La Rai senza memoria dimentica Giacomo Rondinella
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La Rai senza memoria dimentica Giacomo Rondinella

Tutti i telegiornali hanno ricordato il grande artista: tutti, eccetto la tv di stato, dove Rondinella ha lavorato per anni.

La Rai senza memoria dimentica Giacomo Rondinella
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2 Marzo 2015 - 15.19


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di Vittorio Panchetti

Ho passato circa quaranta anni, lavorando come giornalista e poi come dirigente, nella Rai prima e dopo la cosiddetta riforma democratica dell’ente. Ho preso parte alla realizzazione del telegiornale (quello in bianco e nero per intenderci) poi da redattore capo lavorando con direttori come Andrea Barbato, Ugo Zatterin, Antonio Ghirelli, Alberto La Volpe. So come si fa un telegiornale o meglio come si dovrebbe fare. Ma non voglio insegnare nulla a nessuno: voglio solo richiamare l’attenzione su una notizia che mi ha molto colpito.

Giovedì notte è morto a Roma, novantunenne, Giacomo Rondinella. Tutta la stampa nazionale ha dato grande rilievo a questa notizia ovviamente ricordando la carriera di questo grande artista, interprete tra i più grandi della canzone italiana e napoletana in particolare, senza dimenticare una carriera da attore in oltre cinquanta film, protagonista del premio Oscar Carosello Napoletano, uno dei primi film italiani a colori, una fama internazionale indiscussa. Sono stato io a dare la notizia all’Ansa ed alla redazione spettacoli del Tg1. Per vedere il primo, e credo unico, servizio che i telegiornali hanno dedicato alla notizia, si è dovuta attendere l’una trenta circa della notte… un bel pezzo del Tg1. Per il resto silenzio. Ma in compenso nel Tg1 di venerdì sera, alle ore 20, abbiamo saputo, con un servizio ricco e documentato, che era morto, più o meno alla stessa età, il dottor Spok, protagonista di serial televisivi americani che raccontano le vicende di una astronave nello spazio.

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Mi sono chiesto le ragioni di una tale scelta: provincialismo? sudditanza psicologica nei confronti del prodotto americano? semplice sciatteria? ignoranza della nostra storia e della nostra cultura? O forse soltanto una pericolosa deriva in cui sta scivolando la nostra televisione?
Speriamo di no.

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