio tempo e nelle proprie responsabilità.